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con una striminzita lista della spesa stretta tra le dita ossute, minho si aggira con fare distratto tra gli scaffali del suo fidato alimentari di quartiere. detersivo, latte di mandorle, e frutti di bosco sono l'obiettivo del giro, ma se dovesse per puro caso imbattersi in una confezione di quei deliziosi biscotti al cioccolato e mandorle per i quali va matto, non se li farebbe di certo scappare.

il negozio è piccolo, lo conosce come il palmo della sua mano, saprebbe orientarsi ad occhi chiusi. ed è proprio per questo motivo, che ci impiega solo una manciata di minuti per trovare tutto ciò di cui ha bisogno, metterlo in una borsa di tela di un bluastro slavato, e pagare il suo totale di dieci dollari e novantacinque centesimi con una banconota da venti.

allora ne esce, guardandosi attorno, impaziente di tornare a casa. sono le tre del pomeriggio, non ha fretta, non ha impegni, ha solo parecchia fame e spera che il semaforo diventi verde nel giro di qualche secondo. è una giornata come tante, il cielo è ricoperto da nuvoloni che presagiscono l'arrivo di un tipico temporale autunnale, i cittadini passeggiano sereni e chiacchierano del più e del meno, molti di loro sono presi dalle notizie del giorno, come l'incendio di cui si è occupato il loro amato supereroe dalla maschera nera solo qualche ora prima. anche per lui è un martedì come gli altri, nulla di fuori dal suo concetto di ordinario.

un uomo sulla settantina, seduto sulla panchina verdognola della fermata dell'autobus, impugna saldamente le pagine di un quotidiano e borbotta qualcosa alla donna accanto a lui, che sembra ignorarlo completamente.
"non capisco cosa abbia di speciale questo ragazzino. potevano occuparsene i pompieri, io ero un pompiere. si ritroveranno senza lavoro per colpa sua e di questi supereroi di oggi. ce ne sono altri, sparsi per il mondo, sai? ho letto un articolo al riguardo." si lamenta, con voce rauca e profonda, sbattendo severo la mano contro il giornale, come lo odiasse con tutto se stesso.
non tutti possono amarlo, minho lo capisce, per certi versi gli da anche ragione. effettivamente, ci sono emergenze ed emergenze, alcune delle quali potrebbero considerarsi fuori dalla sua sfera di interesse, ma è più forte di lui intervenire.
poco importa, che piaccia o meno, fa ciò che ritiene sia meglio per l'intera città.

a distrarlo dai suoi pensieri è l'urlo di una signora a qualche decina di metri di distanza, che lo fa sobbalzare in aria. si volta d'istinto nella direzione delle grida, acute, e inquadra immediatamente la situazione.
"amore!" strilla lei, a perdifiato mentre insegue un bambino sui cinque anni in lacrime, troppo distante per poterlo afferrare. lui stringe al petto un orsacchiotto di pezza, correndo verso la strada dove le macchine sfrecciano ad alta velocità. lei lo chiama, si sgola, ma lui la ignora, e minho non ha il tempo di liberarsi della felpa e dei pantaloni che nascondono il suo costume, senza il quale non esce mai di casa. tenta di raggiungerli, senza usare i suoi poteri, ma quando lo vede avvicinarsi alle strisce pedonali, capisce che ormai è troppo tardi.

il bimbo è pietrificato, immobile nel momento in cui si rende conto che un furgone dalle fiancate azzurre è sul punto di sovrastarlo; stringe gli occhi mentre la madre si getta a terra, disperata, e minho, così come tutte le altre persone presenti in quel momento, porta le mani alla bocca, spalancata.

però, nulla accade. una nuvola di fumo, fitta come nebbia e dal colorito rossastro riempie lo spazio tra il camioncino e il ragazzino, chino su se stesso, che comincia a tossicchiare.
"cosa?" borbotta minho, tra sé e sé, tentando di aguzzare la vista nella direzione di quella stramba nube mentre essa si dissolve velocemente, e al suo posto, si rivela quello che sembra essere a tutti gli effetti un enorme toro. le sue corna, potenti e ricurve, trafiggono come lame affilate il cofano d'acciaio del furgone.

nessuno osa dire una parola, tanto confusi quanto impressionati da quell'inusuale scenario.
l'animale allora si scosta, le macchine attorno ad esso si fermano e in quello stesso istante, il bovino svanisce in un'altra nube di fumo.
non c'è persona che non abbia gli occhi puntati sulla strada, sia minho che la madre del bambino si avvicinano contemporaneamente alle strisce, lei con gli occhi sbarrati e il batticuore, lui con sopracciglia aggrottate e bocca spalancata, per andare in fondo alla questione.

il toro è sparito, dal fumo si innalza una figura umana, un ragazzo vestito di un'aderente tuta rossa, per certi versi identica all'iconico costume nero di lee know che i negozi di vestiti di carnevale hanno cercato a lungo di emulare. a differenza delle imitazioni, questa è fatta molto, molto bene, tanto da sembrare del medesimo materiale, ma cremisi.
di originale, ha delle striature all'altezza dei fianchi e dei polpacci, di una sfumatura leggermente più scura, e la sua maschera è del medesimo colore, ma leggermente più piccola di quella dell'altro eroe, e dagli angoli più spigolosi. il costume fascia perfettamente un fisico asciutto e atletico, una vita da vespa, e delle gambe toniche. sul suo viso, dalla carnagione olivastra e colorato da labbra rosee, ricadono dei ciuffi arruffati di un castano chiaro, tendente al biondo.

mentre lui recupera fiato, la donna si scaraventa a terra, all'altezza del figlio e lo stringe fra le braccia, con tutte le sue forze. solleva lo sguardo, e le lacrime le scivolano sulle guance.
"grazie, grazie! hai salvato il mio bambino." piange, inginocchiandosi, e il ragazzo si passa una mano tra i capelli, portando l'altra al fianco, accettando con finta modestia la sua gratitudine.
"chi sei tu?" gli domanda, colpito, un uomo, quello stesso anziano che poco prima si stava lamentando dei cosiddetti 'supereroi di oggi', e sembra aver appena cambiato opinione.

l'eroe in rosso alza fiero un sopracciglio, e sorride orgoglioso, beandosi di tutta l'attenzione che quella folla gli sta regalando. minho lo osserva, e arriccia le labbra.

"chiamatemi hanster."






𝐬𝐮𝐩𝐞𝐫𝐡𝐞𝐫𝐨 𝐫𝐮𝐬𝐡 • 𝐦𝐢𝐧𝐬𝐮𝐧𝐠Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora