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quando l'allarme antincendio di un negozietto in centro agita l'intero vicinato, i giornalisti locali si fiondano scalpitanti sul posto, con i loro microfoni dinamici stretti tra le mani sudate, e la speranza di strappare due parole all'eroe più amato della città e finire, di conseguenza, in diretta oggi, e in prima pagina domani.

e paradossalmente, il momento che precede le interviste è quasi sempre più caotico dell'emergenza stessa. questa mattina, gli inviati si accalcano l'uno sull'altro, fuori dall'emporio di candele profumate che ha preso fuoco a causa di un uomo parecchio ubriaco dall'animo piromane, che non ha resistito alla tentazione di accendere ogni singolo stoppino della merce esposta. le porte sono chiuse, il fumo è denso e grigiastro e rende impossibile per chiunque studiare la situazione all'interno, perciò, le descrizioni dei molti reporter già in diretta sono approssimative e sbrigative.

si parlano l'uno sopra l'altro, si spingono, tentano di essere in prima fila sotto l'insegna per essere i fortunati in grado di intervistare la stella della giornata. poi, l'ampia finestra del secondo piano di quello stesso, piccolo edificio, si spalanca e con l'agilità di un gatto, lee know ne salta fuori vittorioso, avvolto dalle ceneri. caricato sulle sue spalle, per lui leggero come una piuma, l'anziano proprietario dell'impresa, scosso da bruschi colpi di tosse, mentre con l'altro braccio avvolge la vita del colpevole, privo di sensi. in quel frangente, il fischio della sirena dei vigili del fuoco si fa più vicino, con un'ambulanza al seguito, e li vede parcheggiarsi davanti al marciapiede.

"lee know! una parola per la stampa!" sente dire, ma tenta di scansare chiunque gli si avvicini, mentre porta con sé i due uomini verso i paramedici. lo accerchiano, come pesci in uno stagno su un'unica, piccola briciola di pane.
"lee know, qui, lee know!"

quando vengono entrambi caricati sulle apposite barelle e i pompieri si fiondano in gruppo dentro il negozio per occuparsi dell'incendio, si volta, ritrovandosi in mezzo a quella ventina di civili, tra corrispondenti irrequieti e operatori di ripresa stanchi di portare il peso delle telecamere. sovrappongono domande e microfoni, si spingono e alzano la voce per farsi sentire sopra gli altri, con l'unico risultato del rendere tutto incomprensibile. tra di loro, tuttavia, spicca un ragazzo dal sorriso smagliante e sereno, ed una chioma bionda, mossa e lucente.

non tende il microfono, ma la mano, e lee know si affretta ad afferrarla, senza esitare. lo trascina verso di sé, lontano dal marasma e sotto gli sguardi rassegnati degli altri inviati. dovrebbero arrendersi, sceglierà sempre lui.
"li hai due secondi per me?" domanda all'eroe, sistemandosi velocemente il colletto del maglioncino azzurro che indossa, pronto per apparire in televisione. lui annuisce.
"sempre, per te." sorride.

il giornalista fa allora cenno al suo collega di raggiungerlo, e lui, impacciato, si carica in spalla la telecamera e la accende, mordendosi le labbra mentre si impegna a mettere a fuoco l'obiettivo. sui suoi denti, brilla un apparecchio ferrigno.
"buongiorno new york, qui lee felix da canale cinque. ci troviamo sulla settantaduesima con il supereroe più amato d'america, dopo l'ennesimo salvataggio." parla entusiasta il biondo, quando la ripresa è finalmente cominciata.

minho lo osserva attentamente, da sotto la maschera, mentre continua a discorrere ed illustra agli spettatori la situazione, colorandola un po', come solo lui sa fare. lee felix è sempre stato, a detta sua, il miglior reporter di tutta new york. l'unico che nonostante la comprensibile frenesia dell'ottenere un'intervista da lui, non ha mai osato gettarglisi addosso come invece spesso accade. tutti i cittadini, nessuno escluso, si sono resi conto dell'affinità che li lega, tanto che spesso il giornalista si è trovato dall'altro lato del microfono, a rispondere a domande sulla sua vita privata e sul suo rapporto con lee know.
ma non c'è niente, se non una sorta di tacita complicità, e una chimica che buca lo schermo e rende le sue interviste uniche.

"qualche parola per il pubblico?" si sente chiedere poi, e a differenza del biondo, la cui parlantina lo rende assolutamente perfetto per la televisione, a lee minho non è mai particolarmente piaciuto stare sotto i riflettori. il che, dato il tipo di ruolo che ricopre, oltremodo pubblico, è piuttosto scomodo.
"sì, direi, non giocate col fuoco?" borbotta impacciato, cercando rifugio nello sguardo di felix, che tenta di incoraggiarlo con un sorriso. l'operatore di ripresa, un ragazzino sui ventun anni di nome yang jeongin, non riesce a trattenere una risatina, e il giornalista lo fulmina immediatamente.
"parole sagge." constata poi, annuendo.

"da parte di tutta new york, come sempre, ti ringraziamo, lee know. ti trovi sempre nel luogo giusto." afferma felix, con tono gentile e accarezza la sua spalla con la mano destra.
"è il mio dovere." risponde l'altro, più sereno. probabilmente qualche rivista o rubrica di chiacchiere, il giorno dopo, avrebbe pubblicato un articolo sull'intimità di quell'occhiata, ed entrambi ne avrebbero riso.

felix si volta nuovamente verso la telecamera, annuendo alle sue parole ed impugna saldamente il suo fidato microfono nero.
"lee know, signori; perché lee sa, quando intervenire. qui tutto da canale cinque. buon proseguimento di giornata, new york." sorride a trentadue denti, la telecamera viene spenta poco dopo, e sono tutti pronti a tornare a casa, chi deluso, chi, come felix, orgoglioso.

l'eroe, allora, saluta placidamente il suo giornalista, e si allontana dalla folla con uno slancio fulmineo, catapultandosi immediatamente dall'altro lato della palazzina ancora fumante.
si adagia contro un muro, sospirando, e abbassa lo sguardo sul suo costume, sporco di cenere nerognola su petto, spalle e gambe. tornato a casa dovrà pulirlo e non ne ha la minima voglia.

né il detersivo, probabilmente.




𝐬𝐮𝐩𝐞𝐫𝐡𝐞𝐫𝐨 𝐫𝐮𝐬𝐡 • 𝐦𝐢𝐧𝐬𝐮𝐧𝐠Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora