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uno sonoro sbadiglio sfugge alle labbra screpolate di jisung, alla vista di un grigio orizzonte, ancora senza sole.

sono le cinque del mattino, l'aria è fredda e penetra nelle ossa degli eroi. mentre per minho è quasi rivitalizzante, e si allunga la schiena sotto lo sguardo sconcertato dell'altro, la sua nuova spalla si stringe nelle sue stesse braccia, nel vano tentativo di riscaldarsi un po'.
"non avevo idea che fuori fossi così buio, di prima mattina." farfuglia brevemente, sbattendo i denti. decidere di incontrarsi prima dell'alba non è stata una sua scelta, non si sveglierebbe prima delle nove neppure se gli bombardassero casa.
"o che facesse così freddo." rabbrividisce.

lee know lo guarda, abbozzando un sorriso di circostanza, e gli fa cenno di stare al passo. dove stiano andando, jisung non lo sa, e non si è posto il problema; dovunque l'eroe abbia deciso di condurlo, prega solamente ci siano i riscaldamenti accesi. ne dubita fortemente, ma un ragazzo può sempre sognare.
"trasformati in un orso, la pelliccia ti scalderà." è la sua sbrigativa risposta, mormorata tra un salto e l'altro dai lastrici degli edifici di una vecchia zona industriale nel quartiere periferico di new york. il castano lo segue, imbronciato.
"sono troppo stanco per trasformarmi, quanto manca?" chiede, sbadigliando una seconda volta, ma non ottiene una risposta, e riprende silenzioso ad imitare i passi dell'altro.

quando raggiungono l'ingresso di quella che parrebbe essere una piccola fabbrica abbandonata, jisung piega la testa da un lato, e ne studia alcuni dettagli. lo ricopre, attaccato dalla maniglia ai cardini, un nastro giallo, con su scritto a stampa nera 'non oltrepassare' in maiuscolo, che sta perfino alle finestre, dai vetri frantumati. prima che possa l'eroe rosso possa dare voce ai propri pensieri, lee know sfonda la porta con un brusco calcio ben assestato, ed essa cade rumorosamente a terra, sollevando nel tonfo una nube di polvere e fuliggine. il castano tossisce, coprendosi il volto con una mano, mentre lo raggiunge all'interno.

"ma dove siamo?" boccheggia, e tenta di guardarsi attorno, ma è buio pesto lì dentro. minho sbuffa, cercando un interruttore sul muro, e non appena gli sembra di sfiorarne uno, ci preme sopra senza esitazione. dal soffitto, qualche faretto nero, tra fulminati e non, si accende e la loro luce un po' fioca basta ad illuminare l'intera, enorme stanza.
"hwang si nascondeva qui, l'ultima volta che ha rapito felix." gli spiega il supereroe, portandosi le mani sui fianchi mentre da un'occhiata ai suoi dintorni. ricorda come fosse ieri, il giorno in cui aveva finalmente scovato il precedente covo del criminale, il modo in cui lo aveva quasi catturato, per poi farselo scappare, come sempre.
hwang hyunjin sa scivolare via dalla mano della giustizia come l'acqua, inafferrabile.
"è gigantesco, non mi sembra un ottimo covo segreto." commenta il più basso, affiancandolo, e l'altro non può non dargli ragione.
"lui voleva farsi trovare, vuole farsi trovare."

jisung sbatte le palpebre, voltandosi verso il moro, e sul suo volto staziona un'espressione determinata. annuisce, mordendosi l'interno guancia, e torna a guardare davanti a sé.
"posso chiederti una cosa?"
"sentiamo."
il castano incrocia le dita dietro la schiena, sollevandosi sulla punta dei piedi mentre si dondola in avanti e indietro, sospirando.
"se vuole i nostri poteri, perché non ha rapito noi? e se vuole che glieli consegnamo, perché non ci dice dove si nasconde?" domanda, evitando di incrociare lo sguardo, ora che minho ha preso ad osservarlo, con le labbra tirate.
"per lui è tutto un gioco. rapisce felix, mi minaccia e mi ricatta, ma aspetta sempre che sia io a trovarlo, a scervellarmi per capire dove si nasconde. ama sentirsi importante."

spesso, il famigerato lascia degli indizi. piccoli oggetti ai lati della sua scrivania nei video che rilascia, o frasi in codice nelle quali è racchiusa la risposta alle domande dell'eroe, ma stavolta, niente di niente, e per capire da dove cominciare la ricerca, è sempre bene tornare sui suoi passi.
"chiaro." risponde hanster, tirando su con il naso, arrossato per il freddo. d'un tratto, la sua attenzione viene rapita da un pulsante verde su un tavolo, circondato da altri bottoni colorati, e fa per avvicinarsi, ma l'altro glielo impedisce, afferrandolo per il colletto.
"non toccare niente, la maggior parte di questi interruttori azionano trappole." dice, rigido.
l'eroe rosso alza un sopracciglio.
"trappole di che tipo?" domanda curioso, indietreggiando di qualche passo. nell'atto, urta involontariamente una piccola leva alle sue spalle. le sue pupille si restringono, nel momento in cui avverte il rumore metallico di un paio di catene, che strisciano l'una contro l'altra, e le orecchie di lee know tremano all'improvviso.

senza rifletterci, si lancia sull'altro, scaraventandolo lontano dalla botola che si è aperta esattamente sotto i suoi piedi, e che lo avrebbe fatto sprofondare in una fossa di almeno una decina di metri. con la schiena premuta contro il pavimento, porta due dita alla fronte, dopo aver sbattuto con forza su quella dell'altro, che lo guarda con le labbra strette in una linea dura, e le guance più rosse del suo costume.
"trappole di questo tipo." mugugna dolorante il più alto, riservandogli un'occhiataccia, che svanisce quando anche lui si accorge di quanto sconvenientemente vicini siano. imbarazzato, jisung farfuglia delle scuse e si alza, liberando minho dalla precedente pressione sul suo bacino, e lo imita, drizzando in piedi.

si schiariscono entrambi la gola, evitando i rispettivi sguardi, per poi di tornare silenziosamente a cercare nella stanza qualche indizio su dove possa essere migrato.
questa volta, con la dovuta cautela.




𝐬𝐮𝐩𝐞𝐫𝐡𝐞𝐫𝐨 𝐫𝐮𝐬𝐡 • 𝐦𝐢𝐧𝐬𝐮𝐧𝐠Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora