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JOSH

«Devi impegnarti di più, se vuoi ottenere qualcosa!»

Frugo in un cassetto alla ricerca di una maglietta pulita e me la infilo, poi passo ai calzini. Mia madre se ne sta ferma sulla porta della mia stanza a fissarmi con un'espressione che mi da sui nervi. Sembra sempre che mi consideri inferiore a lei, come se guardasse un povero idiota.

«Mi sto impegnando» la rassicuro.

Mi fanno così male i muscoli che mi sembra di essere stato preso a botte, mi alleno continuamente sto spingendo il mio corpo fino al limite. Mi sto impegnando, non me ne sto qui con le mani in mano sperando che la fortuna bussi alla mia porta.

«Devi studiare, Joshua».

«Studio, mamma».

Non sto mentendo, studio davvero e provo a dare il massimo, ma su quel fronte sono in difficoltà. Mi alzo dal letto dopo aver allacciato le scarpe da corsa e la supero, lei solleva le mani e sbuffa spazientita prima di seguirmi lungo il corridoio e poi per le scale.

«Dove stai andando ora?»

«Esco a correre».

«Sono le nove di sera».

«Josh, Josh!» urla Aimee.

Mi si lancia addosso e io la sollevo tra le mie braccia, le stampo un bacio sulla fronte e mi guadagno il sorriso più dolce del mondo.

«Où vas-tu?» sussurra.

La mamma parla molto in francese con lei, quindi sta diventando la lingua che associa alla famiglia, è assolutamente folle. Mi schiarisco la voce e lancio uno sguardo a mia madre che mi fissa con le braccia allacciate al petto.

«Je sors, Aimee».

«Mais c'est dangereux».

«No, Aimee. Non è pericoloso» la rassicuro.

«Vieni a darmi la buonanotte quando torni? Anche se dormo già».

«Certo, scricciolo. Sai che non mi perdo una buonanotte».

Non sto mentendo, anche se lei dorme passo sempre a rimboccarle le coperte da quando papà ha combinato il casino che ha distrutto questa famiglia. Mi sento investito di un ruolo che non so ricoprire, da quando lui se n'è andato sono la sua unica figura maschile di riferimento e non sono per niente qualcuno che lei dovrebbe ammirare. La cosa mi fa soffrire e incazzare, ma lo terrò per me. Sono già sul portico quando la mamma mi richiama, mi volto e lei è alla porta.

«Hai il telefono?»

Annuisco e rimango in silenzio.

«Sta' attento».

Non le rispondo, mi limito ad andarmene. Corro con un'andatura regolare e un po' lenta, giusto per riscaldarmi e prendere il ritmo. Il quartiere è silenzioso a quest'ora, benché l'autunno sia appena iniziato e non faccia ancora freddo. La gente si chiude già in casa dopo il lavoro o la scuola, mi domando cosa faccia mio padre a Nashville mentre io sono qui a correre al buio come un idiota. 

Non l'ho più richiamato e non ho intenzione di farlo, l'idea di sentire la sua voce non fa che farmi venire la nausea. Disapprova tutto quello che faccio, mi usa come la sua discarica emotiva e io glielo lascio fare perché so che così proteggo mia madre e non gli permetto di sfogarsi su di lei, ma vorrei solo mandarlo a fanculo. 

Aumento la velocità e i miei muscoli protestano, mi fanno male i polpacci e i quadricipiti, ma devo spingere di più e migliorare la mia velocità. Hanno tutti ragione quando mi dicono che non sono bravo a scuola, ma non posso cambiare molto quella cosa, questa invece sì. Posso controllare il mio corpo.

Because Of HerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora