PARTE PRIMA - 1 - CARA

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Il sole sembra così spento, oggi.

Strano... Eppure è quasi maggio. E siamo alle Baleari, la patria europea del sole. Forse sono solo nervosa, o è il pensiero della festa di domani sera a rendermi nervosa... Non ne ho idea, e in ogni caso ora non dovrei nemmeno pensarci, visto che sono a scuola; durante un'interrogazione. La mia interrogazione.

«Allora, Rojas?» La voce della professoressa Vicente interrompe il bel silenzio che si era creato nella classe. «Riesci a risolverla o no?»

Volto la testa. Nuria continua a tenere premuto il pennino contro la lavagna elettronica, senza tracciare nemmeno un segno. L'equazione è compilata a metà, ma ancora ben lontana dall'essere risolta...

«Ehm...» Nuri diventa rossa come un peperone.

«Ho capito...» borbotta la Vicente. «Prego, Avilés.»

Nuri mi consegna il pennino con un grugno chilometrico. Povera la mia migliore amica. Di solito è il ritratto dell'esuberanza, ma ora è l'esatto opposto. La matematica non è proprio il suo forte...

In cinque minuti ho risolto l'equazione.

«Molto bene. Direi basta così.» La professoressa apre il registro elettronico sulla pagina dei voti. Nuri riesce comunque a strappare una sufficienza. Io mi porto a casa un 8 pulito.

Andiamo entrambe al banco, e altri due vengono chiamati. Finalmente posso spegnere il cervello fino al suono della campanella... Per modo di dire. In questo periodo ho talmente tanti pensieri per la testa — il trasloco appena concluso, il matrimonio tra la mamma e Pablo, gli ultimi mesi di scuola, — da non riuscire quasi a ricordare cosa voglia dire la spensieratezza...

«Meno male, mi è andata bene anche stavolta!» Il sospiro di sollievo di Nuri mi riporta alla realtà.

«La matematica non ti entra proprio in testa, eh?» faccio.

Fa spallucce e riprende il disegno che aveva interrotto. Non disegna benissimo, ma le sue abilità artistiche sono sicuramente superiori a quelle matematiche.

Mi guardo un po' attorno. Sempre la stessa vecchia classe, con le stesse persone che ormai conosco come fratelli e sorelle. Ben pochi ascoltano l'interrogazione. La maggior parte chiacchiera a bassa voce, o si fa i fatti propri. Chico e Alfonso davanti a noi sono probabilmente impegnati in una partita online, a giudicare da come tengono i cellulari sulle cosce, ben nascosti dall'occhio rapace della Vicente. Casimiro e Amora, coppia fissa della classe da sempre, sono presi come sempre dalle loro moine. La vista mi causa un misto di emozioni contrastanti, non capisco se piacevoli o meno...

Volto la testa verso la finestra della classe. Palma di Maiorca è nel pieno della sua attività. Macchine di ogni marca e dimensione percorrono le strade. I pedoni battono i marciapiedi come formiche operaie. Colletti bianchi, maglietta e bermuda, shorts e top. In lontananza, verso il porto, una nave da crociera sta partendo per destinazioni sconosciute.

Mordicchio la penna con aria distratta, pensando quasi ironicamente che, con tutto quello che sta succedendo nella mia vita, al momento la cosa che mi preoccupa di più è di non aver trovato ancora un vestito da mettermi per la festa di domani...

Finalmente, la campanella suona. La Vicente manda le sue ultime due vittime a posto, mentre noi altri prendiamo gli zaini e le borse e abbandoniamo questa specie di stanza delle torture chiamata classe.

«Cara, ci vediamo al Parco dirette?» mi domanda Flor.

Annuisco. Me n'ero quasi dimenticata. Come se non fossi già abbastanza stanca, stasera devo anche andare a correre con le altre...

Se non altro sfogherò un po' di tensione. Certe volte invidio quasi Casimiro e Amora. Certo loro hanno altri modi meno stancanti di sfogarsi. E decisamente più piacevoli. O almeno credo...

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