55 - CARA

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Guardo i vestiti nel mio armadio, ancora indecisa su cosa mettermi per stasera. Avere la mente annebbiata da quasi due settimane di pensieri tristi non aiuta di certo a prendere in fretta una decisione. A deconcentrarmi ulteriormente ci pensa mamma, entrando in camera mia.

«Tesoro?» Mi allunga il suo cellulare. Strano, credevo fosse al telefono con la sua amica, che deve incontrare tra poco; non che la telefonata riguardasse pure me. La sua espressione apprensiva mi confonde ulteriormente.

Prima di avvicinarlo all'orecchio, guardo lo schermo. Il nome che leggo mi fa male come una pugnalata, dritta al cuore. Guardo mamma ammutolita, ma lei si limita ad andarsene, lasciandomi da sola.

Per un attimo sono indecisa se rispondere o meno. Poi la mia mano si muove quasi involontariamente.

«Pronto?» La mia voce suona indecifrabile, a metà tra l'apatia e l'eccitazione. Forse più la seconda della prima.

«Ciao...» La voce di Hache suona strana. Stanca, come se non avesse dormito. «Come stai?»

«Abbastanza bene. Tu?»

«Bene. Hai un momento?»

«Direi di sì. Non so nemmeno perché hai chiamato mia mamma...»

«Era l'unico modo. Tu non avresti risposto.»

Non l'avrei fatto davvero? Sinceramente, non so la risposta a questa domanda. Non mi ha mai contattata, in questi giorni, e io altrettanto. Ma se l'avesse fatto...

«Perché hai chiamato, allora?» domando.

«Per parlare» risponde.

«Bene. Di cosa vuoi parlare?»

«Intendo dal vivo. Noi due.»

Sollevo le sopracciglia. «Noi due?»

«Senti, ho pensato molto a quanto è successo» mormora. «Non voglio che tu stia male. Ma al tempo stesso, non può finire in questo modo. Vorrei che ne discutessimo, capisci?»

"Oh..." «Sei stato abbastanza chiaro, a Palmanova...»

«Si può sempre cambiare idea, o almeno provarci...»

«Fammi capire» replico, «prima mi scarichi, dicendo che sei troppo grande per me, e che siamo parenti. Fai passare due settimane, senza che nemmeno sappia se sei vivo o se sei morto. Poi, ricompari così dal nulla, dicendo che vuoi parlare. Questi cambi di idea mi danno alla testa!»

«Cara... Per favore.»

Credo sia la prima volta in assoluto che lo sento implorarmi. È una sensazione stranissima. Conoscendolo, credo sia la prima volta anche per lui.

«Non penso sia una buona idea, Hache...» mormoro. «Sono stata di merda, in questi giorni. Anche adesso sto cercando di riprendermi...»

«La cosa è reciproca.»

Mi mordo il labbro. Ma sta davvero dicendo la verità? È lo stesso Hache di due settimane fa?

«Senti, tra poco devo uscire. Magari ne riparliamo nei prossimi giorni?»

«Preferirei parlarne stasera.»

«Dammi una ragione per cui dovremmo parlarne stasera.»

«Sei in camera tua?»

«Sì, perché?»

«Affacciati.»

Accigliandomi, vado ad aprire la finestra. Hache è lì, a fissarmi dalla strada pedonale di sotto, il telefono ancora all'orecchio. Deve essere lì da un bel po'. Il fatto che abbia probabilmente rinunciato a uscire e sia venuto fin qui, solo per provare a parlarmi, fa sparire del tutto quel poco di rabbia che avevo accumulato.

«Esci con me?» mormora al telefono, senza smettere di guardarmi.

"Oh, al diavolo!" penso. Non era quello che volevo da giorni? Che mi chiamasse per parlarne ancora? Che prendesse lui l'iniziativa, per una volta? Be', l'ha appena fatto. E allora non sprechiamo questa occasione! Potrebbe effettivamente essere l'ultima. L'ultima per davvero.

«Aspettami» dico, riagganciando.

Mi guardo allo specchio. Dovrei andare bene così. Non mi piace molto come mi stanno i capelli. Devo andare dal parrucchiere, prima del mio compleanno. Rimedio alla meglio legandomeli con un elastico in una coda alta e allargandoli un po'. Molto meglio.

Davanti all'armadio non ho più dubbi su come vestirmi: gonna corta, canotta, Vans. Hache sembra vestito casual, quindi perché non seguire il suo esempio?

Scrivo a Nuri per dirle che dovrò dare buca per la serata. Quando spiego il motivo, mi telefona subito.

«È uno scherzo?!» esclama.

«Per niente. È giù che mi sta aspettando» rispondo.

«È un buon segno, non trovi?»

«Forse, ma non facciamoci illusioni.»

«Mi raccomando: rilassati e prendila come viene. Al resto penserà lui... Almeno credo.»

«Certo.»

«Giocatela bene, tesoro. Forse è la volta buona!»

«Vedremo. Avvisa tu gli altri, magari omettendo qualche particolare...»

«Ci penso io. Tu pensa solo alla tua serata. Sei totalmente giustificata a dare buca con così poco preavviso!»

«Grazie. Ci aggiorniamo dopo.»

«Certo, bella. Buona fortuna!»

«Me lo auguro... A più tardi.»

Restituisco il cellulare a mamma. Lei mi guarda con un'espressione indecifrabile.

«Hai deciso di andare?» mormora.

Annuisco. «Sentirò che avrà da dire, e poi si vedrà.»

«Va bene...»

Non sembra voler nascondere più di tanto il disagio nel sentire la mia risposta.

«Solo per curiosità» sorrido.

«Fai attenzione, mi raccomando.»

«Promesso.» La abbraccio. «A dopo, divertiti.»

Spero proprio che riesca a godersi una serata tranquilla, e non mi sguinzagli dietro Pablo e i suoi colleghi, se tarderò. Mi chiedo come avrebbe reagito, se non fosse già uscito. Ma alla fine è stato lui a dirmelo: è la mia vita. Devo decidere io.

PROBLEMI IN PARADISODove le storie prendono vita. Scoprilo ora