42 - HACHE

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Finalmente sono riuscito a staccarmi Cara di dosso!

Porca puttana. Siamo usciti una volta, e ora lei pensa già di frequentarmi, fare amicizia e tutto. Certo, le ho promesso di vederci di nuovo e far parte l'uno della vita dell'altra, ma pur sempre mantenendo le giuste distanze. Così stiamo esagerando!

Forse non avrei dovuto reagire in questo modo, però...

Le voglio bene, inutile negarlo. Vorrei solo che non si affezionasse troppo, tutto qui. Abbiamo due vite troppo diverse perché lei ne faccia parte al cento percento come Sol, Guido e gli altri...

Sì... forse è meglio che le chieda almeno scusa.

Vane è ancora stesa sulla sua sdraio a leggere il suo libro. È completamente immobile. Se non voltasse pagina ogni tanto potrebbe sembrare un manichino con gli occhiali da sole. E pensare che fino a pochi anni fa era praticamente impossibile tenerla ferma per più di dieci minuti...

Di Cara nessuna traccia, ma poco dopo la vedo venire verso di noi. I capelli bagnati, l'acqua marina che le scende lungo i fianchi... Mi sto distraendo troppo.

Mi fissa guardinga, come se fossi un leone pronto a saltarle alla gola.

Mi alzo in piedi. «Hai un momento?»

«A patto che non ti incazzi...»

Ci allontaniamo dall'ombrellone. Il vento si è alzato, facendole ondeggiare i capelli bagnati sulle spalle... Mi sto distraendo di nuovo, devo smetterla.

«Volevo chiederti scusa, per prima» dico. «Non dovevo reagire così.»

«Dispiace anche a me» risponde. «Non dovevo essere così appiccicosa.»

«Non fraintendermi, Cara. Io ti voglio nella mia vita. Solo... ricordati che siamo molto diversi, noi due.»

«Io penso più il contrario...» commenta.

«In ogni caso, non... farti prendere la mano, ecco. Tutto qui.»

«Cosa intendi con questo?» Mi guarda triste. «Io ti voglio bene, Hache. Come faccio?»

La sua frase mi fa tremare il petto. È la prima volta da un sacco di tempo che le parole di una ragazza mi fanno stare così bene...

«Per me esageri...»

«È la verità.» Solleva le spalle. Dal suo sguardo capisco che è sincera. E questo mi rende inspiegabilmente felice.

«Procediamo a piccoli passi, va bene?» sorrido. «Sono passati anni, non si può recuperare tutto in pochi giorni. Andiamo con calma. E ricordati di lasciarmi i miei spazi. Proprio come farebbe un'amica.»

«Va bene, farò del mio meglio.» Sorride anche lei. E stavolta sono io ad abbracciarla. Senza nemmeno pensarci su.


È scesa la sera, e ho appena finito di mettermi il profumo. Non vedo l'ora di uscire di nuovo con Vane. È passato quasi un anno dall'ultima volta. Non andremo in discoteca, ma è meglio di niente.

«Finito, voi due?» domando.

«Come mi sta questo vestito?» chiede Vane.

Entro nella sua stanza e rimango quasi abbagliato. Mia cugina indossa un vestito attillato rosso scarlatto con gli orecchini in tinta. Dopo averla vista in abiti casual tutto questo tempo, è sorprendente quanto sia cambiata in un'ora.

«Allora?» fa.

«Sei bellissima, cugina» approvo. «Mi ricordi i tuoi bei tempi.»

«Manco avessi cent'anni...»

«Io sono pronta... Oh, mamma! Che bel vestito!»

Cara arriva già vestita e truccata. Non resto meno abbagliato. Gonna corta a balze. Top blu allacciato dietro la nuca. Non indossa il reggiseno. L'eyeliner nero e il rossetto ciliegia le danno un'aria quasi assassina. Mi allento il colletto della polo. Meglio uscire subito di casa.

Portals Nous non ha una gran vita notturna. Giusto qualche ristorante e pochi locali. In altre occasioni andrei con gli altri a Magaluf, o a Palmanova. Molto più di nostro interesse. Ma Vane è stata irremovibile: niente discoteche o locali simili. Alla fine, dopo quasi un'ora, riusciamo a trovare un posto che metta d'accordo tutti e tre.

«Mamma, vado a prendere una calamita per il frigo?» Cara indica un negozietto di souvenir.

«Buona idea, tesoro!»

«È cambiata molto...» commento, rimasti da soli. "In tutti i sensi..."

«È sempre la mia bambina.» Sorride e mi guarda. «Allora, hai parlato con lei?»

«Riguardo a cosa?»

«Lo sai a cosa...»

«Ancora con questa storia?!»

«Dai, cugino, ti avevo chiesto per favore...»

«Sì, ci ho parlato. Le ho detto che deve prendere le cose come capitano.»

«Tutto qui?»

«Perché non ci parli te, invece di mandarmi come portavoce?»

«Io?» Sembra caderle la mandibola. «Ma sono sua madre!»

«Appunto che sei sua madre, dovresti parlarle di questi argomenti.»

«Ci ho già provato, cosa credi? Ma lei si imbarazza...»

«Ma tu non è che devi entrare nei dettagli. Le protezioni? Come comportarsi in determinate situazioni? I rischi che si corrono? Stare lontani da certi tipi di persone? Queste sono le cose di cui dovete parlare, capisci? Perché fino a prova contraria, tu sei un genitore, ed è questo il vostro compito come tali. Dovete guidare i vostri figli, non vivere la vita al posto loro. Una volta insegnate le cose importanti come queste, il vostro compito è finito. Poi starà a loro buttarsi nella mischia.»

Vane scuote la testa lentamente. «Mi spieghi come cazzo fai?» mormora. «Non hai figli e sei tu a dare lezione a me!»

«Sono scapolo, Vane. Non coglione. Certe cose le capisco comunque.»

«Hai proprio ragione, cugino.»

Cara nel frattempo è di ritorno. Mostra la calamita che ha comprato.

«Vi piace? Che mi sono persa?» domanda.

«Niente di che» risponde subito Vane. «Ordiniamo da bere?»

PROBLEMI IN PARADISODove le storie prendono vita. Scoprilo ora