CAPITOLO 9: Legame

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"Il legame tra due persone può essere tanto effimero quanto resistente, dipende dagli individui coinvolti, dai loro comportamenti e dal loro modo di pensare."

Zoe

Arrivai in sala 2 per parlare con Joseph. Mi trovavo dinnanzi alla porta d'entrata, le gambe mi tremavano, il cuore batteva, prima piano, poi forte, poi si calmava e tornava a battere più forte. Le mani esitavano, la mia mente voleva aprire quella porta ma il mio corpo no. C'era qualcosa di sbagliato forse? No, era solo la paura e la tensione che mi paralizzavano quasi. Mi chiedevo cosa dovessi fare, se seguire il mio sesto senso e non fidarmi, oppure entrare a discapito di ogni pericolo. La scelta più semplice era indubbiamente la prima, ma la mia maledetta curiosità mi invase, lasciando che quella maniglia venisse girata e che la porta venne infine spalancata. Chiusi la porta alle mie spalle, tentando di evitare il più possibile Holden con il mio sguardo. Il mio presentimento era corretto, c'era qualcosa di errato in quella stanza. Credevo seriamente di ritrovarmi dinnanzi a Joseph, avevo seriamente pensato che mi avesse inviato una lettera, che volesse parlarmi. La persona dinnanzi a me non era cui credevo fossi, era Mida. Dopo una manciata di secondi nei quali rimasi sbalordita il mio viso tornò a irrigidirsi. Non gli diedi neanche il tempo di aprire bocca che già mi ero girata per andarmene. Stavo tornando a girare la maniglia, stavolta per uscire. «Fermati! O meglio, ascoltami almeno un secondo.» La sua voce era diversa dal solito, più calma, quasi come se fosse debole e fragile, pronta a spezzarsi da un momento all'altro. Mi girai rivolgendogli uno sguardo glaciale, avrei fatto rabbrividire anche un animale feroce. «Zoe, non ti obbligo a rimanere qui, ho fatto schifo, sono un vigliacco e tutto quel che vuoi, ma ascoltami, stavolta sono io a doverti parlare.» La mia bocca non voleva affatto aprirsi, le mie parole sarebbero state lanciate in aria e mai ascoltate da uno come lui. Lasciai la maniglia i mi sedetti guardandolo. «Hai cinque minuti per dirmi quello che vuoi dirmi, dopodiché mi alzerò e me ne andrò dal vero Holden, e non da un falso come te.» Miravo ad offenderlo, a farlo sentire colpevole, come lui aveva fatto con me. Il legame tra me e Christian era quasi tossico, non saremmo in grado di rimanere nella stessa stanza per più di cinque minuti assieme senza gridarci contro e distruggere tutto. Siamo due bombe ad orologeria, pronte ad esplodere in ogni momento. Prese una sedia e la mise davanti a me, sedendosi sulla parte posteriore e guardandomi. Aveva poggiato la sua testa sulle mani, a loro volta adagiate sullo schienale della sedia, aveva allargato le gambe per riuscire a sedersi e mi guardava con l'aria da cane bastonato, mentre qualche riccio gli ricadeva sul viso. «Zoe, mi dispiace per tutto quello che ti ho fatto passare. Ci siamo invertiti i ruoli lo so, prima eri tu che imploravi me di perdonarti e ora sono io. Ho sbagliato da subito con te, invece di lasciarmi il passato alle spalle l'ho trascinato qui con me, rimanendo della stessa idea sulla te di qualche anno fa.» «E quindi? Dovrei scusare ogni tuo comportamento? Dovrei dire "va bene, non fa nulla! Mi hai messa in imbarazzo davanti a tutti, mi hai mandata in panico con una domanda tanto scontata quanto difficile, mi hai soltanto fatto fare la figura della stupida!"? Christian Prestato, ti sbagli del tutto se credi che io sia in grado di far uscire tali parole dalla mia bocca.» La battaglia era in procinto di riaccendersi, forse sarebbe stata ancora più cruenta. «Intanto l'hai detto! Comunque sia, non voglio sentire queste cose, inoltre è meglio che ti calmi un po', sei qui dentro da sole due settimane e qualche giorno e già credi di riuscire a comandare chiunque, smettila di fare la difficile e piuttosto cerca di capire quando gli altri ci tengono.» Aveva impugnato la sua arma, era guerra aperta. «Mi comporto come voglio, smettila tu piuttosto di fare l'uomo vissuto e di darmi "lezioni di vita." Sei davvero ridicolo, non accetterò mai le tue scuse come tu non hai accettato del tutto le mie. Se ti fa tanto piacere intrometterti nei fatti altrui, si, mi piace Holden ok?!» La rabbia aveva preso il controllo della mia mente, della mia bocca, di tutto il mio essere, avrei detto anche di amare una persona che non amavo pur di farlo sentire male. «Non ci voleva un genio per capirlo! Poi non accusarmi di cose non fatte, a me non interessa proprio nulla di te e lui! Mi trovavo a passare in casetta per puro caso e ho visto voi, tutto qui.» A quel punto mi alzai furiosa, misi la sedia in un angolo e tornai alla porta. Proprio quando stavo per andarmene Mida mi bloccò tenendomi per il polso. «Lasciami immediatamente.» A differenza di me che ero adirata e pronta a esplodere lui sembrava calmo, aveva uno sguardo improvvisamente dolce, come se cercasse di calmarmi con i suoi occhi. «I cinque minuti non sono ancora passati, potrai andartene solo tra due minuti.» Mi ripresi dal mio sbalzo d'umore, contai fino a tre e feci un respiro. Ero calma. Una volta rinsavita pensai a quello che aveva detto. Avevo trascurato una parte fondamentale del dialogo, "piuttosto cerca di capire quando gli altri ci tengono." Christian teneva a me? Analizzai qualche suo comportamento. Inizialmente andava tutto male con lui, ci odiavamo, non parlavamo mai se non per il progetto che ho mandato in aria perché ero offesa. Era andato in sfida al posto mio, non avrei mai lasciato che Sarah ci andasse, aveva preso il mio posto negli ultimi minuti prima dell'esibizione. Lo aveva capito, forse intendeva questo? Che si era immolato al mio posto? No, intendeva molto di più. Mi aveva toccata, non avevamo mai avuto un contatto fisico, nemmeno per sbaglio. Mi aveva condotta in quella sala fingendosi un'altra persona, di cui io mi fidavo ciecamente e verso la quale sarei sicuramente andata. «Perché» gli dissi. «Perché ti comporti così?» «Così come?» La sua risposta era del tutto innocente, è un ragazzo intelligente, eppure è tanto stupido. «Prima mi eviti, poi vengo da te e mi respingi, mi metti in imbarazzo davanti a tutti e vai in sfida al posto mio cercando di fare il carino. Ed ora eccoci qui, mi hai condotta qui solo per chiedermi scusa del tuo comportamento sbagliato e per toccarmi il braccio.» Scoppiò a ridere. «Hai percepito così le mie azioni? Non so nemmeno io cosa mi passi per la testa a volte. Sono andato in sfida non per te, ma perché volevo andarci, mi sentivo uno scemo a non pagare per il male che avevo fatto, diciamo è un riscatto dei miei peccati. Ti ho portata qui solo per chiederti scusa, se tu avessi letto il nome Mida avresti stracciato la lettera e l'avresti gettata nel camino riducendola in cenere, ho quindi deciso di usare Holden. Il tocco non era previsto, fermarti a parole non sarebbe bastato, sei irrequieta e vivace, non so se sia un difetto o un pregio, hai carisma da vendere.» Mi ero solo illusa che fosse cambiato, voleva solo parlarmi in realtà. Aveva detto che ero vivace, non sapeva neanche se fosse un problema o no. «Mi dispiace.» Pronunciammo la stessa frase all'unisono, avevamo pensato la stessa cosa. «Zoe, con te ho sbagliato, non ho mai detto che non avevo accettato le tue scuse, in realtà non sapevo se crederci. Probabilmente eri sincera, mi dispiace di averti fatta sentire così male.» Mida era cambiato, no, era solo sincero. Nascondeva il lato dolce di sé sotto una corazza in acciaio, come aveva detto Sarah. «Christian, scusami se ti ho giudicato male. Ancora non riesco a liberarmi del peso di quelle parole. La tua musica è fantastica, l'ho fatto solo per la mia compagna, non per altro. Il tuo pezzo era un capolavoro, avrò ascoltato Malditè circa una centinaia di volte. Mi dispiace se ti ho ferito per tutto questo tempo, non era mia intenzione.» I nostri occhi si intrecciarono, ci guardammo per qualche secondo, dopodiché mi avvolse in un abbraccio. Quella guerra che sembrava infinita era probabilmente terminata. Un odio intenso durato per anni era stato placato da un legame d'amicizia stipulato con lo sguardo e con scuse.

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