CAPITOLO 13: Festa

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"Le feste sono luoghi ideali per perdere il senno, per impazzire, per commettere sbagli. Alle feste non si pensa, non si ragiona sulle cose, si fa ciò che ci passa per la testa, senza riflettere se possa essere sbagliato o no."

Mida

Finalmente era Capodanno, avrei cantato assieme a tutti gli altri sul palco. Io e Marisol provammo ancora un po' prima di poterci effettivamente esibire. Oltre noi c'erano tanti altri artisti famosi in Italia, l'ansia mi divorava quasi, cantare su un palco, davanti un numero sproporzionato di persone con persone già famose. Il mio sogno diventava giorno dopo giorno sempre più vicino alla realtà, quella scuola era diventata come una seconda casa per me, Lorella era la madre e Sarah la mia sorella minore. Iniziammo a recarci dietro le quinte, dove ci preparammo vocalmente, scambiammo delle battute e ci divertimmo. Gaia ed io rivelammo a tutti i nostri sentimenti, baciandoci in pubblico. Tra tutti gli sguardi uno solo mi preoccupava, quello di Zoe. Non capivo perché mi guardasse, non sembrava neanche fregarsene, ma qualcosa in me diceva che c'era qualcosa di strano in lei. Cercai di ignorare quella sensazione e di soffermarmi su Gaia, mi spogliava di ogni paura e dubbio, semplicemente guardandomi. I primi ad esibirsi furono Kumo ed Holden, seguiti da Martina e Lucia. Entrambi avevano dato prova di saper gestire il pubblico e lo spazio sul palco. «È stato fantastico vi giuro, tu stavi lì a cantare e intanto sentivi gli altri cantare la tua canzone e applaudirti. Mi hanno gasato un botto.» «Si, Joseph ha ragione, mi sentivo molto libera sul palco, dopo direte che avevamo ragione.» Scambiammo qualche altra battuta prima di andare sul palco un'altra volta. I prossimi eravamo io e Marisol e Zoe e Kumo. Mentre cantavo Rossofuoco mi stavo per commuovere, Mari aveva un vestito proprio rossofuoco, che rifletteva la luce che aveva puntata addosso. Il pubblico cantava assieme a me, cercava di urlare per farsi sentire, era come una gara a chi si faceva notare di più. Sorrisi e lasciai cadere sul mio volto una lacrima di commozione, ringraziando tutti dello spettacolo. Arrivavano applausi da ogni parte, io e la mia compagna ci guardammo e ridemmo soddisfatti del bottino ottenuto, tornando dietro le quinte emozionati. «Avevate proprio ragione, è veramente qualcosa di incredibile stare sul palco sotto gli occhi del pubblico.» Marisol aggiunse «fanno quasi commuovere più noi, ci trasmettono tanto in più loro.» Zoe si esibì dopo di noi, cantando Dea Saffica, accompagnata da un ballo modern di Kumo. Ballava assieme a Tiziano, rendendo lo spettacolo un misto tra ballo e canto, si muovevano entrambi con naturalezza, ovviamente emergeva la bravura del ragazzo. Intanto che ognuno mangiava un boccone e festeggiavamo assieme scherzando e ridendo, notai come Holden e la sua ormai ragazza si erano isolati. Non volevo impicciarmi nei fatti loro, ma personalmente odiavo quando in un momento dove eravamo tutti uniti qualcuno si isolava. Stavo per alzarmi e andare da loro, quando Petit e Gaia mi bloccarono. «Lasciali fare, ormai abbiamo capito tutti che provano qualcosa l'un l'altro, lei già ti odia, non farti odiare anche da Joseph.» Salvatore era stato onesto, non aveva cercato di nascondermi che nonostante le scuse lei mi odiasse ancora, ma non dipendeva da me, io sono Christian Prestato, il solo e unico, non sarei cambiato per nulla e per nessuno.

Zoe

L'esibizione era andata una favola, mi sentivo così leggera e libera dopo aver cantato che mi sarai potuta abbandonare al vento e lasciarmi trasportare come un palloncino. Io e Holden ci eravamo isolati dal resto del gruppo, doveva dirmi una cosa importante, forse l'avevo conquistato. «Zoe oggi sei veramente bella, con questi capelli ondulati che ti mettono in risalto le ciocche bionde, questo vestito bianco che simboleggia quanto sei pura, sei incantevole.» I suoi occhi erano persi a guardarmi, non riusciva a distogliere lo sguardo, era in una dimensione tutta sua, composta unicamente dalla mia immagine. Mi prese le mani e mi guardò negli occhi, accorciando la distanza che ci separava. Riuscivo a sentire il suo profumo alla menta, a sentire ogni suo respiro. Il mio cuore batteva, forte, era il momento giusto per dichiararmi, ma non potevo farlo. Cercai di controllare il mio viso dal tingersi di rosso e di sconnettere la mente da quella situazione. «Come mai non rispondi? Il pubblico ti ha fatto perdere la voce?» Mentre ironizzava su di me rideva, mostrando il suo sorriso e dilatando le labbra. Era così genuino e dolce, proprio il contrario di Mida, che nervoso che mi viene quando parlo con lui. «No nulla, stavo solo pensando che siamo molto vicini.» Avevo seminato la mia trappola, se non avesse colto quell'occasione non ne avrebbe avuta un'altra. Eravamo abbastanza distanti da tutti gli altri, nessuno ci avrebbe visti. «È vero, siamo anche distanti dagli altri, tra un po' dovremmo tornare.» Continuava a non demordere, il mio orgoglio doveva vincere contro la sua razionalità, l'avrei lasciato cadere ai miei piedi, costi quel che costi. «Torniamo ora?» Se avesse avuto altro da dire avrebbe detto sicuramente di no, se invece non avesse da dirmi altro allora saremmo tornati. «Non ancora, c'è un'ultima cosa che vorrei dirti, anche se non riesco a trovare le parole.» Dovevo estrapolargli quel "mi piaci", era la mia occasione. Iniziai a ridere, prendendolo in giro per attrarlo ancora un po' a me. «Un cantante che si produce e si scrive i testi che non riesce a trovare le parole, buffo no?» Era caduto nella mia tela, aveva riso, era nelle mie mani. Ero una minuziosa manipolatrice, giostravo i fili del discorso a mio piacimento, avrebbe detto ciò che desideravo sentire. Joseph era un burattino in mia balìa ormai. «Sarò molto diretto, Zoe mi piaci.» Pronunciate quelle parole adagiò lentamente le sue labbra sulle mie, baciandomi. Continuai a mantenere il bacio per un po', fino a smettere di giocare con lui e dirgli «anche tu mi piaci.»

Tornati dal nostro momento intimo tutti ci guardavano ridendo, avevamo gli occhi puntati addosso come fossero riflettori. «Allora?» chiese Petit. «Allora cosa? Abbiamo parlato di cose private.» Avevo mentito, di nuovo, nonostante mi fossi ripromessa di non farlo. Una volta seduta vicino Sarah, Marisol, Martina e Lucia, confessai l'accaduto, raccontando del bacio e delle sue parole. Risero soddisfatte abbracciandomi, erano fiere di me. Iniziato l'anno nuovo tornammo in casetta distrutti, dove una volta messa il pigiama, lavato i denti e pronta ad andare a dormire mi arrivò una lettera. «Zoe, scusami se ti disturbo, so che è tardi e che probabilmente vorresti dormire, ma Christian vorrebbe parlarti.» Gaia era venuta a chiedermi la cortesia di andare da Mida per parlare di qualcosa. Ormai non aveva neanche più il coraggio di dirmi le cose in faccia autonomamente, non era colpa di Gaia, anzi, era l'unica a non averne. «Stai tranquilla, andrò domani.» Cercai di chiudere la porta e liberarmi di quel fardello, non avevo affatto voglia di iniziare l'anno nuovo parlandogli. Bloccò la porta, «Zoe, devi andare ora, vuole parlarti il prima possibile, dice che è così importante che non si può rimandare a domani, lo trovi in camera sua, Petit sta con Marisol e gli altri sono in altre camere a dormire. Posso garantirti che è solo in quella camera, vengo da lì.» Non potevo dirle di no, ormai dovevo liberarmi di quel peso, avrei iniziato l'anno con un litigio probabilmente. Già con l'animo rassegnato ad una lite e contenente rabbia, mi recai in camera sua.

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