Nicole

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Potrei salire sul palco venti volte al giorno per vent'anni

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Potrei salire sul palco venti volte al giorno per vent'anni. Sono certa che proverei sempre la stessa sensazione. Un misto tra piacere, eccitazione e paura. Piacere perché amo essere al centro dell'attenzione. Eccitazione perché sapere di essere brava, di essere ammirata, mi regala una sorta di piacere fisico. Paura perché io voglio la perfezione. Ogni volta che mi esibisco corro il rischio di non essere perfetta, ma tutto, nel mio mondo, deve essere impeccabile. Io per prima.

È questo che mi ha avvicinato alla danza, tempo fa, la ricerca della perfezione. E in quella ricerca ho trovato anche uno sfogo a quell'anelito verso la libertà e ribellione, il mio volermi sempre spingere oltre i limiti e stabilirne di nuovi.

"Non sarai mai pronta se continui a perderti nei tuoi pensieri!"

La voce di Mary si fa strada nella coltre densa dei miei pensieri, dandomi una scossa. Ha ragione. Alzo lo sguardo verso di lei, accennando un sorriso di scusa. La mia corpulenta insegnante è l'antitesi di quello che uno può immaginare come maestra di danza. Ma lei sfida ogni regola. Come me. Per quello mi piace.

Stiamo lavorando all'ennesima sfida. Uno spettacolo che mescoli la danza aerea e la pole dance. E Mary mi ha lanciato la sua provocazione. Perché non mettere anche uno strato di acqua sul pavimento, e creare qualcosa di magico con il gioco di luci?

Ho già fatto tutte e tre le cose, ma separatamente. Amo la pole dance perché mi permette di esprimere la mia sensualità innata. Il confine con la volgarità è sempre in agguato e in questo il mio perfezionismo è provvidenziale. I miei spettacoli sono un inno alle potenzialità del corpo. La danza aerea è un tributo al mio coraggio. La perfezione delle linee e dei movimenti dev'essere assoluta. Fallire significa cadere e farsi male seriamente. La danza sull'acqua è pura gioia e sfogo fisico. Amo l'idea che i miei movimenti possano creare qualcosa di magico con un elemento semplice come l'acqua.

L'idea di unire tutte e tre mi tenta e mi preoccupa allo stesso momento. La mia presa sul palo sarebbe più difficile, dovrei studiare movimenti che mi permettano di essere straordinaria anche se con la pelle bagnata e scivolosa. Non è impossibile. Posso quasi già immaginare il risultato finale. Ci vorrebbe molto allenamento, ma più ci penso e più l'idea mi attira.

"Non voglio che mi rispondi subito", sta dicendo Mary. "Adesso pensa ad allenarti: qualsiasi cosa deciderai di fare, non puoi permetterti di essere fuori forma".

Continuo a danzare davanti allo specchio, in modo quasi automatico. Movimenti che faccio ogni giorno, per riscaldare i muscoli, prima di provare passi nuovi. Quando le prove finiscono, il mio bisogno di adrenalina non è ancora soddisfatto. Saluto Mary e mi dirigo verso la palestra di Thomas.

Appena mi vede arrivare, mi porge i guantoni, sorridendo. Mi conosce da sempre, sa benissimo perché sono lì. Mi dirigo al sacco da boxe e comincio a picchiare forte, escludendo tutto dalla mia mente. La danza. La musica. La vita. Lui. Io. Smetto solo quando il mio corpo non è più in grado di reggere lo sforzo. Mi accascio al suolo e scoppio a piangere. Thomas, abituato ai miei sfoghi, lascia che mi passi, poi si siede accanto ame. Appoggio la testa sulla sua spalla.

"Vai a farti una doccia adesso, credo che tu ne abbia bisogno".

"Stai forse insinuando che puzzo?", rispondo, scoppiando a ridere. La sua faccia è più che eloquente.

Entro nello spogliatoio, e una cosa attira la mia attenzione. Accanto al mio borsone c'è una piccola scatola, con un biglietto con soprascritto, a chiare lettere, il mio nome. Mi guardo intorno per cercare di capire chi sia il mittente. Forse lui si è finalmente deciso a farsi vivo, dico a me stessa, ma senza crederci davvero. Infilo la scatolina tra la mia roba e vado a farmi una doccia.

***

L'uomo dal maglione grigio aprì meccanicamente il taccuino nero, soffermandosi sull'ultimo nome della lista. Gli sfuggì un sorriso. Sfogliò le pagine fino a soffermarsi sulla foto che gli interessava. Era stata scattata durante uno spettacolo di danza. La ragazza nella foto aveva un fisico perfetto e stava danzando in un palco in mezzo a torce accese, tenute in mano da un gruppo di uomini vestiti completamente di nero e incappucciati. Le fiamme creavano giochi di luce sulla pelle della ragazza, mettendo in evidenza i muscoli scattanti e armoniosi. Accarezzò la foto, quasi con un gesto di affetto.

In realtà la sua mente era altrove... ma durò solo un istante. Non poteva permettersi di pensare al passato. Le cose vanno come vogliono e nessuno può farci nulla. L'importante era che almeno uno dei due fosse vivo, anche se a volte, di notte, sentiva ancora il rintocco di quelle campane e si svegliava, madido di sudore. Poteva sentire il cuore che accennava un battito irregolare, il ricordo che si affacciava ribelle. Chiuse gli occhi, stringendoli forte. Sapeva come costringere la sua mente a tacere, ma in quel momento non poteva permetterselo. Doveva restare lucido, assicurarsi che dopo la consegna tutto procedesse come era stato programmato. Per quello non aveva portato con sé le pillole, ma a volte non pensare a lui era davvero difficile.

Tornò con il pensiero alla ballerina, sorridendo tra sé. Le persone non hanno idea di quanto siano prevedibili, anche quando pensano di essere fuori dagli schemi e misteriose. Tutti abbiamo delle abitudini, nessuno escluso. L'esperienza aveva fatto sì che le abitudini dei suoi obiettivi fossero un vantaggio per lui. E se consegnare a ognuno di loro il dono poteva essere stato difficile, non era nulla in paragone con quello che ancora doveva accadere. E lui sarebbe stato pronto. Era la sua missione, dopotutto, e non aveva mai fallito una missione.

Con la penna fece una crocetta sotto la foto, accanto al nome della ragazza.

Nicole Smith.

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