Sarebbe meglio entrare...

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Nicole

"Ehi, guardate."

Mi volto, prima di entrare nel teatro abbandonato, per vedere che succede. Non ho mai visto quest'uomo, ma gli altri sembrano irrigidirsi al suo arrivo. Sono pronta a scommettere che sia il mittente del nostro invito. Quindi gli altri lo avevano conosciuto.

La luce scarsa della strada non aiuta a vederlo bene, tuttavia man mano che si avvicina distinguo meglio i suoi lineamenti. Che dire, non è nemmeno così male. I capelli sono leggermente in disordine, di un biondo così chiaro da sembrare bianco, occhi azzurri, barba leggermente sfatta, fisico in forma. I suoi movimenti sono sicuri, ma lo sguardo tradisce una certa preoccupazione.

"Grazie per essere venuti", dice, avvicinandosi. Non si presenta. Forse non serve, ma la cosa mi infastidisce.

Si guarda intorno, come se aspettasse che qualcuno possa arrivare da un momento all'altro, poi dice: "Sarebbe meglio entrare."

Improvvisamente mi sta simpatico.

"E' proprio quello che stavamo per fare, vero ragazzi?"

Alcuni di loro mi guardano infastiditi, ma non mi interessa. Forse loro ancora lo devono capire, ma lo capiranno presto. Le cose non si fanno mai a metà. Non vieni a un appuntamento misterioso in un teatro in rovina, per poi restare fuori sulla strada. Del resto questo tizio non sembra pericoloso, e anche se lo fosse, lui è uno e noi siamo sei. La statistica è dalla nostra.

Siamo tutti lì, in attesa del primo che avrà il coraggio di entrare. Potrei farlo io, ma mi diverte vederli in difficoltà. Quale che sia la ragione per cui siamo qui, loro non sono niente per me. Ho preso troppe porte in faccia per poter pensare, anche solo per un istante, di potermi fidare di qualcuno di loro. O peggio, di fare amicizia. Sono curiosa di vedere chi si muoverà per primo.

Non sarà sicuramente l'uomo che ci ha invitati. Ci sta osservando, anche lui vuole vedere chi reagirà per primo. Io scommetto sul prete: hanno la sindrome del protettore. Infatti si sta muovendo, ma, a sorpresa, è la rossa ad essere più veloce. Sorride e tende la mano alla sua amica, senza dire una parola, dopodiché le due entrano, mano nella mano. Chi l'avrebbe detto. L'avevo liquidata come poco interessante e invece...

Il ragazzo alto mi guarda storto e poi entra per secondo. Gli vado dietro, non mi interessa più vedere l'ordine d'ingresso.

Ovviamente il teatro è buio, ma improvvisamente delle luci si accendono. Strano che l'elettricità sia ancora funzionante. Da quel che ho scoperto documentandomi il teatro è fuori uso da anni. Poi mi rendo conto che le luci sono più simili a fari, nulla di adatto a un teatro. Come se qualcuno le avesse piazzate lì apposta. Logico, visto che dovevamo venire qui.

Mi muovo senza badare agli altri. Non posso fare a meno di immaginare questo posto come doveva essere una volta. Lo stile non è dei miei preferiti, ma uno spettacolo qui sarebbe stato una bellezza. Provo a immaginare un palo al centro del palco, il pubblico anni venti... secondo me si sarebbero divertiti. Ho sempre pensato che le persone non fossero davvero così ingessate come vogliono farci credere.

Pian piano raggiungiamo tutti il palco, come se ci fossimo messi d'accordo. L'uomo biondo si mette al centro e inizia a parlare.

"Il mio nome è Elias Walker", dice. Fa una pausa. Forse si aspetta che rispondiamo, ma nessuno di noi intende farlo, ovviamente. Ci ha inviato i video: se non è stato lui a spiarci, ha comunque invaso le nostre vite. Che magari sono vite del cazzo, ma sono le nostre.

Prende un respiro profondo e continua a parlare. "Sono nato il 27 luglio del 2341, nella Perfetta Città di Chicago."

Ma che cazzo...?

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