Tentò di mettersi a sedere, ma senza successo. La ferita doveva essere grave. Cercò di ricordare altri dettagli, ma era come se la lucidità scivolasse via insieme al sangue. Il sangue... doveva fermare l'emorragia.
Pregando di avere ancora abbastanza NeuroChromium, chiuse gli occhi e tastò il corpo alla ricerca del punto esatto da cui sentiva fluire via la vita. Si concentrò e passo due dita sopra di esso, con movimenti circolari, lenti.
Il tempo sembrava non passare mai, ma piano piano il suo corpo iniziò a inviarle segnali diversi.
Ce l'aveva fatta. Riconosceva la sensazione: non era la prima volta che veniva ferita. I tessuti si avvicinavano tra di loro, la pelle pungeva nel punto in cui le dita stavano ricreando la materia. Forse non sarebbe morta. Non per il laser, comunque.
Attese fino a quando arrivò la sensazione di intorpidimento gelido. Ancora qualche minuto e sarebbe passata.
Si alzò lentamente in piedi. Se non altro era tornata nel suo tempo. La debolezza che sentiva era un chiaro indice del fatto che aveva perso molto sangue. Troppo. E le sue riserve di NeuroChromium erano finite.
Camminò lentamente, osservando i cadaveri attorno a lei. Quindi c'era stato un combattimento. Johnson, Palmer... non avevano nemmeno tirato fuori le armi. Tastò il fianco destro. Il suo Z16 era ancora lì.
Quindi erano stati colti di sorpresa e colpiti appena usciti dalla distorsione.
Vigliacchi.
Osservò attentamente il terreno.
Vomito. Tracce. Passi.
Il cadavere di Palmer era stato spostato leggermente.
Qualcosa attirò la sua attenzione. Il Timing era stato distrutto. Lo prese in mano. Un colpo preciso lo aveva sventrato. Il Timing funziona in coppia, quando uno viene distrutto, l'altro esplode. Camminò, scrutando il terreno, finché non vide i resti del secondo dispositivo.
Quindi non potevano tornare indietro. Interessante.
Un capogiro la costrinse ad abbassarsi sul terreno, per non perdere conoscenza. Procedendo a gattoni raggiunse il corpo di Palmer. Il polso era intatto.
Per non aver preso né le armi né le fialette, dovevano essere di fretta. Qualcuno li aveva interrotti.
Vex.
Certo, chi altri?
Prese il piccolo coltello che aveva nella cintura e incise la pelle del polso, andando in profondità.
"Scusa amico", mormorò, mentre toglieva le fialette di NeuroChromium dalla loro posizione. Non aveva tempo per impiantarle, aveva perso già troppe energie. Forzò i due piccoli contenitori, per aprirli e, prima che il gas si dissolvesse, li appoggiò alle labbra, incurante del sangue che dalle mani scendeva sulla bocca e sul mento.
Assumere il NeuroChromium riservato a qualcun altro era un rischio, lo sapeva. Ma non poteva permettersi di fare le cose per bene.
Il dolore arrivò dopo qualche istante. Poi il freddo.
Poi più nulla.
Quando riaprì gli occhi era quasi buio. A occhio e croce doveva essere stata incosciente per circa un'ora, o poco più. Riuscì ad alzarsi senza fatica. Il suo corpo aveva processato il gas e si era nutrito di ciò che serviva per guarirsi.
Ottimo.
Si avvicinò ai cadaveri, prelevando il NeuroChromium da ognuno di loro e infilando le fialette in piccole tasche sulla cintura.
Se Vex era intervenuta, doveva essersi accorta che lei era ancora viva. Non era così stupida da aver pensato che sarebbe morta. Eppure non l'aveva uccisa, anche se sarebbe stato un ottimo pretesto per liberarsi di lei.
Le aveva inflitto una punizione ben peggiore. Se fosse sopravvissuta nelle Terre Morte, cosa ancora da dimostrare, non avrebbe potuto tornare in società.
Aveva fallito.
Aveva dimostrato di non essere Perfetta.
Le restava solo un posto dove andare. I villaggi dei Respinti.
Si sedette sul terreno arido. Doveva pensare velocemente. Le Terre Morte erano la negazione di tutto ciò che era sopravvivenza. L'assoluta mancanza di acqua pura e cibo, le bestie mutate, le Zone Tossiche. Nessuno restava in vita in quei terreni abbandonati. Per più di una ragione.
Il villaggio più vicino era SubChicago.
Lo scartò subito. Morte certa, le avrebbero sparato a vista.
L'unica possibilità era andare verso nord, costeggiando il più possibile il lago fino a trovare un punto di attraversamento, e da lì raggiungere NeoDetroit, dove nessuno avrebbe potuto riconoscerla.
Nella Perfetta Città di Detroit avevano sicuramente i suoi dati, ma quelle informazioni non raggiungevano mai i Respinti.
Si sarebbe finta una di loro. Avrebbe collaborato e sarebbe entrata nella Resistenza, per poi distruggerla dall'interno e tornare trionfante.
Sorrise al pensiero, per poi scuotere la testa. Un buon piano si differenziava da un cattivo piano per una cosa: ogni dettaglio era curato nei minimi particolari. Frugò i cadaveri degli ex compagni, prendendo tutto ciò che le sarebbe stato utile. Infilò ogni cosa nello zainetto di Johnson e cominciò a camminare. Doveva trovare un rifugio per la notte.
In fretta.
STAI LEGGENDO
The Perfect Dystopia
Science FictionLa perfezione è una bugia. E come tutte le bugie, prima o poi deve crollare. Elias lo sa, ma non può farcela da solo. Ecco perché sta cercando loro: Un ex hacker con problemi di dipendenza. Una danzatrice acrobatica dalla vita complicata. Un prete c...