Nina - La prima notte - 1/2

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Lucilla, Alina ed Elliot sono andati via.

La prima notte nella villa Black è arrivata insieme a una copiosa pioggia. Sento le gocce infrangersi sul vetro delle grandi finestre che rivestono l'intero lato del soggiorno. È questa la stanza in cui abbiamo deciso di restare, non solo perché l'unica dotata di riscaldamento. Stare insieme ci fa sentire al sicuro, anche se per Julian ed Evie, seduti per terra accanto a me e con in mano una confezione di noodle istantanei, non dev'essere affatto semplice.

"Eric si accorgerà presto della nostra assenza, magari è in combutta con Laurence e l'uomo è pagato per seguirci".

Julian pensa questo mentre con le bacchette gira i noodle immersi nel brodo bollente: uno sbuffo di vapore colpisce la sua espressione irritata e in parte illuminata dal fuoco che ancora brucia all'interno del camino. Abbiamo riscaldato l'acqua dei noodle con un vecchio bollitore trovato nella cucina della villa, usando i carboni ardenti.

"Non abbiamo molto tempo, Nina deve dirci tutto sul sigillo. Dobbiamo fermare mio padre, non voglio che la situazione diventi irreversibile anche per..."

I pensieri di Evie sono più confusi, agitati. L'ansia è intervallata dai ricordi di un viso in particolare, che la ragazza rivede da ogni angolazione: è quello di Leonard Hans.

Nessuno di noi ha davvero fame adesso. Ci sforziamo di mandare giù qualche boccone e lo facciamo in un silenzio strano, che mima una parvenza di normalità, distorta solo dal fatto che siamo tre Shinri e che le menti dei fratelli Moss sono ormai dei libri aperti per me. Non voglio cedere alla tentazione malsana di ascoltarli tutto il tempo, anche se monitorare i loro pensieri, capire tutto ciò che provano nei confronti di ciò che ho fatto è un modo per placare il mio senso di colpa.

«Stai rischiando troppo con tutti questi pensieri su di lui» scatta infine Julian, dopo aver abbandonato la confezione mezza vuota di noodle sul tavolino in marmo accanto a me.

Il ragazzo si solleva in piedi per poi afferrare l'attizzatoio e spostare con decisione la legna all'interno del camino: un paio di scintille si librano veloci nell'aria, è ipnotizzante starle a guardare.

«Senti chi parla» sbotta la sorella.

Una sensazione di vuoto si avvolge attorno la bocca dello stomaco. Si riferisce a me e Julian?

Il biondo si volta a guardarmi per una frazione di secondo, ferito dalle parole della sorella ma incapace di frenare l'istinto di monitorare la mia reazione.

"Forse è meglio così, non ascoltarti farà meno male" pensa poi.

«Ebbene» procede Evie, dopo aver abbandonato la sua porzione di noodle accanto a quella del fratello ed essersi legata i capelli in una coda alta.

«Non stiamo rischiando di farci scoprire qui con te per niente: raccontaci meglio del patto che hai stretto con nostro zio».

È seduta per terra a gambe incrociate e mi fissa senza quasi battere ciglio.

"Anche se non possiamo leggerti la mente, Bambi, non sei nella posizione di raccontarci cazzate".

Pensa questo Evie mentre con la punta delle dita si tortura le labbra carnose. Le tracce del rossetto si disperdono sulla pelle. È nervosa almeno quanto Julian ma è molto più posata del fratello, che adesso cammina avanti e indietro lungo il polveroso pavimento in marmo della stanza.

Sospiro e abbasso lo sguardo.

«Sapevo che c'era qualcosa di strano al Nitfield: quando mia madre è andata via gli infermieri mi hanno sequestrato il telefono per poi condurmi nelle stanze del sotterraneo. È stato lì che ho incontrato Noordman».

«Che cosa ti ha chiesto di fare?» mi chiede Julian. Adesso è di nuovo piegato di fronte a me: è incapace di guardarmi ma so che la domanda riguarda in modo implicito la conseguenza vistosa che mi porto sul volto, la ferita che mi deturpa in questo modo così brutale.

«Stare dentro Onis il più possibile e lasciare che i dottori testassero il mio potere. Mi davano una specie di tranquillante che mi faceva dormire molte ore al giorno: mi svegliavo solo un paio di volte, appena il tempo di mangiare e fare una doccia. Ma poi ho perso il senso del tempo. Non riuscivo più a capire se fosse notte o giorno e poi quando mi svegliavo e uscivo da Onis avevo dei sintomi strani».

Compio una breve pausa, utile a lasciare che lo sguardo vaghi in un punto indefinito della stanza. Conosco bene il malessere che mi colpirà stanotte e sento già le prime avvisaglie; è dietro l'angolo e non vede l'ora di sbranarmi.

"Fammi indovinare" prosegue Evie nella sua mente ma guardandomi ancora dritta negli occhi, "anche tu in preda all'astinenza?"

Annuisco.

«Merda» impreca Julian sottovoce.

Guardo le sue dita affusolate chiudersi contro il palmo della mano per sfogare la rabbia.

«Noordman mi ha spiegato che questo sarebbe stato il prezzo da pagare per aumentare il potere e convincere mio padre a tornare qui».

Sento la vergogna travolgermi mentre sussurro queste parole.

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