Lucilla - Lo scontro - 2/2

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Mio fratello emette diversi colpi di tosse, poi in uno scatto solleva il busto come se si fosse appena svegliato da un incubo raccapricciante.

«Bene, si stanno riprendendo» commenta Emma, che è in ginocchio accanto a Elliot Black.

Leonard torna in piedi, è come frastornato.

«Tesoro, hai avuto un attacco epilettico» mormora mia madre, con una mano sollevata per cercare di raggiungerlo ma ancora insicura sul volerlo sfiorare davvero. Fa davvero fatica ad aggrapparsi a questa mezza verità, anche perché le luci danzano ancora in questa strana intermittenza intorno a noi e la spaventano parecchio.

Leonard afferra la mia mano e con rabbia mi trascina lungo il corridoio.

«L-lasciami, mi fai male».

«Zitta!».

La porta d'ingresso viene spalancata e Leonard mi lancia fuori, nell'oscurità della sera. Le luci all'interno della casa sfarfallano sulle nostre espressioni sconvolte. Ci guardiamo per un attimo, ansimando come pazzi.

«Dopo tutto quello che ho fatto per te, mi ripaghi così?» ringhia lui.

Ogni parola è uno schiaffo ben assestato sul volto.

«Lo sai che tutto questo è per lui!» urla, facendomi sussultare.

«Ma a quale prezzo!» urlo anch'io, per cercare di sovrastarlo ma è inutile.

Leonard trema di nuovo, entrambe le mani aperte compiono un movimento che conosco fin troppo bene: sta richiamando a sé il potere Shizen dell'aria. Socchiude gli occhi, sembra quasi calmarsi per un istante. Forse anche per lui questo potere lo riporta con i piedi per terra, gli regala un attimo di tregua. Come lo scorrere della mia acqua, sempre uguale e diversa al tempo stesso.

«Ti prego, fermati un attimo» lo imploro.

Possiamo ricominciare, vorrei aggiungere, ma non ne ho il coraggio. Perché forse non è vero, io non voglio ricominciare nulla che possa fare del male a chi voglio bene.

Le dita di Leonard fanno uno scatto e per un istante sembrano diventare deformi: è una posizione insolita e sbatto più volte le palpebre per assicurarmi di riuscire a vedere bene nonostante la semioscurità. 

Ma poi, secondo dopo secondo, capisco. 

La morsa intorno alla mia gola si fa sempre più presente, anche se è solo un effetto che il mio cervello sta creando per darsi una spiegazione razionale al fatto che tutta l'aria sta abbandonando i miei polmoni.

Sto soffocando.

Ora sono io a crollare in ginocchio, la vista si annebbia all'istante a causa dello sforzo di espandere il petto. Ma non succede nulla e i secondi passano inesorabili.

Posso quasi sentire il ticchettio di un orologio lontano, o forse sono i battiti del mio cuore.

Leonard, che cosa siamo diventati?

Sei pur sempre mio fratello.

Questi pensieri sono avvoltoi, volano sopra la mia testa e aspettano che io mi lasci andare, che smetta di lottare. Arrenditi, è lui il più forte. E non piangere, non farlo mai più davanti a lui.

«Basta!».

La voce di Elliot arriva da un punto lontanissimo. Non riesco a voltarmi, la vista è così annebbiata che ormai riesco solo a riconoscere il contorno di ciò che una volta era mio fratello.

Lentamente l'effetto svanisce. Sento i polmoni bruciare disperati, mentre l'aria li riempie di nuovo. Tossisco con forza, come fossero stati pieni d'acqua. Elliot è accanto a me e mi sfiora un braccio.

«Stai bene?».

Non rispondo, sono concentrata sull'immagine di Leonard di spalle.

No, non è lui il più forte. Non è così che si comporta chi ha la forza di resistere agli urti peggiori.

Oppure ha smesso di esserlo e ora la responsabilità passa a me.

Sento la rabbia travolgermi, vorrei urlare, cancellare ogni traccia di me e lui su questo pianeta. Voglio strappare mio padre al dolore, al germoglio che ha scatenato tutto, che l'ha intrappolato dentro il suo corpo.

Corro verso casa, mia madre è ancora in salotto, stretta in un abbraccio con Emma.

«Stai tranquilla, i ragazzi stanno bene» la voce della donna arriva ancora più confusa alle mie orecchie. 

Ma una parte lucida, nascosta da qualche parte dentro di me, ha già capito.

Ho poco tempo, devo sbrigarmi.

Una parte del mio cervello urla, vuole fermarmi a tutti i costi. Ma la rabbia è sempre più forte e vince su ogni gradino verso la camera da letto.

Entro e ho già la mano aperta. Le parole di mio padre mi guideranno e se non fossi così tanto in preda a questa sensazione violenta, piangerei a dirotto.

"Noi umani siamo fatti per il 75% di acqua, che scorre in tutti i nostri tessuti tramite le vene e le arterie".

"Il mio potere potrà controllare anche l'acqua degli umani, allora".

"Se sei abbastanza brava, sì. E io lo so che ce la farai".

Il bip del monitor urla anche lui, impazzito. La frequenza del cuore è così rapida che sembra una bomba pochi istanti prima della sua esplosione.

È così, allora, che potrò liberarlo: rallentando il flusso di sangue fino a... bloccarlo. 

La mia mano tesa di fronte a lui vorrebbe accarezzarlo un'ultima volta ma è anche lei contratta dal potere che fluisce.

Papà, adesso dimmi cosa devo fare. 

Come farò a combattere la tua mancanza, come farò senza le nostre passeggiate al bosco. Devi dirmi la persona che sarò dopo la tua morte, devi raccontarmi quanto profondo sarà questo solco, perché io ho paura. E non so nulla, senza di te.

«Lucilla?».

La voce tremante di mia madre mi colpisce alle spalle, come una freccia infuocata.

Crollo in ginocchio, il potere si spegne all'istante. 

E allora realizzo davvero ciò che stavo per fare.

Le urla non bastano a placare il dolore, che si espande nel petto con un riverbero infinito.

Non sarò mai più la stessa, papà. 


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Cari accademici, 

bentornati. 

Capitolo corposo questo qui, in cui scopriamo un po' il dark side di Lucilla e il suo rapporto con Leonard. 

Il POV di Lucilla continuerà ancora per un po' (un paio di altri capitoli) e poi passeremo al resto dei personaggi. 

Quale POV aspettate con più ansia?

Fatemelo sapere :3

La vostra,

Joey Tre


Light Academy - L'accademia di luceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora