Lucilla - La svolta - 2/2

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Due giorni dopo arrivo di nuovo davanti la villa abbandonata.

Sono le tre del pomeriggio e la fioca luce del giorno, costretta a filtrare attraverso un fitto manto di nuvole riesce comunque a rendere l'abitazione un po' meno tetra.

Oppure mi sto solo abituando a esserle così vicina senza farmi influenzare troppo dalla sensazione negativa che ogni volta serpeggia sottopelle prima di superare la soglia.

Sono in anticipo di dieci minuti rispetto all'orario accordato dopo lezione con gli altri, questo perché non ho ancora avuto modo di parlare da sola con Elliot dopo quello che è successo a casa mia e oggi vorrei rimediare. L'arrivo dei soccorsi e la tachicardia inspiegabile che ha colpito mio padre ci hanno allontanati del tutto. Elliot è andato via poco dopo, senza dire una parola. Forse è stato meglio così, perché non avrei saputo dargli alcun tipo di spiegazione su ciò che era appena successo.

Voglio capire che cosa Elliot sia riuscito a intravedere nella mente di Leonard, nel momento in cui entrambi sono caduti per terra, presi dalle convulsioni.

Busso più volte sul vetro opaco della porta di ingresso e per un attimo ho il timore di essere la prima, perché dall'altro lato non arriva nessuna risposta. Percorro il perimetro della villa per raggiungere il giardino interno e guardare così attraverso i vetri del soggiorno: se Elliot è lì, potrò attirare la sua attenzione più facilmente. La sua moto è parcheggiata sotto un pino dal tronco molto largo, le cui radici hanno sollevato il terreno in diversi punti. Non ho più dubbi quindi, è qui. Mi avvicino al vetro del soggiorno e porto entrambe le mani ai lati del volto, per riuscire a osservare bene l'interno nonostante l'oscurità. Dopo qualche minuto lo vedo attraversare il salotto: Elliot indossa ancora la divisa della Grand Chilton ma ha alle orecchie un paio di cuffie enormi, probabilmente accese. Le lenzuola che giorni fa coprivano il mobilio adesso sono tutte piegate in un angolo della stanza e il ragazzo sembra impegnato a rimuovere la polvere accumulata su ogni superficie di vecchio legno in mogano.

Picchietto l'indice sul vetro ed Elliot sussulta, probabilmente non si aspettava di vedermi arrivare così presto. Toglie le cuffie, lasciandole sulle spalle e raggiunge la porta finestra del soggiorno per farmi entrare.

«Ehi» mormoro una volta all'interno.

«Ehi» replica lui, muovendo le labbra in una smorfia di imbarazzo.

Come se non fosse già ovvio abbastanza si passa una mano dietro la nuca.

«Stavo dando una sistemata, magari ecco, se Nina dovrà stare qui per molto probabilmente... le farà piacere».

Io annuisco incerta, lasciando vagare lo sguardo lungo i mobili che ci circondano: una libreria piena di vecchi volumi, un tavolo, una cassettiera con specchio, un pianoforte a coda. E poi il divano color crema vicino il camino, l'unico elemento che conosco già. Tutto sembra raccontare una storia antichissima che non ci appartiene.

Elliot si schiarisce la gola, ancora più in difficoltà: nessuno dei due sa veramente come parlare del più e del meno.

«Vuoi una mano?» chiedo, indicando lo straccio ormai completamente nero che stringe in una mano.

Lui scuote la testa.

«Mi piace occuparmene, mi libera la mente».

Sorrido in modo forzato, raggiungendo così il divano e guardando dentro il camino di fronte a me: al suo interno ci sono solo cenere e carboni spenti.

«Sono venuta a chiederti di Leonard» mormoro.

Elliot sta spolverando la liscia superficie del tavolo ma si blocca all'istante, rimanendo di spalle.

Light Academy - L'accademia di luceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora