Nina - Caos e distruzione, ricordi? - 1/2

11 3 14
                                    

Le prime luci del giorno illuminano il volto di Julian Moss, che dorme steso per terra ai piedi del divano su cui ho passato la notte.

Il ragazzo respira piano e i riccioli biondi ricadono disordinati sui lineamenti del volto. È la prima volta che sono così distesi. Da sveglio il suo sguardo è sempre attento e sembra inghiottire ogni cosa. A volte è davvero difficile da sostenere, soprattutto quando è la rabbia a controllarlo. Ma adesso tutto tace, niente sembra scalfirlo.

Sono stesa sul fianco, la mano con la pelle ancora intatta è per terra, in una posizione forzata affinché le dita possano restare intrecciate alle sue.

Il bosco si sveglia: da lontano arriva il cinguettio indistinto di qualche uccello. Il verso si mischia allo stillicidio lento e regolare dei residui di pioggia sulle foglie degli alberi.

Non riesco più a dormire senza le medicine che mi davano al Nitfield. O forse una parte di me l'ha impedito affinché io non tornassi dentro Onis. L'instabilità è alta: la sento torturarmi le viscere, rendere il respiro corto e la vertigine ostinata. Odio la ferita e la sabbia nera che sta producendo a ondate sempre più ravvicinate. Non riesco a togliermi dalla mente le parole che Julian mi ha detto ieri sera e l'immagine dei suoi occhi sgranati quando le dita hanno sfregato la pelle del volto per cercare di liberarsi della sostanza che da Onis adesso riesce a viaggiare fino a qui, alla realtà che dovrebbe darmi sicurezza e che invece si sta sgretolando sempre di più proprio attraverso la ferita.

Sono un'anomalia, qualcosa da temere, destinata alla morte.

Questo ho intravisto negli occhi di Julian. Ma poi ci siamo baciati e di sera, quando si è steso per terra accanto al divano, è stata la sua mano a cercare la mia.

Che cosa sono davvero per lui?

Che cos'è Julian per me?

I pensieri sono confusi e si attorcigliano attorno al sigillo, al Julian che ho incontrato dentro Onis la prima volta in cui il sonnifero somministrato al centro medico ha fatto effetto.

Mi sono ritrovata nelle aule della Grand Chilton. Lui era lì, seduto al suo solito posto, di spalle e con il capo chino. Bloccato in una dimensione che è diventata la sua gabbia di potere. Il suo mondo.

«Finalmente hai deciso di aiutarci» ha sussurrato.

Il Julian vero, quello che ha dormito accanto a me, apre gli occhi e mi guarda — dissipando così il ricordo del suo doppio. Ha le sopracciglia aggrottate e l'aria di aver dormito malissimo, steso sul freddo pavimento della villa.

Ci guardiamo a lungo e in silenzio. Forse pensa che io abbia deciso di ascoltare ancora una volta i suoi pensieri e di superare così il limite che lui stesso ha ignorato tutto questo tempo.

Ma non voglio cedere al desiderio di controllo, non adesso almeno.

«Buongiorno» dico a mezza voce, sentendola così roca e impastata dal sonno.

Julian si stiracchia senza reagire al mio saluto; poi solleva il petto e resta seduto per terra, con le braccia poggiate sulle ginocchia piegate. Lo sguardo è perso oltre il divano, sulla vegetazione del bosco che abbraccia la villa Black e la tiene al riparo dal mondo. Restiamo così per un po'. L'imbarazzo ha fatto posto a qualcos'altro, una sensazione di quiete strana. Non ci ascoltiamo più con la forza.

Evie si precipita lungo le scale, fiondandosi così nel soggiorno. Ha passato la notte al piano di sopra e ora che è sveglia la sua energia caotica si diffonde ancora prima di dire qualcosa.

«Buongiorno piccioncini» prorompe poi, senza riuscire a trattenere un smorfia sarcastica.

«Perché cavolo indossi la divisa?» biascica Julian dopo essersi stropicciato gli occhi.

Light Academy - L'accademia di luceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora