Julian - Prigionieri dell'ansia - 1/2

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«L'esame di anatomia patologica richiede la raccolta di almeno cento referti istologici e quindi è questo il motivo per cui siamo stati mandati qui: abbiamo bisogno dell'accesso all'archivio e di corrente elettrica per i nostri laptop. Se tutto va bene, finiremo entro un paio di ore».

Alina Maleko, che adesso è Pele Zahar, si sforza di mostrare tutti i suoi decantati diciannove anni esprimendosi con estrema calma. Con una mano agita i documenti contraffatti dell'università di Edimburgo davanti il naso del tirocinante lasciato a marcire alla reception durante il turno più lento della settimana, quello del sabato mattina.

Il ragazzo, vero ventenne e con molta meno calma di lei, ci guarda con sospetto. Legge appena i fogli che Alina gli passa con attenzione e poi storce il naso: niente della sua mimica facciale ispira qualcosa di positivo. Si sofferma su Evie, la più giovane del gruppo: è davvero difficile credere che abbia quasi vent'anni.

«Non ero a conoscenza di nessun gruppo di ricerca universitario, devo chiedere al mio superiore» farfuglia confuso, mentre le guance sono diventate di un rosso vivo, che stona con il pallore del suo viso.

Poi solleva la cornetta di un telefono fisso e preme un pulsante.

Nei secondi di attesa, Alina si piega verso di lui.

«Oggi la responsabile dell'accettazione dovrebbe essere Eloise Wilson, giusto?»

Il ragazzo deglutisce, annuendo con un paio di occhi sgranati: non si aspettava che Alina conoscesse il nome del suo capo. In effetti è davvero notevole la quantità di informazioni che si riescono a recuperare con un computer e una connessione internet.

Il telefono squilla per un po' ma nessuno dall'altra parte sembra intenzionato a rispondere.

«Probabilmente è ancora impegnata con i corsi di aggiornamento di dermatologia, so che si tengono sempre il primo sabato del mese» aggiunge Maleko, con una nonchalance ineccepibile.

Il ragazzo alla reception sbatte le palpebre più volte, adesso è davvero confuso. Abbassa la cornetta e poi torna a studiare i documenti contraffatti.

«È la prima volta che vi occupate di una ricerca del genere?» chiede poi con voce bassa, sembra quasi risentito del fatto che nessuno al Nitfield lo abbia preparato a questa eventualità.

Lucilla si schiarisce la gola, è il segnale che ora tocca a lei recitare la sua parte.

«L'anno scorso ma con un altro gruppo, per la facoltà di microbiologia. Credo che il procedimento sia praticamente lo stesso: l'addetto all'archivio ci ha fatto firmare un contratto per la privacy dei pazienti e poi ci ha lasciato in archivio due ore».

I tratti del volto del ragazzo si distendono un po', complice forse l'accento di Lucilla che gli suona familiare.

«E va bene, vi accompagno in archivio: lì sapranno cosa fare con voi» mormora, aprendo un cassetto ed estraendo una tessera molto simile a quella che abbiamo già, «seguitemi».

Raggiungiamo così otto ascensori di diverse grandezze, disposti su due file da quattro, una di fronte all'altra. L'addetto alla reception infila la tessera in una piccola fessura sulla parete e di colpo uno degli ascensori spalanca le porte. Il movimento è accompagnato da un bip di conferma.

Il receptionist è l'ultimo a entrare, poi l'indice preme il tasto "-1" e le porte si chiudono. Siamo diretti al seminterrato, il piano delle tre stanze nascoste, il luogo che più abbiamo studiato negli ultimi giorni. Sento un vuoto improvviso al centro della pancia: tutto sta diventando reale e la speranza di ritrovarla cresce incontrollata. È passato un fottuto mese e ogni giorno senza di lei, senza sapere dove sia finita – se qui o dentro Onis – si abbatte come una furia.

Light Academy - L'accademia di luceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora