Alina - Ricerche - 1/2

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Le ricerche procedono senza sosta, le prime notizie circolano sui giornali e sui notiziari locali.

Tutto sta diventando sempre più reale.

Al caso partecipano il distretto di Ladby e quello di Edimburgo. Dal Nitfield Medical Centre e dalla Grand Chilton oggi sono partite due spedizioni di ricerca organizzate dalla polizia locale e dagli abitanti del luogo, per la maggior parte colleghi e amici di Zoe, così come i genitori di molti studenti della Grand Chilton.

Stringo la mia torcia tra le mani e la punto sulla moltitudine di foglie secche sparse sul terreno. Sono le cinque del pomeriggio ed è quasi buio ormai. Abbiamo camminato per un bel po', attraversando le strade di Ladby ancora immerse nell'umidità della pioggia che è caduta durante tutta la notte precedente. A causa del meteo non hanno potuto usare i cani molecolari per intercettare l'odore di Nina.

Lucilla Hans cammina da sola a qualche metro da me, con lo sguardo basso. Al posto di una torcia ha in mano una candela. Scelta molto strana, dato che non siamo nel medioevo. Ogni tanto porta una mano davanti la fiamma per proteggerla dalle folate di vento improvvise. Dietro di lei, Julian ed Elliot camminano uno accanto all'altro: entrambi hanno le mani nelle tasche delle loro giacche e ogni tanto sollevano lo sguardo verso me e Lucilla. Ho come l'impressione che ci stiano studiando.

Dov'è Evie?

La sua reazione ieri alla stazione di polizia mi è sembrata così strana. È come se fosse contraria a una scelta invece fatta da Julian. Nascondono sicuramente qualcosa e oggi ho intenzione di scoprirlo andando al Cigno Nero con loro, alla fine di questa spedizione di ricerca.

Omettere questo particolare a Zoe è stato più difficile del previsto. Le sue urla mi hanno svegliato di soprassalto nel cuore della notte. Sono corsa in camera sua e l'ho trovata seduta sul letto, con una mano premuta sul petto e l'altra sulla fronte, con il respiro corto e uno sguardo veramente difficile da sostenere. Sono corsa da lei per abbracciarla forte. Ha impiegato un po' a calmarsi, l'ha fatto ancora stretta a me. Non ci siamo dette nulla, le parole sono difficili da usare in momenti come questi e poi ho la sensazione di doverle "conservare" per quando sono richieste davvero, come davanti l'agente Welsh o per rispondere alle domande di chi Nina la conosceva poco.

So che è una bugia temporanea, serve a guadagnarmi la fiducia di questi ragazzi e a smascherare finalmente le loro intenzioni.

Le parole non bastano.

Mi servono delle prove, qualsiasi cosa che possa indirizzare le ricerche della polizia verso la strada giusta. Forse sono proprio qui, a pochi passi da me, in questa strana ragazza dalle spalle ricurve e i capelli così neri da inghiottire anche la luce della torcia che le punto addosso. 

Rallento il passo.

«Più tardi al Cigno Nero, vero?»  chiedo quando le sono abbastanza vicina da poter bisbigliare.

Lucilla è come scossa, forse non si aspettava che le rivolgessi la parola. Annuisce con fare guardingo.

«Scusami, è che sentire urlare il suo nome mi fa uno strano effetto».

«Sto cercando di non pensarci, non è facile» mormoro.

Mi volto di nuovo per incrociare lo sguardo di Julian ed Elliot. C'è una strana connessione tra loro, qualcosa che non saprei articolare se non solo tramite una sensazione inspiegabile, che mi mette i brividi.

«Tuo fratello come sta?» chiedo.

Lucilla rallenta il passo e alza un sopracciglio. La sua mente sembra fare un calcolo rapido per giungere al dettaglio a cui voglio arrivare: sì, anche se ubriaca ho assistito anch'io all'incidente. E ora voglio sapere, perché sono più che sicura che tutto questo abbia a che fare con la scomparsa della mia migliore amica.

«Meglio, verrà dimesso a breve».

Annuisco, continuando a guardarla. Da qualche parte su internet una volta ho letto che per far parlare una persona basta a volte non fare domande dirette ma solo restare in silenzio, lasciarla da sola con i suoi pensieri e i suoi sensi di colpa. Sarà quella persona a parlare proprio per liberarsene.

«I dottori non sanno ancora che cosa abbia avuto, probabilmente un collasso a causa di un mix di alcol e droga sbagliato».

«Credo di aver visto ben altro» replico gelida.

Il suo volto diventa ancora più pallido. Lucilla si morde un labbro, poi sposta lo sguardo sulla fiamma della candela. La fissa con intensità, sembra come rapita dal modo in cui il fuoco si libra leggiadro nell'aria.

«Arrivati al pub della mia famiglia ti spiegheremo tutto. Anch'io tengo molto a lei, sai?».

C'è un rancore latente che striscia nella sua voce pacata: Lucilla Hans è mangiata dal senso di colpa.

Deglutisco, mi sento anch'io una nullità. Avrei potuto insistere di più e non accusarla di non meritarsi il posto alla Grand Chilton. Forse se fossi stata più paziente mi avrebbe raccontato tutto.

Invece ora siamo qui, a urlare il suo nome nel vento e nella pioggia che ha ricominciato a scrosciare noncurante di lavare via tutto, anche il suo odore.

La candela di Lucilla si spegne. 

Dove sei, Nina?


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