XLV

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Chapter forty-five: "It doesn't matter."

[Harry papà e mio figlio]

Dopo circa due ore, Gemma e i ragazzi se ne andarono, lasciando me ed Harry da soli.

"Adesso ho capito perché volevi farmi restare!"
Pulii il tavolo.

"Ah sì?! Ci sei arrivata finalmente!"
Ridacchiò lui andando in cucina con delle bottiglie in mano.

"Certo. Per aiutarti a ripulire tutto questo casino."
Risi.

"Non è carino, che tu dica questo."

"Non è carino che tu abbia insistito per tua sorella. Ecco, questo non è carino."
Mi sedetti sul divano, stanca dal lavoro che avevo fatto.

Il mio corpo resisteva sempre meno, e in effetti era da molto che non correvo nemmeno.

Poi l'idea.

Dopo essermi cambiata con una tuta comoda scesi le scale, avviandomi verso la porta d'ingresso.

Nell'esatto momento in cui Harry uscì dalla cucina, -dato che stava ancora rimettendo a posto tutto-, mi vide, e sembrò incupirsi leggermente.

"Cloe cos-cosa stai facendo?"

Gli sorrisi maliziosamente, continuando ad indietreggiare verso la porta.

Si avvicinò a me, fino a che non mi si fermò davanti.

La mia mano era ancora sul pomello della porta, che lo stava girando lentamente.

Gli diedi un piccolo bacio sulle labbra.
"Riprenditelo ora."

Ci sono infinite cose tra la vita e la morte. Voglio dire...ci sono un sacco di scene che si provano dal periodo in cui nasciamo al periodo in cui muoriamo.
E che il ciclo sia lungo o breve, c'è una, o meglio dire tante, piccole cose che proviamo, una diversa dall'altra, in ogni momento: le emozioni.

Ci sono infinite emozioni che si provano dal periodo in cui nasciamo al periodo in cui muoriamo.

La felicità, la tristezza, l'odio, l'amore, stupore, ribrezzo, ansia, eccitazione, e io ed Harry eravamo il punto medio di tutte queste sensazioni.

Incredibile come la matematica ricorra sempre in tutto.
Io ed Harry eravamo il punto dal quale passano infinite rette, che a loro volta rappresentavano un'emozione.

Ma c'era invece un fattore che non avevo ancora calcolato, o lo avevo lasciato in disparte fino ad adesso, oscurandolo alla mia vista.

La pioggia.

Il sole.

Le montagne.

Il mare.

L'aria.

Il vento.

La sabbia.

Gli amici.

I litigi.

I sapori.

Gli odori.

La libertà.

Ed era il tempo di provarla, finalmente.

Aprii la porta di scatto, uscendo fuori dall'abitazione di Harry di corsa.

Sentii la porta sbattere, segno che Harry mi stava seguendo, o mi aveva chiusa fuori.
Quando però i passi forti del riccio mi arrivarono alle orecchie, risi.

Risi di me stessa.

Risi di Harry, che stava al mio gioco.

Risi della mia famiglia e dei miei amici, che non sapevano niente di ciò che stavo passando.

Risi della gente, perché nessuno era come me, nessuno era come Harry.

Risi del mondo, perché cavolo, doveva invidiarci davvero tanto.

Nonostante le gambe di Harry fossero lunghe e muscolose, ero determinata nel non farmi prendere.

Feci il giro di tre isolati, senza mai fermarmi.

Senza smettere di stupirmi di me stessa.

Senza essere presa da Harry.

Mi fermai, per vederlo piegato sulle ginocchia mentre riprendeva fiato a fatica.

Lo imitai, se non mi fossi fermata sarei sicuramente svenuta.
Tanto per farvi intendere la resistenza fisica delle donne.

Mi sedetti a terra, incurante delle foglie ormai cadute e del marciapiede freddo.

Il cielo non prometteva bene, come sempre.

E come sempre dopo qualche minuto che riprendevamo fiato, si mise a piovere.

Risi, guardando la figura di Harry rimasta lì.

Decisi di alzarmi in piedi e raggiungerlo.

Gli diedi un altro bacio.
"Hai perso la sfida."

"Tu sei pazza."
Disse tra un respiro e l'altro.

Sorrise.
Sorrisi.

Mi baciò.
"Sei anche fantastica."

Mi abbracciò.

Ricambiai circondando il suo busto con le braccia e poggiando il mento sulla spalla.

Ripensando alla realtà, ero pazza davvero per essere innamorata del mio rapitore.

Ero pazza davvero a non essere scappata da lui.

Ad averlo anche coperto.

Il mio sorriso si fece via via più flebile ed insicuro, fino a scomparire.

"E ora, andiamo a casa!"
Mi sollevò prendendomi in braccio e tornando indietro.

Risi per un attimo, forse in parte una risata anche forzata.

Tanto lui non lo avrebbe mai saputo, del fatto che avevo dei dubbi.

Tanto lui non avrebbe mai saputo niente.

Mi chiesi quanto e se, quando questo sarebbe tutto finito, avrei sofferto.

OH, TELL ME WHAT WE'RE FIGHTING FOR!

Broken Pieces mi è stata d'ispirazione, insieme alla Vita di Giacomo Leopardi, per questo capitolo.

Non riuscivo a modificare capitoli e stavo per uccidermi, quando la mia testolina mi ha illuminato urlandomi la parola LOGOUT.

Beh, grazie testolina *-*

PERFAVORE ANDATE A LEGGERE REBELS? HA POCHISSIME VISUALIZZAZIONI E NON SO SE CANCELLARE O MENO LA STORIA :((

Beh, vado in palestra e buona lettura.
(Capitolo corticcio eh?!)

His Prey //H.S.//Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora