15 - 9 - 1999

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Eccomi di nuovo qui, altro giorno, altre disavventure. Da quando è finita la scuola è così, tutto si sta appesantendo, qualsiasi situazione mi si presenti nasconde delle problematiche da risolvere. Ho sempre sognato il momento in cui mi sarei trovato libero dagli impegni scolastici, mi solleticava l'idea di poter creare e guadagnare con le mie passioni. I miei genitori si stanno rivelando uno dei più grossi di questi problemi. Mio padre diventa sempre più pesante, con il passare degli anni il suo carattere si sta ulteriormente irrigidendo. Da quando è andato in pensione si alza la mattina, si guarda intorno e inizia a criticare qualsiasi cosa appartenga ai giorni nostri. Tutto quello che è contemporaneo è sbagliato e va demonizzato. Il cibo per esempio, non è più quello di una volta. Le auto, le moto ma anche gli elettrodomestici, non durano tanto a lungo quanto quelli dei suoi tempi. Le persone, non sono più quelle di una volta, noi giovani? Per lui noi siamo la cartina tornasole di un epoca che sta distruggendo gli ultimi valori rimasti. I suoi pensieri sono sempre più assoluti. E io e mio fratello siamo le sue vittime preferite. Emilia è quella che si salva, è la più grande, sta completando un percorso di studi in medicina e anche se "...i medici non sono più quelli di una volta..." Lei quantomeno rientra nella "normalità". Marco è il più piccolo, subisce anche lui le lapidarie sentenze di papà ma trascorrendo le sue giornate a scuola sta meno tempo in casa. Chi è quello che alla fine lo dovrà sopportare? Eccomi, anche perché, per lui sono proprio io l'archetipo del "giovane di oggi". Così, questa mattina, alle 8:00, orario limite oltre il quale non mi è concesso dormire, ancora avvolto tra le coperte sento i miei parlare. L'inconfondibile voce di mio padre che sentenziava "...tuo figlio dovrebbe trovare un lavoro. Passa le giornate a giocare al computer o bighellonare fuori con quei suoi amici scansafatiche. Si sta perdendo, noi lo stiamo rovinando! Ai miei tempi tutti lavoravamo. Alla sua età...zzzzzzz". A furia di sentirgli ripetere più o meno le stesse cose, ho sviluppato in testa un filtro automatico che trasforma la sua voce direttamente in un ronzio. Anziché essere fiero di suo figlio che trascorre le giornate davanti ad un monitor per migliorare e approfondire linguaggi informatici più evoluti e che ha dei talenti abbastanza riconosciuti, si lamenta come se fossi un figlio fallito, uno spacciatore oppure uno di quelli che passano le giornate a giocare a carte e bere birra in qualche bar scalcinato. Provare a farlo ragionare? Contraddirlo? Mai! Sarebbe l'inizio di un calvario. Quelle poche volte che è capitato dopo una sfuriata esagerata ha borbottato per settimane. Gli sfortunati interlocutori che malauguratamente si trovano a parlare con lui, sono costretti ad ascoltarlo fino alla fine dei suoi discorsi. Per questo motivo mia mamma gli dà ragione e annuisce per tutto il tempo, come se fosse un'omelia da non interrompere per evitare complicazioni.
Dopo aver fatto colazione ho trovato un pretesto per uscire di casa il prima possibile. Oggi proprio, con tutti i pensieri che mi balenano in mente, non posso ascoltarlo. Volevo andare da Lorenzo Lucido, uno dei due miei migliori amici per mostrargli F1M, la mia ultima creatura informatica. Ero appena sceso quando voltato l'angolo mi ritrovo faccia a faccia con il signor Biro. Il suo sguardo severo mi ha paralizzato per un attimo. Ho cercato di svicolare cambiando il mio percorso ma era troppo tardi. Iniziò a parlarmi con tono autoritario "Tu, giovanotto, hai tolto la pace in casa mia! Mia figlia non fa altro che piangere, non mi ha fatto chiudere occhio per tutta la notte...questa mattina non è neanche andata a scuola". Bene, che dire? Non bastava mio padre oggi. Aggiunse "adesso vai subito a casa da lei e fate pace!" Come se fossimo dei bambini che hanno litigato per un giocattolo. Ma provare a spiegare meglio le cose all'avvocato Biro non sarebbe stata la decisione più saggia. Così, rassegnato, ho cambiato programma e promesso di andare subito da Laura. Magari parlandone ancora la rottura può essere più indolore. Durante il tragitto incontro Lorenzo, ne abbiamo approfittato per prendere un caffè insieme. Mi ha parlato del corso di laurea in lettere moderne, le lezioni, i colleghi e soprattutto le colleghe. "La facoltà di lettere è piena di sventole, ovunque ti siedi in aula ne sei circondato" ha esclamato con gli occhi pieni di luce. Io gli ho parlato del mio progetto F1M, era esaltato dall'idea di provare il nuovo gioco. Così gli ho lasciato il CD. Tra una chiacchiera e l'altra mi sono ricordato di Laura, ho guardato l'orologio, erano già le 12:30, senza accorgermene erano volate via quasi due ore. Dopo aver salutato Lorenzo mi sono precipitato verso casa di Laura, non molto lontana dal bar. Appena arrivato davanti all'ingresso vedo parcheggiato lo scooter di Francesco Bono. Ho sentito i nervi affiorare, non credevo ai miei occhi. Francesco è un mio ex compagno delle scuole medie ultra ripetente e arrogante, tutte le volte che sto con una ragazza tenta di soffiarmela via. Non ci è mai riuscito. Oggi sta sicuramente approfittando della situazione per conquistarla consolandola. Riflettendoci bene lui non poteva ancora sapere della mia decisione, oggi Laura non è andata neanche a scuola. Sarà stata lei a chiamarlo. Ma non mi importa più adesso. In quel momento però, l'ho sentito come un affronto, un tradimento. Come può una ragazza piangere tutta la notte perché il ragazzo l'ha lasciata e la mattina seguente far salire un altro ragazzo? E poi che ragazzo. Francesco fa lo spaccone, suona la chitarra in una band locale, può sembrare interessante alle ragazzine ma se poi ci scambi due chiacchiere ti rendi conto che è un sempliciotto. Non riesce neanche a mettere due parole di seguito in italiano senza inserirne altre due in dialetto, oltretutto ha anche la esse di pezza e la erre moscia. Come ha potuto Laura arrivare a questo punto? Preso dalla rabbia, sicuro del fatto che il signor Biro e la moglie non fossero in casa, mi attaccai al citofono. Nessuna risposta, riprovai con insistenza, sono sicuro che dal videocitofono mi stava guardando. Prima di andarmene infuriato ho fatto un ultimo tentativo, senza alcun riscontro. Tornando a casa mi sentivo ferito ma in fondo non volevo più stare con lei, ognuno per la sua strada ora, quindi, che faccia quello che vuole. Da oggi, capitolo Laura chiuso.
Nel pomeriggio sono stato a casa di Federico, un altro mio caro amico e compagno di scuola, ci siamo organizzati per un fine settimana sull'Etna, lui ha la casa di campagna libera. Andremo con Lorenzo e altri amici. Sarà una buona occasione per staccare un po' la spina da tutto. Ti racconterò presto. Adesso proverò a schiodare mio fratello dal mio computer. A presto quaderno...

Nei panni di una donna - il diario dimenticatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora