Mi sembrava strano non aver ancora beccato un collega stronzo. Da quando ero più piccolo, tutte le persone più grandi di me mi hanno sempre parlato di colleghi stronzi. Anche io ne avevo già beccato qualcuno alla Sanisoft, Claudio per esempio, che però alla fine sono riuscito a gestire in qualche modo. In questo caso ho Enrico Bosco. Proprio il mio coinquilino che insospettito dai miei orari serali, ha iniziato a pensare che faccio straordinari al lavoro per fare di più e mettere in cattiva luce i colleghi. Questa mattina mi ha lanciato una frecciatina quando stavo uscendo di casa, <<sempre di fretta la mattina! devi arrivare prima per dimostrare di essere il primo della classe?>>. Mi ha colto di sorpresa, raramente mi rivolge la parola. Ho risposto cercando di essere meno aggressivo possibile, <<io scendo quando mi va! Mi piace arrivare in orario e fare le cose con calma, non trovo alcun piacere a stare chiuso in camera per poi arrivare in ritardo>>,
<<tanto lo sanno tutti ormai, la sera fai le ore piccole davanti al tuo computer per finire prima degli altri>>,
<<io faccio le ore piccole perché a casa non ho nulla da fare e non ho neanche un computer o una connessione>>, ho risposto infastidito. Ho capito perché era nervoso e cosa mi volesse dire. Sicuramente è tra quelli che hanno subito una lavata di capo da Oliviero che mi avrà "gentilmente" menzionato come esempio da seguire.
<<inutile continuare a negare, è così evidente la cosa. L'ho detto a tutti che torni a casa la notte pur di finire prima degli altri. Cosa vuoi ottenere? Vuoi far licenziare qualcun altro? Pensi che siamo tutti stupidi li?>>, ha proseguito infervorandosi. Non sono riuscito più a trattenermi, mi aveva spiazzato e ho perso la pazienza, <<non sono per niente stupidi lì! Penso che l'unico stupido sia proprio tu. Io faccio le ore piccole per questioni mie. In ogni caso a te non deve importare come impiego il mio tempo. Consegno i lavori entro i termini. Sei tu che non ci arrivi, quindi il problema è il tuo, prenditela con te stesso e non come>>. Ho chiuso la discussione e sono andato via sbattendo la porta, senza lasciargli il tempo di replicare nuovamente.
Al lavoro l'ho incrociato due volte nel corridoio e non mi ha neanche guardato. Poi, alla consueta riunione del venerdì pomeriggio me lo sono ritrovato vicino. È nel mio stesso macro gruppo di lavoro.
Oliviero ha iniziato la riunione con il solito colpo di scena, proiettando sul tavolo un'anteprima molto definita e dettagliata del gioco, con tanto di grafica del menù iniziale. Con un joypad ha simulato una partita intera. Destreggiandosi tre le case di Stalingrado, cercando di inseguire e uccidere il generale dell'Armata Rossa. Il gioco sta prendendo forma, si comincia a capire meglio anche graficamente la dinamica del gioco. È molto fluido ma ancora povero di opzioni, oggetti ed eventi. C'è ancora molto da lavorare, sui comportamenti dei nemici e degli alleati, sui mezzi e le armi. E poi mancano tantissime ambientazioni. Oliviero ha accelerato i tempi mostrandoci prematuramente una missione per spronarci e darci la carica. Vuole sempre il massimo da noi ed evidentemente non è affatto soddisfatto, soprattutto dai tempi. Siamo indietro di due settimane rispetto alla tabella di marcia.
Dopo questo inizio scoppiettante con tanto di applauso, Oliviero, come sempre, ha iniziato a parlare degli aspetti negativi. I tempi, appunto. Ha citato vecchi progetti ed esperienze della Ubivision che io non conoscevo, facendo notare come, ai fini commerciali, sia importante rispettare le tempistiche per non essere battuti sul tempo dalla concorrenza. Basta poco per non essere più presi in considerazione da una grossa casa distributrice e rimanere nell'ombra.
Ha chiesto a tutti di fare uno sforzo maggiore per riuscire a rispettare i cronoprogramma. Poi ha elogiato me e Daniele, sottolineando il fatto che siamo i pochi a rispettare le scadenze e che la sera non andiamo via se non finiamo. A quel punto ho sentito addosso gli occhi di tutti. Era chiaro, si percepiva un atmosfera di antipatia. Sicuramente quell'incapace di Enrico ha detto a tutti che faccio le ore piccole da un mese a questa parte. È una situazione molto delicata. Il rapporto con i colleghi rischia di incrinarsi gravemente. Di Enrico non mi importa molto ma degli altri si. Già conosco poca gente in questa città, se pure il rapporto con i colleghi al lavoro diventasse pesante mi troverei in serie difficoltà. Dovevo rimediare. Così alla fine della riunione, anziché rinchiudermi nella stanza a lavorare sono rimasto un po' a gironzolare vicino l'ingresso. Ho pensato di andare via in orario come la maggior parte dei colleghi. Sono sceso al bar, ho fatto la telefonata di rito ai miei genitori dalla cabina e poi una passeggiata per le vie del centro. Era presto per andare a casa e non ne avevo voglia. Enrico mi aveva visto uscire dalla Ubivision, quindi anche non vedendomi tornare a casa non penserà che sto lavorando. Almeno spero. Ma non posso preoccuparmi di quello che pensa lui.
Dopo un paio di giri ho visto un internet point, ero tentato, ho esitato, mi sono ricordato le parole della Polizia Postale, dovevo stare lontano dalle chat. Ma a me andava di chattare. Ne avevo proprio voglia. Ho deciso di entrare. Basterà comportarsi bene e basta. Sono entrato e mi sono seduto in una postazione, ho fatto l'accesso con il mio solito nick ma dopo dieci minuti di frustrazione ed emarginazione non ho resistito alla voglia di rimettermi nei panni di una donna. Ho cambiato nick, veronica80an è tornata e come per magia hanno iniziato tutti a scrivermi. Ho tirato un respiro di sollievo, finalmente, ero in astinenza. È diventata una droga per me è come se cercassi qualcosa che mi manca. Ho parlato con tantissima gente, maschi e femmine di ogni età. Con alcuni che ci andavano più pesante stavo anche un po' al gioco. Mi sono divertito ed il tempo è volato. La chat è il posto in cui mi sento leggero e tiro fuori quello che ho dentro senza rifletterci troppo.
Adesso, invece, sono seduto sul letto e non riesco a dormire. In questa maledetta casa non ci voglio più stare. Devo trovare un'alternativa al più presto.
STAI LEGGENDO
Nei panni di una donna - il diario dimenticato
RomanceUn viaggio negli anni '90, attraverso il diario di Alberto, diciannovenne con un'attiva vita sociale, genio dell'informatica e cultore dei videogames, che per inseguire il suo sogno andrà a lavorare lontano da casa. Inizialmente elettrizzato dall'id...