1 - 10 - 1999

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La settimana procede bene, al lavoro mi iniziò ad ambientare. Ho conosciuto meglio i colleghi del reparto di sviluppo e con Anna, la segretaria, prendiamo il caffè insieme ogni mattina. Mi racconta sempre pettegolezzi relativi ai dipendenti della Sanisoft. Sembra distratta ma non le sfugge mai nulla. Sa proprio tutto di tutti.
Anche con Claudio le cose vanno bene, adesso ha fatto sistemare nel tavolo accanto al suo il vecchio computer che avevo i primi giorni al piano di sopra. Così mi invia delle piccole parti da sviluppare e posso aiutarlo realmente. Spesso mi invita fare delle pause o di approfittare della connessione per navigare liberamente, anche per scopi personali. Mi da anche la possibilità di uscire un ora prima la sera. Meglio di così non avrei potuto sperare.
Tutto sommato sto anche imparando qualcosa, e anche se non sarò mai uno sviluppatore di software per la sanità, in qualche modo queste informazioni mi torneranno utili per altro. L'informatica è così, quando programmi fai uso di tutto quello che sai. Una volta, ad esempio, stavo sviluppando un piccolo platform game, uno di quei giochi in stile Super Mario Bros in cui il protagonista deve compiere una missione saltando su varie piattaforme ricche di ostacoli e nemici. Avevo in quel caso la necessità di far cadere degli oggetti appuntiti sul giocatore ma solo da un certo momento in poi. Ero alle prime armi e per una settimana intera ho fatto diversi tentativi, alla fine ho scoperto che bastava un semplice conto alla rovescia. Quando il giocatore passava da un determinato punto del monitor, toccando un oggetto invisibile, azionava il conto alla rovescia e improvvisamente dopo i secondi stabiliti iniziavano a cadere degli spuntoni di metallo dal soffitto.
A volte le soluzioni sono proprio elementari ma bisogna sapere che esistono, l'esperienza aiuta a ragionare nel modo giusto.
Se il lavoro procede bene, non posso dire lo stesso di Alessia. Non riusciamo a vederci tanto spesso. Tra il mio lavoro e i suoi impegni universitari è veramente difficile. Quello che mi preoccupa è che ne io ne lei ci sforziamo di fare qualche sacrificio in più pur di vederci, anche solo per dieci minuti. In fondo abitiamo nella stessa città e ci muoviamo con mezzi propri. È strano, non ho molta voglia di andare a cercarla in facoltà durante la pausa pranzo, preferisco mangiare con gli altri e non stressarmi affrontando quaranta minuti di traffico urbano. Anche lei fa lo stesso. In questi casi credo che le questioni siano due: o la storia non è ancora decollata, oppure nessuno di noi è abbastanza preso dall'altro. Nel week end ci vedremo e cercheremo di capirlo insieme.
Almeno riusciamo a sentirci ogni sera, ci raccontiamo un po' di cose della giornata appena trascorsa ma non conosco i suoi colleghi ne lei i miei amici. Siamo ancora in fase di studio. Mi chiede ogni sera di andarmi a comprare uno di questi telefoni portatili da cui si possono inviare gli SMS. Capisco che sarebbe comodo scambiarci messaggi durante la giornata ma non deve diventare un problema per la nostra relazione. Tutte le generazioni che ci hanno preceduto ne hanno fatto a meno, per noi invece è così indispensabile? È solo un segnale di insoddisfazione. Ho paura che ci sia qualcosa che non va. Magari è corteggiata da qualcun altro. Non so. Mi darebbe molto fastidio.
In serata ho chattato un po' con Valerio. Dice di aver dato il curriculum al suo capo area e di avergli parlato di me. Lui cerca un programmatore di esperienza da gennaio. Spero che mi terrà in considerazione.
Sto anche cercando di realizzare un nuovo gioco, vorrei inventare un rompicapo per Game boy o Game Gear. Ci penso da giorni ma non ho ancora avuto l'intuizione giusta. Non mi sono mai confrontato con questo tema. Eppure uno dei miei giochi preferiti è proprio il re dei rompicapi, Tetris. Penso a come il russo Alexy Pajitnow, ingegnere informatico che lavorava per il dipartimento aerospaziale dell'Unione sovietica, partorì il suo capolavoro pensando ad un giochino diffuso in Russia chiamato pentomino. Consisteva nell'unire dodici forme differenti fino a che non si riusciva a realizzare un quadrato perfetto. Alexey comincia a trasferire il concetto del pentomino sul suo processore. Un'impresa veramente ardua che lo costrinse a diminuire i pezzi di gioco da dodici a quattro. Il russo, ispirandosi come spesso faceva a menti come Newton, Einstein e Galileo arrivò presto alla soluzione, la forza di gravità. I pezzi, chiamati tetramini, cadevano dall'alto per posarsi sul fondo. Ogni volta che i tetramini riuscivano a riempire una linea intera da destra a sinistra, questa veniva eliminata assegnando al giocatore un punteggio. Ovviamente i pezzi potevano anche essere ruotati. La regola che Alexey decise già da subito fu quella del tempo infinito, un giocatore più era bravo e più avrebbe continuato la propria partita. Tetris riusciva a tenere incollati allo schermo tutti i colleghi di Alexey e nel giro di poco tempo tutta Mosca ci giocava. la voglia di giocare viene amplificata dal fatto che il Tetris non premia, ciò che si fa di buono viene eliminato e rimangono sul fondo solo gli errori che alimentano il desiderio di continuare a risolvere. Ma non basta inventare un bel gioco. È necessario che qualcuno lo produca. Era 1985, esattamente quattordici anni fa, per caso alla fiera Consumer Electronic di Las Vegas, Henk  Rogers, designer della Nintendo che girava il mondo alla ricerca di novità, si trovò a provare il Tetris, né capí le potenzialità e fece i salti mortali per ottenere i diritti. Dopo una lunga contrattazione riuscì ad avere i diritti in tempo per l'uscita ufficiale del Game Boy. Fu un successo planetario.
Io sono in grado di programmare un gioco come Tetris, milioni di programmatori lo sanno fare, non è la tecnica che fa un grande gioco ma le idee.
Mi si chiudono gli occhi. Credo che dormirò adesso, magari, qualche idea mi verrà in sogno.

Nei panni di una donna - il diario dimenticatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora