Non sto nella pelle, mi ha telefonato Valerio. Mi ha comunicato che il capo della Ubivision vuole incontrarmi per il colloquio di lavoro. Se andrà bene mi prenderanno a lavorare lì. È il mio sogno entrare in una software house per lo sviluppo videogames. E poi lavorare, significa ricevere dei compensi. Dovrò mettercela tutta, mi concentrerò su questo colloquio, Valerio mi farà sapere che tipo è il suo capo e quali sono le nozioni che devo dimostrare di conoscere.
Dovrò andare ad Ancona negli uffici Ubivision, quindi non potrò nascondere il colloquio ai miei, sarà dura affrontarli. Per loro è perfetto così, dove sono adesso. Un'azienda catanese, rientro a casa tutte le sere ed è perfetto così. Mio padre sostiene che il mondo del lavoro è così dappertutto ed è inutile andare in altre città, secondo lui non cambierebbe nulla. Sono io che mi devo adattare. Immagino già due giorni di fuoco, anche perché io non ho una lira da parte. Andare ad Ancona per due giorni, tra viaggio e albergo, anche tentando di risparmiare, dovrò comunque anticipare dei soldi. Non so quanto costerà, almeno quattrocentomila lire.
Finalmente potrò mandare a quel paese la Sanisoft. Qui non faccio quello che vorrei, sviluppare fogli di calcolo e caselle di testo, è frustrante. Poi ci sono giornate infernali. Ieri ad esempio, Claudio non è venuto per problemi di famiglia e Aloisio mi ha fatto letteralmente impazzire. Poiché con Claudio non comunicano, ha colto l'occasione della sua assenza per stressare me sul lavoro che stiamo facendo. È stato pressante, non mi ha dato tregua. Alla fine mi ha trattenuto fino alla 10:00 di sera. Ho saltato la cena.
Non ricevo stipendi e neppure una lira di rimborso spese. Non se ne parla. Solo sfruttamento fine a se stesso.
Poi, dopo quello che è successo con Alessia, sono pure infastidito da questa città. Non esistono valide opportunità di lavoro nel mio settore, per non parlare di eventi, corsi specifici o presentazioni di nuovi videogame. Non so se da questo punto di vista Ancona sia più attiva ma almeno esiste il mondo del game development e potrò trovare un game designer che collabori con me. È fondamentale per me trovarne uno. Per fare un buon videogame servono principalmente due figure, il game designer e il game developer. Il designer si occupa della grafica, con i pixel disegna gli oggetti e gli attori del gioco. Solitamente è quello che mette in gioco le idee, inventa i livelli e le storie. Il game developer solitamente ha il ruolo di sviluppare il videogame dal punto di vista della programmazione e mette in pratica le idee del game designer. Io in realtà sono un game developer appassionato di game design. Quindi una figura mista. Non sono il primo caso ovviamente. Se sullo sviluppo ho delle buone capacità sulla grafica non posso dire lo stesso. F1M ne è un esempio. Ottimo manageriale ma con grafica e interfaccia molto discutibili. Per questo motivo, se voglio aspirare al meglio devo trovare un game designer in grado di affiancarmi. Naturalmente, una volta fatto un videogame, affinché sia diffuso e abbia successo è necessaria una terza figura, la casa distributrice che troverà il mercato ideale per il prodotto in questione. Sembra facile ma non lo è affatto, soprattutto in Italia.
Appena rientrato dal lavoro sono andato sul sito della Ubivision, c'è l'elenco di tutti i titoli da loro fin adesso realizzati. Ho scoperto di averne uno nel mio Game Boy. Si tratta di un rompicapo che ha come protagonista un personaggio che per superare il livello e andare nella stanza successiva deve mettere in ordine degli scatoloni. Per riuscirci bisogna trovare la giusta combinazione di spostamenti. È divertente, non ha una grafica fantastica ma l'ho sempre trovato simpatico. È un regalo di mia sorella Emilia per un Natale. Due anni fa mi fece trovare sotto l'albero tre giochi. Anche il Game Boy me lo regalò lei. È l'unica persona della famiglia che comprende la mia passione per i videogame. Mi ha sempre incentivato. Me ne sto rendendo veramente conto proprio in queste ultime settimane. Prima mi sembravano bei regali e basta. Adesso capisco che lei, per il mio bene cerca in tutti i modi di colmare il gap dovuto all'età dei miei genitori. Lei è stata la prima a farmi notare che tra me, Marco e i nostri genitori c'è una grossa differenza di età. Non possono sempre comprendere le nostre esigenze. Hanno vissuto la loro gioventù in un epoca molto diversa. Mi ha sempre invitato ad avere pazienza. È grazie ad Emilia o alla paghetta settimanale che ho dei videogame in casa. L'Amiga prima e il PC dopo, invece, me li ha comprati mio padre ma non per giocare, per amore di vedermi imparare qualcosa che mi piacesse. Ha sempre investito sul mio futuro. Ha capito sin da subito che i computer sono il futuro ma non ha mai compreso i giochi. Quelli sono una perdita di tempo.
Dopo aver concluso la telefonata con Valerio, Emilia ha visto una luce nei miei occhi e ho voluto dirlo subito a lei. È felice per me e mi ha incoraggiato ad insistere e inseguire i miei sogni. Ovviamente mi dice anche di stare attento ed evitare fregature. "Chi è Valerio? Ci si può fidare di questo ragazzo?". Poi mi ha fatto capire che con papà sarebbe stata una dura battaglia ma che valeva la pena affrontare. Intanto per il colloquio, poi si vedrà.
Adesso lavorerò un paio d'ore allo sviluppo mio nuovo videogame ispirato al cubo di Rubrik. Ancora non lo so risolvere neanche io, dovrò inventarmi delle semplificazioni per renderlo giocabile. Questa volta i miei amici non apprezzeranno. Attendono sempre giochi divertenti da fare insieme. Mi inventerò qualcosa per loro. Una variante divertente. Ecco, forse devo pensare a loro, se piace a loro piacerà a tutti i ragazzi. Bene, al lavoro!
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Nei panni di una donna - il diario dimenticato
RomanceUn viaggio negli anni '90, attraverso il diario di Alberto, diciannovenne con un'attiva vita sociale, genio dell'informatica e cultore dei videogames, che per inseguire il suo sogno andrà a lavorare lontano da casa. Inizialmente elettrizzato dall'id...