Ho trascorso un fine settimana burrascoso, non è facile neanche ripensarci. Ma ho bisogno di scrivere. Ieri mattina mi sono svegliato più tardi approfittando del fatto che era sabato e l'azienda è chiusa. Avevo voglia di vedere Alessia. L'ho chiamata al suo telefono ma non rispondeva. Così sono andato a casa sua in bici. Il fratello mi ha detto che era in facoltà a studiare con i colleghi. Io sapevo che di sabato le università sono chiuse. Ma non ho replicato. A quel punto mi sono fatto una passeggiata verso la facoltà di architettura, una bella sudata in bici, c'era un sole caldissimo. L'università era deserta ma dopo aver fatto un paio di giri lì intorno ho visto lo scooter di Alessia. Mi sono rallegrato. Ho pensato di farle una sorpresa. Ho cercato di capire da dove si entrasse ma era tutto chiuso. Poi mi sono ricordato del parchetto attrezzato, dove spesso i ragazzi si riuniscono per studiare o mangiare un panino nelle pause. Mi sono addentrato nel parco alla ricerca di Alessia. Quando ho sentito delle voci mi sono avvicinato. Ma erano dei ragazzi che fumavano. Ne ho incontrati tanti altri. Come si fa a buttare via un sabato mattina a fumare? Quando oramai avevo perso la speranza ho visto una cabina telefonica e ho fatto un altro tentativo prima di andare via. Mi ha risposto il fratello. Alessia aveva dimenticato il telefono portatile a casa. Ho ripreso la bici che era davanti l'ingresso della facoltà e me ne sono andato.
Ho fatto una sosta all'internet point, ero alla ricerca di informazioni tecniche per il mio nuovo videogame. Ho preso diversi appunti. Quando sono tornato a casa mia mamma mi ha detto che aveva telefonato Alessia pochi minuti prima. Decido di richiamarla subito. Mi risponde scusandosi per aver dimenticato il telefono a casa. Le ho detto di non preoccuparsi ma quando mi ha raccontato di essere stata in aula a studiare con la sua collega sono rimasto bloccato per qualche secondo. La facoltà era chiusa. L'avevo visto con i miei occhi l'ingresso chiuso con una catena. Così ho provato a lasciarla parlare un po' per capire meglio. Non volevo fare la parte del ragazzo geloso. Dopo un po' non ce l'ho fatta più e con tono controllato ho detto "credevo fossero chiuse le università...". Dopo un breve silenzio ha risposto serena "la facoltà di architettura rimane sempre aperta, per permetterci di usare le aule da disegno anche nel fine settimana". Ho continuato ad indagare senza scoprire le carte. Non volevo permetterle di inventare altre scuse. Le ho chiesto, "di pomeriggio andrai di nuovo a studiare?"
"Si, devo finire l'esercitazione per l'esame"
"Allora potrei venire a trovarti un attimo...che ne pensi?" Speravo che mi dicesse di si e speravo che ci fosse un altro ingresso a me sconosciuto e non mi stesse raccontando un mucchio di bugie.
"No, non puoi, dobbiamo finire l'esercitazione, non mi posso distrarre, ci vediamo questa sera, magari andiamo a mangiare una pizza se non faccio tardi, ti faccio sapere".
Il suo tono non mi piaceva per niente. Non sopporto le prese in giro. Ho architettato un piano per scoprire qualcosa in più. Non potevo fare finta di niente. Avrei sprecato un sabato intero ma ero mosso dalla rabbia. Speravo profondamente che mi stesse dicendo la verità. Sentivo però che c'era qualcosa che non andava.
Così, dopo aver pranzato con i con i miei, a pancia piena mi sono messo in sella alla mia bici e sono andato verso casa di Alessia. Venti minuti di pedalata. Doveva essere ancora in casa. Mi sono spostato nella traversa di fronte e ho aspettato. Speravo che uscisse il prima possibile. Ho dovuto aspettare più di mezz'ora per vederla uscire dal garage con il suo Zip blu metallizzato. L'ho seguita a distanza con la mia bici, per fortuna esistono i semafori, altrimenti mi avrebbe già seminato.
Si stava dirigendo proprio all'università. Mi sentivo un verme a seguirla di nascosto e più volte ho pensato di stare esagerando. In fondo ci conosciamo appena da una settimana e già la pedinavo per gelosia. E se mi aveva detto la verità? Se si fosse accorta che la stavo seguendo? Troppe paranoie.
Appena è arrivata davanti la sua facoltà ha parcheggiato lo scooter esattamente nello stesso posto della mattina. La facoltà era sempre chiusa. Non c'erano altre moto o auto. Era deserta. È rimasta ad aspettare seduta sullo scooter con il suo telefono in mano. Io la guardavo a distanza, non avevo voltato l'angolo e soprattutto mi vergognavo da morire. Se fosse arrivato qualcuno a mi avesse visto li appollaiato allo spigolo dell'edificio mi avrebbe scambiato per un guardone.
Dopo qualche minuto è arrivata una Fiat 126 bianca e si è affiancata ad Alessia. Lei è salta su e sono andati via. Il cuore mi batteva all'impazzata, avevo il viso infuocato. Nella confusione mentale ho pensato di seguirli, non ero riuscito neanche a vedere se dentro l'auto ci fosse un uomo o una donna. Il mio pensiero sempre ottimista e speranzoso mi induceva a riflettere prima di pensare al peggio. Però in ogni caso mi aveva mentito. Non era andata all'università a studiare, aveva posato lo scooter all'università per poi andare da qualche altra parte. Lo aveva fatto anche questa mattina.
Questa volta il mio tallonamento non è stato tanto agevole quanto il precedente. Oltretutto ero già stanco e in piena agitazione. Qualche a semaforo mi ha aiutato, qualche altro ha dato il rosso al mio arrivo. Ho pure rischiato la pelle. Stavo esagerando ma ero ad un passo dalla verità.
Si stavano dirigendo verso Librino, un quartiere residenziale di Catania. Dopo non molto per fortuna, l'auto si è fermata. Io ho fatto lo stesso ma duecento metri più in là. Alessia è scesa e subito dopo di lei un ragazzo basso con gli occhiali e la barba. Ho avuto un tuffo al cuore, li ho seguiti con gli occhi mentre entravano in un portone.
È stato terribile. Anche se la conosco da una settimana, se non sono innamorato, se non ho avuto il tempo di conoscerla bene...è in ogni caso terribile la delusione che si prova quando qualcuno ti tradisce in questo modo. Raccontandoti un mucchio di bugie, tenendoti all'oscuro di tutto e sopratutto facendoti credere che ci tiene davvero a te e che vuole approfondire il rapporto, iniziare un percorso insieme.
Sono tornato a casa come una furia, le pedalate cattive mi facevano sobbalzare con violenza tra le buche dell'asfalto, non mi interessava nulla in quel momento. Dovevo sfogare la rabbia. Tra le emozioni appena vissute, il nervosismo e i chilometri fatti in bici sotto il sole a ritmi indiavolati, mi stava per esplodere il cuore. Ho anche saltato la cena e affrontato i miei che borbottavano e si lamentavano del mio atteggiamento. Subito dopo cena, come ormai da una settimana ha chiamato Alessia, ha risposto Emilia, le ho detto di dire che l'avrei richiamata dopo e che adesso ero impegnato.
Ovviamente non l'ho più chiamata. Questa mattina ci saremmo dovuti incontrare alle dieci al giardino pubblico, ho deciso di andare. Avevo voglia di dirgliene quattro e sentire come si sarebbe giustificata.
Arrivato ai giardini mi sono seduto in una panchina davanti l'ingresso del museo della ceramica. Mi ha fatto attendere venti minuti prima di arrivare. Si è avvicinata sorridente e mi ha baciato in bocca. La stavo per respingere ma qualcosa mi ha bloccato. Mi andava di baciarla, avevo voglia ma sapevo che era sbagliato ma mi volevo godere un ultimo bacio, l'avrei dovuta insultare piuttosto.
Poi mi ha rimproverato di non averla richiamata la sera prima. Io non ho risposto e le ho chiesto dov'era stata ieri. Ovviamente "all'università". Bene, rompiamo gli indugi, inutile continuare a fingere. "Alessia, ieri ti ho vista a Librino con un ragazzo, quindi smettila di prendermi in giro. Dimmi tutto e poi te ne puoi anche andare a fare in culo. Non ho intenzione di continuare a frequentare una persona come te". Il mio tono è diventato sempre più duro. Lei è rimasta interdetta e subito dopo ha iniziato a piangere e anziché darmi delle spiegazioni mi gridava accusandomi di averla seguita. A quel punto sono diventato una belva feroce e non ricordo esattamente tutto quello che mi è uscito dalla bocca. Alla fine ha ceduto e piangendo mi ha confessato tutto. Quel ragazzo è un suo amico e le piace messaggiare con lui, in questi giorni però la situazione è precipitata e si è fatta convincere ad andare a casa sua. Non ho voluto sapere altro. Lei continuava a piangere dicendo che è stato un errore che non capiterà più. Mi ha implorato di perdonarla. "Ok" ho detto io "ti perdono. Però non ti voglio vedere mai più davanti ai miei occhi. Se volevi una relazione libera me lo avresti dovuto dire subito, forse avrei anche accettato ma quello che non posso tollerare è la presa in giro. Mi sento tradito e non è bello". Dopo queste parole, ho preso la bici e sono andato via mentre lei mi inseguiva piangendo.
Un altro capitolo chiuso.
Per riprendermi sono dovuto uscire con i miei amici. Adesso mi sento meglio ma è stata una brutta esperienza. Oltretutto domani devo andare a lavorare. Voglio andare via da Catania e al più presto.
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Nei panni di una donna - il diario dimenticato
RomanceUn viaggio negli anni '90, attraverso il diario di Alberto, diciannovenne con un'attiva vita sociale, genio dell'informatica e cultore dei videogames, che per inseguire il suo sogno andrà a lavorare lontano da casa. Inizialmente elettrizzato dall'id...