Al piano di sopra hanno deciso di fare un trasloco alle dieci di sera e mi stanno saltando i nervi. L'unica cosa che posso fare in questa camera è scrivere. Più la guardo e più sono convinto che non sia il mio posto. La vecchia finestra in legno, anche se è chiusa lascia passare un filo d'aria gelida, il letto cigola ad ogni mio movimento e la libreria di metallo è imbarcata anche se non ci sono libri sopra. Lo stridore dei mobili che stanno maldestramente spostando al piano di sopra non riesce a sovrastare il silenzio assordante dei miei coinquilini. Li ho visti poche volte e ultimamente si vedono ancora meno. Sono solo presenze, so che ci sono ma è come se non ci fossero. Se almeno avessi la consapevolezza di abitare da solo in un appartamento sarei più tranquillo.
Tento ogni giorno di inventare qualche impegno per stare il meno possibile qui a casa. Domani è sabato e devo pensare a qualcosa per impegnare la giornata ed evadere. Forse prenderò un treno, sceglierò una meta, esplorerò un altra città, magari Pescara. Ho detto a Valerio che un giorno di questi sarei andato a trovarlo a casa sua a Pescara. Potremmo trascorrere una giornata piacevole. Lui è uno dei colleghi più socievoli della Ubivision, gli altri sono più concentrati su quello che fanno al lavoro e raramente parlano d'altro. Mi devo svegliare presto però, non voglio perdere nessun treno, un giorno intero ad Ancona senza nulla da fare non lo posso trascorrere. Non voglio trovarmi costretto a chiudermi in un internet point tutto il giorno, sarebbe un suicidio.
In questi giorni sto pubblicizzando #ancona2.0 su irc. L'andamento del canale è altalenante, alcuni giorni ed in alcune ore, soprattutto della sera, si riempie di utenti, ha raggiunto anche venti ospiti contemporaneamente. Durante tutto il resto della giornata però è semivuota. Sarà solo questione di tempo ma io mi sto già stancando, vorrei chattare un po', invece mi ritrovo sempre a contattare decine di utenti per essere il più delle volte ignorato. Solo ieri a pausa pranzo è accaduta una cosa molto strana. Mi ero collegato a Mirc ma poi ho continuato a lavorare su alcuni codici per il videogame. Ad un certo punto cominciavano ad arrivarmi messaggi da vari utenti. In un primo momento ho pensato a messaggi automatici, capitano spesso, ma poi mi sono accorto che la gente mi contattava per parlare, <<ciao>>, <<ciao come stai?>>, <<ciao da dove?>>, più di dieci finestrelle occupavano il mio monitor e io le fissavo con aria incredula. Ma com'è possibile? Mi sono chiesto. Ho iniziato a rispondere e tutti continuavano a fare domande e chattare. Quando blackhorse40 mi ha chiesto <<questa sera sei libera?>>, sono sorti i primi sospetti. Ho aperto subito il pannello delle impostazioni per controllare i miei dati ed ecco svelato l'arcano. Poco prima di collegarmi avevo cambiato nick, aggiungendo la sigla di Ancona con l'obiettivo di rendere esplicita la mia posizione. Il problema è che invece di scrivere albert80an, per un errore di digitazione, avevo scritto alba.rt80an. È bastato un errore da nulla, una sola lettera fuori posto per dare vita ad un enorme malinteso e far credere a tutti di essere una ragazza. Sono diventato rosso in viso e mi sono prontamente disconnesso. Una volta corretto il nickname sono rientrato in chat. Ovviamente, da quel momento in poi, sono tornato ad essere invisibile. Nessuno mi ha più cercato e in pochi hanno risposto ai miei inviti. Dopo qualche minuto ho ripreso a lavorare. Era inutile continuare. Devo smetterla di chattare, è solo tempo perso.
Ho trovato le energie per concentrarmi e portare a termine il livello del gioco di cui mi stavo occupando. Dopo aver fatto diversi test ho visto che tutto funzionava alla perfezione. I suggerimenti di Oliviero si sono rivelati preziosissimi. Sono andato bussare proprio alla sua porta per mostrargli i miei progressi. Quando mi ha notato ha fatto cenno di sedermi, poi, come tutte le volte precedenti, ho dovuto attendere decine di minuti. Quando si è deciso ad alzare la testa mi ha chiesto <<hai finito vero?>>,
Ho risposto prontamente <<si, ho fatto anche un test per...>> non mi ha fatto neanche terminare la frase <<hai fatto il test è tutto funziona, giusto?>>,
<<si, è perfetto>>,
<<avevi dubbi?>>,
<<dubbi? No, per cosa?>>,
<<dubbi che il mio suggerimento non si rivelasse risolutivo>>
<<no no, nessun dubbio, era la soluzione perfetta>>,
<<e allora perché sei qui adesso?>>,
<<sono venuto per dire che...>>, ho capito che doveva essere più nervoso del solito, così mi sono interrotto e ho tagliato corto <<vabbè, niente, volevo solo dire che ho finito, se c'è altro da fare sono a disposizione>>.
<<adesso convoco tutti e facciamo subito una riunione, un solo punto all'ordine del giorno: cosa può fare adesso Alberto?>>, non ci potevo credere, mi voleva umiliare e non capivo per quale motivo. Mi ha messo spalle al muro, al quel punto non sapevo più che dire, così, mortificato, con un filo di voce, sono riuscito a dire <<scusa>> e sono uscito dalla stanza. Quella conversazione mi aveva definitivamente messo di cattivo umore. Un vortice di pensieri assillava la mia mente, dove avevo sbagliato? Forse ha notato che in queste sere ho approfittato della connessione per chattare e non l'ha digerito? O forse qualcuno si è lamentato di me? Cosa mai avrò fatto di male?
Una volta rientrato nella stanza numero dieci, mi sono seduto accanto a Dario che ancora non aveva terminato di modellare gli scenari. Ho detto che ero fermo con il lavoro e ne approfittavo per seguire il suo. È bello ed affascinante il lavoro dei game designer, imparare qualcosa in più mi permetterebbe di completare la mia preparazione. Ho sempre avuto lacune grafiche nella creazione dei miei videogames.
Dopo una decina di minuti è passato Oliviero, ci ha visti vicini davanti al PC di Dario e ha esclamato <<ma guarda un po', adesso Alberto vuole finire pure il tuo lavoro, vero Dario?>>, visibilmente agitato ha risposto <<no! sta solo guardando>> e io ho aggiunto <<non sono molto bravo come game designer, posso solo imparare>>. Oliviero è scoppiato a ridere, mi ha fatto cenno di seguirlo, si è diretto verso la stanza numero otto. Dentro c'era Daniele Candiero, un game designer di trent'anni molto preparato. Oliviero lo indica ed esclama a voce alta <<se vuoi migliorare come grafico, devi guardare lui. È il migliore d'Italia. Da domani lavorerete a fianco>>.
Daniele mi ha guardato accennando un sorriso e ha chiesto al capo <<mi stai finalmente affiancando un programmatore che regge i miei ritmi?>>,
<<questo lo vedremo, potresti essere tu a non reggere i suoi. Siamo tutti indietro di una settimana nello sviluppo, c'è qualcosa che non va nel gruppo. In molti non hanno finito e oggi non ho voluto organizzare la riunione per non sottrarre tempo di lavoro. Sfrutteranno il fine settimana per finire. Voi, in due sarete la squadra di recupero, dovrete portare avanti il lavoro. Sono stato chiaro?>>,
<<si, certo>>, abbiamo risposto in coro. Proprio in quell'istante rientrava nella stanza Enrico Onufrio, lo sviluppatore che lavora con Daniele, Oliviero lo ha osservato serio per qualche secondo. Lui sembrava non accorgersene, aveva preso un caffè e stava mettendo in ordine la sua postazione. Ad un certo punto il capo ha rotto il silenzio.
<<Enrico, a che punto sei?>>,
<<a buon punto, tutto ok>>,
<<definisci buon punto>>,
<<nel senso che...>>,
<<una definizione non inizia mai con...nel senso che...>>,
<<mi mancano due giorni e completo tutto>>,
<<due giorni? Giusto il fine settimana, sabato, domenica e lunedì mattina già avrai finito tutto? Vero?>>,
<<io...no, veramente questo fine settimana non posso...>>,
<<ok, spiega ad Alberto cosa ti manca per finire e poi vieni subito nella mia stanza>>.
Enrico era completamente nel pallone e il dibattito con Oliviero lo aveva visibilmente turbato. Mi ha iniziato a mostrare quello che aveva fatto. È molto ordinato e preciso, impiega tantissimo tempo a controllare gli spazi ed altri dettagli che nella programmazione sono perfettamente inutili. Rilegge ogni rigo di codice prima di continuare. Ho capito bene perché è indietro con il lavoro. Gli ho detto di andare da Oliviero e che avrei continuato io. Mi sono reso conto che il suo compito era molto più semplice e breve del mio. In tre, quattro ore al massimo avrei potuto finire. Volevo fare bella figura, così mi sono concentrato il più possibile. Sono partito come un razzo, più lavoravo e più capivo che mancava poco per finire. Non era molto diverso da quello che avevo fatto io per tutta la settimana. Lui stava sviluppando i comportamenti di un esercito nemico con poche unità. Di conseguenza è stato molto più facile del previsto. Ho stupito anche me stesso, in un ora avevo finito, dovevo solo fare i test. Quando ho smesso di battere sui tasti all'impazzata, Daniele mi ha detto <<hai già finito vero?>>,
<<beh, si...>>, ho risposto con timidezza, mi sentivo colpevole di mettere in cattiva luce Enrico, non volevo apparire compiaciuto. Daniele, invece sembrava soddisfatto, un po' come a dire "ben gli sta", <<ne ero certo, voleva due giorni quella lumaca>>, ho tentato di giustificarlo, <<ho visto che è molto preciso, magari è ansioso e procede con cautela>>,
<<Enrico è stato chiamato qui perché quando andava ancora a scuola ha sviluppato un videogame di strategia incredibilmente complesso e perfetto. Il problema è che nessuno gli ha mai chiesto quanto tempo abbia impiegato per farlo. Purtroppo in una azienda conta anche questo, è antieconomico pagare ogni mese una persona che impiega troppo tempo per finire un lavoro>>.
<<magari non lo appassiona questo tipo di videogame ed è svogliato...>>, ho provato ad ipotizzare qualcosa, anche per continuare difendere il povero Enrico che nel frattempo stava subendo le ire del capo. Le grida di Oliviero si sono sentite da lì più di una volta. In molti sono venuti a chiedere chi ci fosse nella stanza del capo. Dopo una decina di minuti è arrivato un messaggio interno sul computer di Daniele. Oliviero ci chiedeva di raggiungerlo nella sua stanza. Ci siamo guardati per un attimo preoccupati.
Una volta entrati abbiamo visto Enrico seduto in silenzio sulla sedia di fronte e Oliviero che digitava sulla tastiera del suo computer. Ci siamo seduti anche noi. Abbiamo scontato la solita snervante attesa. Dopo un po' ha alzato lo sguardo, si è voltato nella direzione di Enrico e con voce profonda e calma ha chiesto <<Se ti dicessi che Alberto ha già terminato quei due giorni di lavoro che avevi stimato, tu ci crederesti?>>, mi chiedo ancora come abbia fatto a capirlo. Enrico è diventato pallidissimo in viso e grondava sudore ma non c'era affatto caldo e l'atmosfera era gelida. Con molto nervosismo ha cercato di ponderare ogni parola rispondendo molto lentamente <<ci crederei. Però vorrei precisare che i due giorni mi servivano per farlo bene. Tutti possono fare quel lavoro in poche ore, bisogna vedere se è perfetto come quello che stavo facendo io. Con tutto il rispetto per gli altri. Sono un perfezionista e le cose mi piace farle una volta sola. Non ritorno indietro per poi tappare buchi come fanno tutti>>. Mentre Enrico parlava sapevo benissimo dove stava andando a parare, dalla mia breve esperienza alla Sanisoft ho imparato a mie spese, proprio il primo giorno, che non sono queste le risposte da dare. Bisogna ammettere sempre gli errori e dimostrare di averli compresi. Stava sbagliando su tutta la linea e io mi stavo mortificando per lui.
Come mi aspettavo Oliviero è diventato una furia e ha aggredito il povero Enrico con una raffica di parole <<il più lento dei tuoi colleghi impiega la metà del tempo che occorre a te per fare qualsiasi cosa e ha pochi margini di errore. Capre alla Ubivision non ce ne sono. Sei tu che se facessi le cose nella metà del tempo che impieghi abitualmente, commetteresti una marea di errori. Questo accadrebbe perché al contrario degli altri sei lento nel fare le cose perché sei lento a pensarle. Se le tue mani si muovessero più velocemente il cervello rimarrebbe sempre indietro. Ma questo non è il tuo problema maggiore. La cosa più grave è che sei pure presuntuoso e non comprendi i tuoi limiti>>. Oliviero si scaldava sempre di più in un crescendo, alzava sempre più il tono della voce. Ricordo perfettamente l'ultima frase che ha pronunciato gridando oltre ogni decibel <<per migliorare, crescere e superare i propri limiti, quei limiti stessi bisogna conoscerli! Il nemico si deve sempre conoscere per poterlo sconfiggere! Tu sei il nemico di te stesso e per la Ubivision uno come te è una gigantesca zavorra!>> Dopo queste parole solo il silenzio. Un silenzio esagerato, mi sembrava lo stesso che si sente dopo il finale pirotecnico dei giochi d'artificio. Dalle mie parti si chiama a masculiata. E come succede dopo ogni masculiata che si rispetti, gli ultimi tre botti sono di rito <<Adesso togliti dalla mia vista. Da lunedì se vorrai lavorare qui potrai fare solo le pulizie. Dovrai anche dimostrare di saperle fare!>>.
Sotto questi ultimi tre colpi è letteralmente crollato Enrico. Che si è alzato a testa bassa con una espressione indecifrabile ed è uscito senza dire una parola.
In realtà, durante tutta la sfuriata del capo, lo avevo osservato di sottecchi e in più occasioni sembrava che stesse sul punto di replicare ma poi si bloccava di nuovo. Ha tentato di interromperlo solo una volta. Ma un treno in corsa non lo può fermare nessuno. Oliviero viaggiava più veloce di un treno. È dotato di una personalità così forte da fare sentire come un microbo chiunque gli vada contro.
La cosa incredibile è che appena Enrico ha messo il naso fuori dalla porta, Oliviero ha ripreso a scrivere sulla sua tastiera come se nulla fosse accaduto. Poi improvvisamente si è bloccato, ci ha guardato e ha chiesto con calma <<cosa mi dovevate dire?>>,
<<nulla>> ha risposto Daniele con naturalezza, non era per nulla sorpreso da tutta la situazione.
<<e allora perché siete qui?>>
<<ci hai chiamati tu>>,
<<bravo, volevo vedere se eravate attenti>>. Non si capiva se fosse una battuta o dicesse sul serio. <<ok, possiamo andare adesso?>>, ha tentato di tagliare corto Daniele ma Oliviero aveva di nuovo iniziato a scrivere. Ci sono voluti un paio di minuti per riavere la sua attenzione. Poi ha cominciato a chiederci come stava procedendo secondo noi tutto lo sviluppo del videogame. Se ci sembrava un buon inizio. Abbiamo conversato serenamente e piacevolmente. Io non riuscivo ancora a rilassarmi, sentivo ancora addosso tutta la tensione che avevo accumulato durante le sue grida. Anche se non erano rivolte a me le ho subite indirettamente.
Forse Oliviero lo ha capito, ad un certo punto mi ha guardato fisso per qualche secondo con un accenno di sorriso e mi ha detto <<a quel salame l'ho fatto rincretinire ancora di più, vero?>> ed è scoppiato in una risata esagerata delle sue aggiungendo <<di solito fa sempre tutte cose a rallentatore, non l'avevo mai visto camminare così velocemente come quando è uscito da questa stanza>>. A quel punto abbiamo riso tutti ed è stato il momento in cui mi sono liberato di quella tensione che avevo addosso. È stato un pomeriggio molto pesante. Ma alla fine sono soddisfatto. In qualche modo mi ha premiato. Mi aveva inizialmente aggredito perché sembrava lo avessi disturbato per dirgli che avevo finito prima del previsto, ma alla fine mi ha fatto capire che avevo fatto bene. Mi ha anche dato indirettamente una lezione. Alla Ubivision non si sbaglia. Non ci si può distrarre un attimo. Siamo tutti utili ma nessuno è indispensabile. Non basta essere i migliori, dobbiamo essere infallibili.
Sono tornato soddisfatto. Non ho sentito neanche l'esigenza di aprire la chat. Ero appagato e stavo bene con me stesso.
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Nei panni di una donna - il diario dimenticato
RomansaUn viaggio negli anni '90, attraverso il diario di Alberto, diciannovenne con un'attiva vita sociale, genio dell'informatica e cultore dei videogames, che per inseguire il suo sogno andrà a lavorare lontano da casa. Inizialmente elettrizzato dall'id...