Gràen temette un ammutinamento.
La nave di Rèkon stava puntando la sua per abbordarla. Non trovò il tempo per riflettere su ciò che lo avrebbe potuto salvare: riuscì a malapena a domandarsi se una cosa del genere risultasse plausibile in quel contesto, si disse di no, poi si convinse del contrario; ma alla fine, come d'incanto, l'imbarcazione si arrestò a una ventina di metri dall'ammiraglia, virando pericolosamente.
Gran parte dell'equipaggio di Rèkon si tuffò in mare ruggendo di eccitazione. I marinai infransero la delicata superficie dell'acqua come proiettili esplosi da armi invisibili. Mentre il timore di Gràen scemava lentamente, una spensierata immagine scivolò dalle labbra di Mòrdrin:
«Assomigliano a tanti gabbiani disperati.»
Anche se a sua insaputa, infatti, lo scopo era pressappoco lo stesso. I guerrieri in campo erano una cinquantina, tutti intenti a fiaccare l'oceano con le spade. Non sembrava da escludere che avessero perso il senno. Urlando ai pesci che si allontanavano, presero a tuffarsi sott'acqua, svanendo alla vista degli spettatori. Il mare si acquietò per un istante, ma il silenzio fu presto un lontano ricordo. Gli intrepidi pescatori riaffiorarono in superficie agitando il capo; molti di loro stringevano tra le mani un pesce e si dimenavano per renderlo inoffensivo. Il vecchio timoniere si convinse ancor di più riguardo allo stormo di gabbiani. Gràen lo fissava senza espressione, in attesa di un ennesimo suo commento.
Un grido di battaglia emerse dal frastuono generale: era Oldor. In bilico su di una scialuppa, il guerriero recise le funi della sua lancia e cadde in acqua. Tornò a nuoto verso la scialuppa, la ribaltò, vi salì e si immerse di nuovo. Inspirò a fondo e andò giù, dove lo attendeva il suo prezioso bottino. Ingaggiò una sorta di combattimento con un grosso tonno e in un minuto ebbe la meglio. Scaraventò la preda sulla barca come un leopardo la getta sul suo albero, poi si mise ai remi.
Il comandante non riuscì a seguire neppure con lo sguardo l'impresa del compagno, e riprese a fissare Mòrdrin. La chioma disordinata del timoniere catturò la sua attenzione. I lunghi capelli grigiastri si rizzavano col vento, sfiorandosi appena come a prestarsi il dorato che gli anni portavano via. Nel contemplare i segni evidenti di una vecchiaia ormai prossima, il comandante non udì più le voci della ciurma, che si agitava in mare, ma sprofondò mestamente in una strana dimensione, dov'era il delicatissimo crosciare delle onde a cullarlo in silenzio. Nel frattempo, il clamore della battuta di pesca scemava, i Barbari tornavano sul veliero di Rèkon, carichi di pesce, Mòrek e Oldor cercavano il generale per esibire la loro vittoria, si ammainavano le vele e il vascello tornava a fiancheggiare la Melain.
«Era da parecchio» asserì Mòrdrin, infrangendo la quiete in cui Gràen continuava a vaneggiare.
«Esattamente da trentanove giorni.»
«Dalla mattina in cui ha approntato l'assetto da guerra, se è corretto» puntualizzò ulteriormente Mòrdrin.
«Da quella mattina, sì» confermò il capitano.
Socchiuse gli occhi e sorrise nel ricordare i particolari della giornata.
«Avete un'ottima memoria, Mòrdrin» proseguì distratto.
«Che cosa sostenevate a proposito dei gabbiani? Discutevamo di quello» ribatté il timoniere.
«I gabbiani... ma certo!» si illuminò Gràen, appena infastidito per non averlo ricordato. «Dicevamo?»
«Che è immensamente strano mirarli in volo nel pieno dell'oceano. Devono pur possedere un giaciglio, da qualche parte» prese a riflettere Mòrdrin.
«Se non fosse stato per il fatto delle scogliere, vi avrei già dato ragione. Potrebbero benissimo adottarle come nido e non ne risentirebbero.»
«Voi avete scorto delle rocce durante il viaggio?» chiese il timoniere, pronto a favoreggiare le sue speranzose supposizioni.
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Nel nome di Calidan
FantasyL'intramontabile prosperità di Umek è compromessa da un autunno troppo caldo, mentre tutte le miniere d'oro sembrano essersi esaurite. Re Calidan, avvilito dal destino che si prospetta agli occhi della sua gente, è deciso a trovare una soluzione. C...