Capitolo XI - Progetti e opinioni

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Vargan non si era fatto vivo e i caduti erano settecento. Alla luce di queste informazioni, il comandante soppesava l'entità del tragico attacco, gli occhi sull'uovo di gabbiano che scoppiettava nella ciotola sulle sue gambe.

Era seduto su un ceppo di pino, con gli sguardi di Oldor, Darek e Ulther a fissarlo attentamente. Oldor si grattugiava con la mano sana le guance come a pettinarne la rada peluria bionda, Darek lo osservava compiaciuto, spulciando un ciuffo di capelli che lasciava cascare sul naso grande, mentre Ulther, sempre al di là del focolare, stava a gambe aperte con le mani sulle ginocchia.

Hurgin uscì dalla tenda vicina con un piccolo fagotto in mano. I Norem non avevano risparmiato neanche lui: cinque sottili graffi lo sfregiavano dalla testa fin quasi al mento, e da subito Gràen intuì l'umore del cuoco. Hurgin era l'unico della spedizione a ritrovarsi col capo privo di una chioma folta e prosperosa, ma era anche uno dei pochissimi Barbari affetti da calvizie. Soltanto un paio di cespi marroni sbucavano qua e là a interrompere la monotonia della sua lucida zucca, e il regalino del Norem gli aveva ulteriormente abbassato il morale.

Il comandante ricevette con garbo l'involucro, ringraziò il cuoco e lo guardò sollevare il calderone e riportarselo in cucina. Poi scartò il fagotto, prese il pane e lo inzuppò nel tuorlo. Condusse il tutto alla bocca e a sua volta scrutò gli astanti, masticando con piacere.

«Allora?» cominciò.

«Preferiscono ferire piuttosto che uccidere» declamò Ulther, estraendo da sotto una gamba dei fogli stropicciati.

«Ti ascoltiamo, Ulther» intervenne Darek, rassettandosi la frangia.

«Trecentosessantuno caduti hanno riportato ferite più o meno lievi, facilmente guaribili, ma sono morti tutti per dissanguamento, mentre soltanto duecento sono deceduti a causa di colpi mirati a uccidere. Da ciò, io deduco quanto detto prima: i Norem combattono per indebolire l'avversario e non si preoccupano di ucciderlo o ridurlo in pezzi, come invece hanno fatto i Barbari... cioè noi, dato che li abbiamo praticamente massacrati, con il solo scopo di farli fuori. Ritengo, quindi, di promuovere il modo di far la guerra dei nostri avversari, o comunque ritengo di comprenderlo appieno. È più rapido ed efficiente, poiché ferendo un avversario il più delle volte lo si toglie di mezzo, senza perder tempo in colpi inutili. Risulta, infatti, improbabile che un ferito si rialzi e riprenda a combattere come prima; risulta verosimile che rimanga steso a terra e muoia prima del termine dello scontro» disse Ulther, e ripiegò i fogli conservandoli.

«Insomma è una maniera perversa di fare la guerra» riassunse Oldor.

«Sostanzialmente.»

«Ma è anche un modo per capire chi abbiamo davanti» aggiunse Darek, additando Ulther.

«Esatto» si compiacque il guerriero, la voce burbera.

«Dunque ci serve una strategia per le prossime battaglie, non credete?»

«Io non credo, amici.»

Il gruppo si voltò a guardare il capitano.

«Ascoltatemi attentamente» disse Gràen mentre masticava l'ultimo pezzo di pane duro. «Qualche mese prima di partire, Calidan mi ha inviato una lettera informale, nella quale esortava sia me che Rèkon a evitare qualsivoglia conflitto armato, tentando di risolvere, come è nostro solito, le questioni con la diplomazia.»

«Ma qualora altre genti ostacolino con le armi le vostre intenzioni...» obiettò Oldor con la sua voce grintosa.

«L'ha inviata anche a te?»

«Me l'hai fatta leggere tu» ridacchiò l'altro.

«Ma certo... sì. Qualcun altro l'ha letta?»

Nel nome di CalidanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora