Capitolo XII - Il Consiglio delle Armi

99 4 4
                                    

Gli stivali battevano sulla gelida pietra liscia. Erano calzature di lucido cuoio nero, il cui scalpiccio rimbombava nel castello deserto come un orologio che segna le ore troppo in fretta.

Skull procedeva sulle scale, il portamento elegante. Aveva lasciato la spada al piano di sotto, s'era tolto l'elmo e l'armatura. Indossava soltanto una camicia panna e la raffinata cappa verde da generale. Portava in mano dei fogli arrotolati, stringendoli fra gli artigli retrattili.

La prestante figura del Norem si perdeva nell'ampiezza della rampa. I gradini, che misuravano quattro metri abbondanti, erano fiancheggiati sulla destra da sculture di marmo nero, alte poco più del graduato. Le cinque opere stavano su dei grandi basamenti disposti a mo' di scale.

La prima scultura era simile a una scimmia. Piegata sui polpacci e coi pugni immersi nel fango, la creatura dai lunghi canini attorcigliava intorno ai piedi una smisurata e pelosa coda di rettile.

Il secondo animale aveva gli occhi più piccoli e un muso irsuto in contrasto col resto del corpo. Data la quasi mancanza di peluria, l'artista era riuscito a evidenziare abilmente la muscolatura dell'animale che stava a quattro zampe, con la schiena curva come un ponte malmesso.

La bestia successiva era sommariamente in piedi, portava una coda più corta e aveva i canini che aderivano alla pelle e terminavano ai lati del mento, mentre grandi orecchie tonde emergevano dalla chioma villosa.

Il quarto mostro era viscido come una lumaca. Camminava su due gambe e il suo volto era più schiacciato.

L'ultima statua, collocata in alto al termine delle scale, aveva la testa calva e di poco allungata all'indietro. Una minuscola coda sbucava appena sopra il fondoschiena, il portamento appariva fiero e le orecchie incredibilmente rotonde. Non rimaneva alcun accenno di peluria e gli artigli sembravano scomparsi.

Era un Norem.

Il generale passò lento affianco alle statue tenebrose, che tra loro sembravano capirsi e sghignazzare nell'ombra con i volti bestiali.

Quando arrivò in cima, si trovò davanti a un'entrata mastodontica presidiata da due Norem, i quali al suo giungere si ricomposero, tornando a far la guardia al portone sprangato, verde e tempestato di pungoli di ferro in malora. Gli infissi, alti non meno di cinque metri, stavano al centro tra la rampa di scale percorsa da Skull e un'altra identica sulla sinistra. Entrambe le gradinate si elevavano su delle colonne verdastre e convergevano in cima, dinanzi al portone, come i manici d'un vaso accostati l'uno all'altro.

«Vargan?» domandò il Norem.

«È uscito, generale.»

«Per andare dove?»

«Dagli stranieri, sulla spiaggia vicino al fortino» continuò il soldato. «Dicono fosse... infuriato per un assalto contro questi stranieri da parte...»

«Da parte mia, sì» completò Skull. «Vi dispiacerebbe aprirmi, adesso?»

I militari batterono col piede destro sul pavimento e armeggiarono con il portone; lo aprirono di poco, quanto bastava a far entrare il graduato. Prima di far chiudere i battenti, il generale rivolse loro un'altra domanda: «Sono già arrivati tutti?»

«Sì, generale.»

«Bene. Qualora Vargan tornasse, restate vaghi.»

Skull fece il suo ingresso e i presenti, radunati attorno a un tavolo di pietra grigia ovale, furono in piedi con non poco tintinnio di ferri.

La sala era a pianta esagonale, abbastanza ampia ma non altrettanto illuminata. Infatti le torce, montate su degli elaborati candelabri innestati attorno ai pilastri, erano spente. Un bagliore inconsueto rischiarava l'ambiente e i suoi quattro piloni, proiettandosi sulle pareti dalle numerose e striminzite vetrate blu che sigillavano le finestre altissime. I colossali piedritti erano in basalto e interamente rivestiti di giada, lucida, che era in più punti scalfita e lasciava intravedere la nera pietra con cui essi erano stati eretti. Invece il tavolo era percorso da fenditure sgretolate all'interno delle quali l'ombra attirava la poca luce come per divorarla, come per disegnare un'infinita pianura deserta appena segnata da un terremoto.

Nel nome di CalidanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora