Capitolo XXI - Fuga 1

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A primo acchito, così, nel buio, a Gràen non parve una visita di cortesia.

Le urla incessanti dei malfattori, giù nelle strade, lo facevano dormire a singhiozzi di una o due ore, eppure in compenso lo tenevano sempre all'erta e coi sensi spianati.

Se fosse stato a Umek, pensò, avrebbe preso in considerazione la resa, ma si trovava a Emeron, su un'isola pullulante di mostri verdi.

La porta era semiaperta, una luce artificiale iniziava a danzare nelle tenebre. Il comandante sollevò la schiena dal materasso e si mise con le gambe incrociate sotto le coperte. Nel silenzio provò ad ascoltare, la sua paura si fece più grande quando sentì i mostri aggirarsi intorno a lui. Che cos'altro volevano? Mentre se lo chiedeva, si accorse di quanto inutile fosse quel pensiero. Seguendo lo scalpiccio degli stivali dei Norem, il loro indiscreto respiro, volle collocarli in un punto preciso di quell'oscurità. Uno doveva essere proprio ai suoi piedi, pronto a saltargli addosso e pugnalarlo. Il secondo militare stava alla sua destra, dalla parte opposta alla bifora accanto al letto. L'ultimo, imminente carnefice non riuscì a intercettarlo, dato che forse avrebbe potuto non esserci del tutto.

I Norem non sembravano avere fretta, e Gràen li ringraziò per essere così poco impulsivi. Rifletté sul da farsi, e più nello specifico sugli strumenti da utilizzare per sfuggire all'imminente imboscata. Rimuginava e gli tremavano le gambe. Un urlo folle gli ribolliva dentro, ma voleva sguainarlo solo alla fine, per sfruttarlo come effetto sorpresa. Disperato, rideva delle sue congetture.

La sua spada, se già i Norem non l'avevano neutralizzata, stava sul lato destro del letto, per terra dentro al fodero. Sarebbe quindi rotolato giù da quella parte.

Il tintinnio di una cotta di maglia gli mandò gli occhi fuori dalle orbite. Dopo un secondo, un altro scampanellio metallico si perse nel buio. I mostri camminavano.

Ancora incerto sulle loro posizioni, portò una mano febbrile sul comodino e prese la scatoletta di fiammiferi sopravvissuta alle tempeste sulla Melain. Trovandola, incappò con l'indice sulla cera bollente della candela e ritirò il braccio, affondando il dito nel lenzuolo. Gli parve di scorgere i soldati che si accanivano su di lui con lo sguardo. Stava perdendo troppo tempo, ormai si erano accorti della sua veglia. Prese il piccolo contenitore, estrasse un cerino e lo accese, ma nella fretta ne spezzò lo stelo. Tuttavia la fiamma scintillò comunque, con un tanfo orribile, esibendo un lume effimero. Gattonò da un'estremità all'altra del letto e si sporse in avanti per fare luce, e avrebbe preferito che quel bastoncino gli si fosse polverizzato tra le dita. Intravide uno sfolgorio d'acciao, e così, lentamente, con il fiammifero storto in mano, fece luce sulla figura che gli stava davanti, percorrendola dalla cintola al viso.

Negli occhi del Norem danzava la fiammella di Gràen. Il mostro schiuse le labbra in un sorriso marcio, il naso verde deformato da qualche follia guerresca. La pupilla si restringeva per la luce e affondava in un mare dorato e brillante, nell'iride venata di rosso.

Gràen urlò.

Si gettò sul pavimento e il soldato si tuffò sul materasso bersagliando il cuscino con la spada corta. A tentoni intercettò la spada e si trascinò a terra per qualche metro, scaricando una pioggia di fiammiferi sul cieco assassino.

Il rivestimento di stoffa del letto iniziava a prendere fuoco. Il Norem scorse quindi Gràen, ma il capitano lo bastonò con l'arma ancora nel fodero e il fuoco si levò sulla paglia e straziò il soldato, abbagliando la stanza.

«Uccidilo» ordinò un Norem dalla voce terribile.

In quel momento Gràen vide tutto. Un militare enorme presidiava la porta piantato sugli stivali, un altro gli veniva incontro. Con la mano libera condusse una manata al volto del mostro, ma si accorse che avrebbe incontrato il suo scudo. Afferrò il clipeo e lo tirò a sé per distrarre il nemico. Lasciò cadere la spada e col sinistro lo colpì sul volto, e si udirono ossa e ferri spezzarsi all'impatto, il sangue schizzare via sul muro.

Nel nome di CalidanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora