Capitolo XVI - Problemi alle miniere

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Erano quasi arrivati.

Già un paio di Norem li aveva scorti mentre passavano il fiume, minuscoli nell'immensità della natura. I due soldati li vedevano ma non potevano guardarli in faccia, le grinfie strette alle spade nel fodero. Stringevano gli occhietti e corrugavano il volto orribile, li chiudevano e poi rilassavano i lineamenti, incapaci di comprendere chi gli stesse venendo incontro.

«Dimenticavo di dirvi che l'ultima battaglia si svolse, invero, presso un luogo più oscuro e lontano da queste lande verdeggianti» parlò il re.

«Dove?»

«Dove Therolg ci ha rimesso la corona» intervenne Grindull, ormai stancatosi della canzone del compagno.

«Esatto» convenne il vecchio. «Dopo la vittoria del Dral, incontentabile, volle scovare ogni superstite e mandò i quadrati dell'esercito a perlustrare l'isola. I suoi generali gli comunicarono che i restanti allevatori stavano scappando a Nord – Ovest rifugiandosi tra i boschi, e così egli stesso guidò le truppe in quelle regioni. Seguì il corso di un fiume che si dice termini in un lago vastissimo, abbatté gli alberi per farsi strada e uccideva belve e piante, ma alle sue armi non veniva concesso di macchiarsi del sangue degli allevatori in fuga. Seguitò nel suo intento per diversi giorni, preda di una follia che lo divorava col passare delle stagioni.»

«La stessa malattia di Skull?» domandò Gràen, riferendosi a quanto Vargan gli aveva raccontato dopo l'assalto degli sdejkein.

Vargan sorrise, poi rispose: «È possibile, capitano: la brama di sangue è un morbo che ti prende e non ti abbandona facilmente, almeno fino a quando il sirion smette di procederti dentro alle viscere.»

Gràen andò con la mente a Rèkon, ma Vargan lo distrasse con un consueto colpo di tosse, a cui seguì uno schiarirsi gorgheggiante della stanca voce.

«Dopo cotanto pellegrinare, volle risolversi a guadare l'impetuoso corso d'acqua, nella convinzione che gli allevatori stessero rifugiandosi al di là di esso, e s'apprestò dunque ad elargire gli ordini ai Norem. Apparecchiate le truppe, in quei frangenti cominciò a diluviare e una tempesta sconvolse gli alberi, coi lampi che accecavano le stelle e il fuoco a nutrirsi della pioggia. Gli argini del fiume s'ingrossarono e presero a straripare, ma quello, sotto le acque che come un mare si rovesciavano sulle chiome frondose, non diede segno alcuno di tentennamento. Nella notte, mentre Therolg stava ritto a scorgere non so quali fantasmi, una freccia, sfidando i venti, gli trapassò il petto, giacché si era tolto la cotta di maglia. Agonizzante ribadì le istruzioni ai suoi combattenti, i quali ciecamente si lanciarono nel torrente e furono trascinati via tutti, come foglie in balia d'un maestoso uragano.»

«Per Melain» mormorò il capitano, figurandosi quelle scene nella testa.

«Certuni dicono venne ucciso da un arciere che si era stancato di obbedire, ma la verità è tutt'altra, in quanto la freccia nel suo petto non era di impennaggio Norem.»

«Che cosa significa?»

«Le piume della freccia non erano le stesse adoperate dai nostri soldati.»

«È stato un allevatore» intervenne sprezzante Zilge.

«Nessuno mai lo seppe per certo, tuttavia è pensabile che fu proprio uno di loro a colpirlo, nascosto tra gli alberi, armato di arco e di fortuna. Addirittura si narra d'interventi fantastici a decidere il fato del vecchio re, poiché il legno inzuppato non è propenso ad ardere per sua naturale volontà, e poiché è assurdo il fatto che soltanto un Norem fosse riuscito a tornare indietro per informarci di quanto era avvenuto.»

«A quanto pare, Emeron custodisce segreti in ogni filo d'erba» disse il Barbaro.

«Mi trovate d'accordo con voi, capitano» lo appoggiò Vargan. «Pare che un'ombra di fantasticherie aleggi tutt'intorno all'isola senza mai volersene dipartire.»

Nel nome di CalidanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora