Capitolo XXXIV - Inganni svelati

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Gikrut aveva insistito per impalare il cadavere di Zurbak in pubblico, su di una lancia, ma Skull non l'aveva ritenuto necessario per via della presenza del vecchio re. Se aveva permesso al Barbaro di scappare, l'ex custode della città doveva essere un fedelissimo di Vargan, dato che aveva messo a repentaglio la sua stessa vita; il sovrano, di certo, non avrebbe gradito quello spettacolo.

Tuttavia ciò era testimonianza di un'elevata presenza di soggetti scomodi all'interno della città maledetta, e la situazione non andava a favore della causa del generale dei Norem. Esporre il cadavere di un traditore poteva scoraggiare i soldati ancora indecisi sulla posizione da prendere, spaventarli, ammonirli con un esempio troppo eloquente. Tra le altre cose Hok era in fermento, perché da giorni affluivano tra le sue strade i veterani della capitale e delle città più a Nord, vicine alle terre segrete degli allevatori. Per tutti quei militari, aveva argomentato Gikrut, il cadavere profanato sarebbe stato un deterrente micidiale e universale. Eppure egli sapeva, quasi quanto Skull, quanto poco i veterani dell'esercito avessero tendenze sovversive. La politica di Vargan, con il suo rozzo tentativo di rivoluzionare l'organizzazione del regno, non piaceva ai soldati più esperti né a quelli più giovani, in quanto traevano vantaggi dalla situazione presente. Essere un soldato significava essere libero. Nessun altro rango sociale vantava gli stessi diritti, a eccezione forse di qualche commerciante, i quali però non frequentavano molto Hok, dove si sopravviveva con le ruberie oppure si moriva nelle carceri.

Alla fine, per evitare che la questione del cadavere potesse assumere un'importanza del tutto superflua, Skull aveva ceduto. Bisognava pensare a cose più importanti, cioè alle spedizioni di messa in sicurezza da intraprendere. Sulla costa ovest, voci parlavano di altri stranieri. Le miniere cadevano sotto i colpi dei krag e degli abitanti delle Montagne Alate. Regh si era svegliata di nuovo, con i suoi disordini, e non si aveva notizie del drappello dell'investigatore inviato all'ombra dei monti magici, per le ricerche sui krag e gli attentati alle cave d'oro, per sapere della situazione della città ribelle. D'altronde, non si poteva sperare di veder tornare viva la gente che si avventurava da quelle parti. Mentre in fondo all'animo di Skull, come una gemma segreta, non si oscurava mai il desiderio di farla pagare agli allevatori, gli assassini immemori di Therolg.

Nella piazza asimmetrica davanti al castello, centinaia di veterani parlavano tra di loro. Nonostante il sole inondasse i tetti squallidi di Hok, per la frescura non avevano rinunciato al loro armamento personale. Tutta quella roba addosso li teneva al caldo, e si erano liberati solo degli scudi rotondi, poggiandoli per terra tra gli stivali. Gli elmi di piume luccicavano di scintille e riflessi, puliti e lucidati per l'occasione. I foderi delle spade lunghe e delle daghe nella cintura erano nuovi, di cuoio ottimo. Dopo tanti anni trascorsi, per così dire, in pace, c'era nell'aria un'eccitazione perversa. L'ultima battaglia risaliva all'ascesa al trono di Vargan, così tutti quei militari si chiedevano curiosi perché il loro generale li avesse riuniti proprio a Hok. Le porte erano aperte, gli straccioni non circolavano mendicando per le strade. Intorno alla casetta del nuovo custode, all'ingresso principale, pochi Norem ammiravano il cadavere di Zurbak, trafitto da una lancia che gli attraversava la bocca, sul tetto della guardiola stessa.

Pareva quasi una cittadina nella norma, con tutte quelle armature a tintinnare in ogni angolo buio delle viuzze. Le ceneri dell'incendio provocato da Kugrot erano state ammucchiate lontano dal centro, e il lezzo orribile di sudiciume aveva abbandonato i ciottoli neri delle strade dissestate.

Nell'atrio grande del castello si intrattenevano i soldati più esperti, mentre dalle porte ai lati dell'androne uscivano ed entravano altri militari. In un angolo, vicino alle scale che portavano alla sala del Consiglio, erano ammucchiati gli stendardi delle formazioni di veterani.

Skull scese con dei Norem dalla rampa a destra. Scalpicciò nella sala e raggiunse il portone cigolante, già aperto, senza guardie. Dei soldati erano seduti sugli scalini e alzarono lo sguardo al passaggio del generale. In fretta, facendosi largo tra la confusione gracchiante, Skull con passi ampi precedette il suo gruppo verso l'entrata a est. Passarono davanti alle porte della galera, all'ombra di una torre baciata con distacco dal sole, e procedettero sul lastricato che conduceva al cancello. Due guardie sbucarono da un vicolo con l'andatura di una volpe. Gettarono un occhio al generale e svelti s'imbucarono in un'altra stradina, come avessero qualcuno da catturare. Anche da quel lato l'ingresso era libero, ma sui bastioni grigi facevano la ronda gli arcieri ammantati.

Nel nome di CalidanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora