Capitolo IX - Gràen contro Rèkon

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Luce, caldo, sole.

Gràen non ci vede bene. É accecato dallo splendere dell'astro, ma riesce a farsi coraggio e solleva la testa. Il suo sguardo ruba il colore del cielo.

Sugli spalti c'è tutta Umek, un luccichio ovale che brulica rumorosamente, si agita, freme, grida. Ha gli occhi stanchi, provati, distrutti da quel tremendo bagliore. Sono appassiti come fuscelli morti in un deserto che brucia. Si chiudono da soli, ma non devono, non possono.

Il tifo è insopportabile.

Da una parte gridano a favore, dall'altra contro, dannatamente contro. Sarebbe meglio che stessero zitti.

«Gràen, Gràen, Gràen!»

«Rèkon, Rèkon, Rèkon!»

Il rumore intensifica il caldo, opprime, devasta i pensieri già poco lucidi. E poi c'è l'energumeno: lo guarda con aria sprezzante, la spada gli volteggia tra le mani, quasi volesse dire che i giochetti da mezzo diamante sa farli soltanto lui.

La verità è che questi giochetti non servono a niente. Servono a quelli che vogliono mostrarsi superiori. Servono a quelli che amano davvero farsi sotto, combattere e prendersi a pugni, ma questo, a Gràen, proprio non interessa.

Gli interessa una sola cosa: diventare Capo delle Guardie Rosse. Vuole prendere decisioni importanti, decisioni che immaginava di prendere mentre si districava tra libri di storia e politica. Mentre si allenava con tutta la determinazione di questo mondo e insieme con tutta la riluttanza possibile. Vuole stare al fianco di Calidan e governare con lui fino alla fine dei suoi giorni.

Il punto è che non gli riesce di capire perché si debba combattere. Nella Sala Riunioni non dovrà certo sguainare la spada per proporre una riforma . Ma dovrà impugnarla per proteggere il re, un re che come nessun altro è acclamato dal popolo. In fondo, però, questo è l'unico modo per partecipare al bene di Umek. I membri della Grande Assemblea sono ancora troppo giovani per lasciare un posto vacante al tavolo dei consiglieri, e l'unico modo per sedere con loro è diventare Capo delle Guardie Rosse, e per diventare Capo delle Guardie Rosse bisogna partecipare ai tornei, combattere, soffrire, sudare come sta sudando Gràen.

Rèkon si avvicina. La folla, che quasi stava acquietandosi, torna a gridare come un esercito di mostri dannati.

«Vieni!» urla quello.

È enorme.

Aveva sperato di non doverlo incontrare mai, aveva sperato che lo togliessero di mezzo gli altri ma niente, nessuno c'era riuscito e ora toccava a lui, e se perdeva poteva andarsene al posto suo alle miniere, dove l'energumeno lavorava spaccando pietre. O magari si sarebbe trovato un lavoro che gli piacesse di più, ma nulla lo attraeva come starsene in un castello al fresco a inventare leggi per il bene di Umek.

Si maledice, si stupisce d'essere giunto fin lì. Poi avanza e Rèkon si volta verso la folla che lo sostiene. Urlano, di nuovo, tutti.

«Rèkon, Rèkon, Rèkon!»

Gràen li guarda, ma il sole è troppo alto e gli gira la testa. E se non li può guardare se li immagina: una marea di contadini e minatori. Poi si volta verso i suoi. Chiude gli occhi perché tanto non riesce a scorgerli, ma sa che ci sono scrittori, commercianti, guerrieri di cultura e politici. E forse c'è anche un po' Calidan. Lo riesce a vedere, minuscolo e in alto sugli spalti davanti a lui, alle spalle dell'energumeno.

È seduto su di un trono con la corona sul capo, lo sa perché la vede sfavillare più del sole, meravigliosamente accecante. Accanto a lui il c'è il Capo delle Guardie Rosse: Talgrim, un Barbaro serioso parecchio avanti con gli anni. Nelle rare occasioni che lo si vede fuori dal castello, ha sempre l'aria accigliata e inquieta, come se non si fidasse di nessuno, eppure gira voce sia un ottimo consigliere. In sessant'anni, sono stati tre i Capi delle Guardie provenienti da Sadek, mentre Gràen e Rèkon sono entrambi originari di Umek.

Nel nome di CalidanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora