Un fiume scorreva placido giù dalle alture. Il firmamento brillava nella notte come tante lanterne disperse nel nulla. Crepitanti, le torce di Hok parevano rifletterlo come la luna in uno stagno, fiammeggiando e sussultando tra le anguste vie silenziose. L'umidità bagnava i muri delle caserme ammassate sulle colline, le stesse su cui la tetra città aveva trascorso anni irrequieti.
Un brulicare di fiaccole prese ad animarsi. I fuochi, come d'incanto, si mossero, facendosi più vicini. A frotte, come una compagnia di esuli ritrovatasi insieme, cinquecento ombre sfociarono dalle innumerevoli arterie nella strada principale. Procedettero impassibili e si ordinarono su due colonne, avanzando in silenzio lungo il viale scosceso.
Nessuno osava parlare e niente pareva muoversi. Vi erano solo un calpestio e un rumore di spade, che monotoni si alzavano al cielo e sembravano dirgli di starsene zitto, muto a guardare la scelleratezza che si stava per compiere. E le stelle obbedivano, non parlavano e anzi si spegnevano, di volta in volta, al passar delle nubi.
Quando le creature giunsero dinanzi alla porta, due di loro si fecero avanti. Le guardie li fermarono, ma vennero dissuase all'istante. Qualcuno girò una chiave e la serratura fu messa in azione, le grate del cancello si alzarono e i soldati sciamarono fuori. Dopo essersi disposti in due gruppi, si avventurarono tra i colli marciando a passo sostenuto. L'ingresso alla città venne chiuso dall'interno.
I componenti della spedizione recavano un elmo piumato e avevano sul volto un'ombra di neutrale determinazione. La maggior parte della compagnia era munita di un piccolo ma robusto scudo rotondo e portava due spade, una lunga e una corta, mentre l'intero corredo era completato da una sottile cotta di maglia.
I restanti Norem, più in disparte, erano degli arcieri. Mostravano un fisico slanciato, proseguivano ad ampie falcate ed erano, nel complesso, più svelti degli altri fanti. Robuste cinghie sostenevano le faretre strapiene di frecce mentre impedivano alle cappe di svolazzare nel buio.
Rari cespugli interrompevano la monotonia delle alture costringendo i due gruppi a cambiare direzione; nel frattempo, ospitavano striduli richiami d'insetti e si muovevano, teneri, sotto le carezze di un vento impercettibile. L'aria fresca scivolava tra i ranghi vagando nelle tenebre, raggiungendo le fiaccole, attraversandole come un artista di circo. Il silenzio avvolgeva l'oscurità e il paesaggio scorreva monotono sotto gli occhi dei mostri. Dall'alto, un devastante incendio sembrava consumare l'erba delle alture, poiché al passare dei combattenti il terreno s'illuminava di un arancione debole, e mostruose figure prendevano vita come neri marciatori di una notte senza luna.
Raggiunta una spianata verdeggiante, Skull, in testa ai soldati, distese i pugni e aprì le braccia come a voler respirare a pieni polmoni. I drappelli si sciolsero, distribuendosi su due linee per prepararsi ad affrontare la foresta.
«Le spade.»
I soldati si arrestarono. Le armi sgusciarono fuori dalle guaine e il sibilo dei ferri percorse la notte. Poi la compagnia riprese a marciare.
Accompagnata dalle sue sagome, avanzò dapprima nel verde, poi tra alberi sparsi e infine tra piante rigogliose che andavano annunciando la vicinanza della selva. Gli stivali premevano sulla terra e lasciavano la loro impronta sul suolo umido.
Percorsi un paio di chilometri, i Norem furono in vista della pineta. Quasi fossero dinanzi a una montagna, deviarono il percorso costeggiando il confine silvano e, allontanatisi dalle colline di Hok, fiancheggiarono quella che doveva essere la pinna dorsale del delfino. Poco più in là, il corso di un fiume li spingeva verso la foresta e la foresta verso il fiume, costringendoli in un sottile lembo di pianura. Dopo aver camminato per almeno due ore, s'inoltrarono nel ventre della macchia. Il rossore delle fiaccole svanì come soffocato dalla boscaglia. Nel frattempo le cicale tacevano, e innumerevoli esserini si accucciavano tra i rami più alti e scivolavano tra gli aghi di pino. Spogliati delle loro ombre, infaticabili, percorsero la foresta fin quando intravidero i fuochi Barbari sulla spiaggia. Si abbassarono, accovacciandosi quasi a toccare terra. Con un rapido frusciare di foglie si mossero attorno a Skull.
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Nel nome di Calidan
FantasyL'intramontabile prosperità di Umek è compromessa da un autunno troppo caldo, mentre tutte le miniere d'oro sembrano essersi esaurite. Re Calidan, avvilito dal destino che si prospetta agli occhi della sua gente, è deciso a trovare una soluzione. C...