Capitolo XVII - Hok

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Quando già Gràen, contrariato, si era messo di nuovo in piedi, una piccola folla di soldati gli borbottava concitata intorno, curiosa di apprendere, nell'aria avvolta di polveri grosse, l'avvenuto incidente. I graffi degli sdejkein s'erano riempiti anch'essi di granelli di polvere, annegati nel sangue ancora fresco. Il comandante stringeva il viso gemendo fra i denti, espirava il dolore dalle viscere per spingerlo al di là delle labbra e tentava di non lamentarsi oltre.

«Come state?» fece Vargan, sostenendolo. «Non avrei pensato mai...»

«Chi altri è riuscito a scappare?»

«Un lavoratore, capitano. Ma è già stato trasferito altrove dalle guardie.»

«Grindull è morto!» esclamò Zilge, turbato, stringendo ancora la daga nel pugno.

«Era un ottimo soldato» constatò il re con malcelato dolore, quasi confuso di trovarsi ancora in quel posto.

«Il lavoratore sta bene?» domandò il Barbaro, gli occhi stretti ad abituarsi al sole.

«Non ha importanza» rispose il re, stranito.

Il capitano diede un'ampia occhiata alle macerie.

L'ingresso della miniera, coperto di rocce e pali di legno frantumati, era scomparso irrimediabilmente. Il terreno era franato sotto ai sostegni principali e le pareti della galleria l'avevano assecondato, sbriciolandosi l'una sull'altra così da ricoprire il vuoto venutosi a creare. Poco distanti dal grosso dei detriti, alcune buche fumeggiavano polverose dai brevi cunicoli rimasti intatti, scricchiolando di un rollio di terra e sassi. Non prima di averle aggirate con prudenza, di soppiatto, alcune guardie si affacciavano nel buio di quelle voragini, le ginocchia piegate a temere di cadere a ogni passo.

«O forse pensavate di ucciderlo?» continuò Gràen, girandosi bieco verso il sovrano.

«Permettetemi di ritenere che le sorti del mondo non sarebbero mutate in nessuno dei due casi, comandante.»

«Ma un diverso trattamento per quell'operaio potrebbe cambiare decisamente la sua vita.»

«Non avrebbe più dove andare né di che vivere» argomentò Vargan. «Come tutti gli operai è un incapace, e ciò pertanto vuole significare che sia meglio per lui rimanere sottoterra.»

«Infatti non intendevo dire di lasciarli vagare senza un soldo per strada, ma di voler considerare il loro lavoro come un importante aiuto all'economia dell'isola, così come considerate il soldato indispensabile per un regno che si rispetti» gli disse il comandante, traendo in quell'istante una conclusione che aveva dedotto dal colloquio con Snog sopra all'avamposto.

«Forse non mi riesce di comprendervi appieno» mormorò il vecchio, guardando i Norem indaffarati ad aggirarsi tra le pietre.

Gràen sospirò stanco. Con le mani provò a scrollarsi la polvere dalle spalle, ma sussultava per i graffi sparsi qua e là sulla pelle liscia.

«Ritenete opportuno avviarci verso Hok?» domandò il re, osservandolo.

«Non c'è modo di recuperare i corpi?»

«Invierò una guarnigione per indagare e forse rinvenire Grindull.»

«Quanto viene pagato un operaio?» domandò Gràen incamminandosi in direzione del fiume giù dalle colline.

«Sire...» mormorò qualcuno stridulo, sfiorando il re.

«Che cosa c'è?» disse Vargan, voltandosi. «Zilge... Non ci accompagni?»

Il soldato aveva gli occhi dispiaciuti e temeva di pronunciarsi.

«Vuoi forse rimanere qui?» lo interrogò il vecchio. «Non scorgo molte speranze, ad essere sincero.»

Nel nome di CalidanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora