Lo chef seminudo

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<<Ellen, hai visto per caso la mia camicia con le stelle marine?>> I miei genitori erano tornati a casa da qualche ora. Mia madre Rose stava facendo ginnastica in sala, mentre mio padre Tim cercava di fare la valigia senza però riuscirci.

Sarebbero partiti per le Galapagos in tre giorni e ancora non avevano praticamente preparato nulla. Beh, mia madre sì, ma era mio padre il problema.

<<No, per fortuna no.>>, risposi io dalla mia stanza mentre parlavo su Facebook con una mia compagna di università.

<<Rose tu l'hai vista?>> Mio padre continuava a cercare disperatamente quella camicia che per me era ridicola.

<<Tim, se provi a portare con te quella camicia, giuro che faccio finta di non conoscerti!>>. Sentii mia madre sbuffare e salire le scale con il passo di chi si sta per adirare.

<<Ogni marito e padre che si rispetti ha il diritto di tenere nell'armadio una camicia orribile.>>, disse mio padre quando vide mia madre entrare nella stanza.

Mi alzai dal letto e chiusi Facebook, curiosa dello spettacolo che si stava tenendo in camera loro. Mi facevano sempre ridere da morire quando discutevano per le sciocchezze. Sembravano una vecchia coppia un po' rimbambita che sta insieme da una vita.

Mi mancheranno, pensai tra me e me guardandoli dal corridoio.

<<Hai ragione Tim: hai il diritto di tenerla nell'armadio quella camicia, non di indossarla.>>.

Eh sì, mi sarebbero proprio mancati, ma ero contenta che passassero due settimane senza pensare al lavoro e senza una rompiscatole tra i piedi.

Scesi giù in cucina a controllare che gli spaghetti non si scuocessero. Se c'era una cosa che i nostri vecchi amici italiani ci avevano insegnato, è che la pasta asciutta si mangia al dente, non morbida come colla.

Mentre assaggiavo uno spaghetto sentii il telefono vibrarmi in tasca. Per un secondo sperai che fosse Ray, ma poi mi tornò in mente, per l'ennesima volta, che lui non aveva un telefono.

Non riuscii a leggere il nome sullo schermo, quindi risposi e basta.

<<Sì?>>, dissi.

<<Ellen! Sono Diane, la tua vecchia amica che non vedi da qualche mese.>>. Era Diane Priest, la figlia della Signora Priest alla cassa del supermercato.

<<O Santo Cielo, Diane! Come te la passi?>>. Appoggiai la forchetta sul tavolo e spensi il gas della pasta.

<<Non male devo dire. Sono tornata poco fa da Dublino, insieme a Peter, e mi chiedevo se ti va di andare a mangiare qualcosa tutti insieme domani, come ai vecchi tempi.>>. La sua voce era squillante e viva, come me la ricordavo.

<<Cevto, ne savei onovata, mia cava.>>, dissi ammosciando tutte le erre per parlare come una vecchia nobildonna. <<Dove andiamo?>>, aggiunsi normalmente.

<<Beh, c'è un locale un po' fuori mano da Trevor Wood dove fanno i karaoke. Che te ne pare?>>. Potevo immaginare la sua faccia dall'altra parte del telefono che sorrideva a trentadue denti, emozionata all'idea. Io invece lo ero un po' meno, visto che i karaoke mi spaventavano a morte, ma accettai comunque la proposta, dal momento che veniva fatta da una persona che non vedevo da un'eternità.

<<Perfetto! Saremo tu, Peter ed io.>>, aggiunse sempre più contenta.

Non so perché, ma mi venne in mente quello che avevo detto a Ray l'ultima volta che lo avevo visto, cioè che mi sarei rifatta viva, così dissi: <<Posso portare un amico?>>.

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