<<Vuoi dire che sei già stato a Trevor Wood?>>. La voce di Ellen suonava titubante. La confusione rivelavano i suoi occhi.
<<Sì, sono già stato a Trevor Wood prima d'ora.>>, dissi, <<E sapevo già chi eri.>>, aggiunsi guardandola negli occhi.
Sapevo di averla spiazzata. La sua bocca aperta me lo dimostrava chiaramente, ma meritava di sapere la verità.
<<Io non...>>. Cercò di dire qualcosa. Probabilmente che non capiva di cosa stessi parlando, o forse che non voleva più vedermi, temendo che fossi uno stalker, ma non completò la frase, quindi approfittai per continuare.
<<Lo so che sembra strano. E inquietante.>>, aggiunsi, <<Ma lascia che mi spieghi meglio.>>.
Guardai Ellen, aspettando che incontrasse il mio sguardo. Quando lo fece, notai che i suoi occhi erano diventati ancora più neri, rendendola più seria e attenta del solito, segno che potevo andare avanti.
<<Ho sempre amato i posti tranquilli.>>, iniziai a raccontare. Come incipit sapevo che era molto lontano dal come avessi conosciuto Ellen ancor prima di conoscerla davvero, ma dovevo partire dall'inizio, da quando tutto era cominciato, per rendere le cose davvero chiare.
<<D'estate, dopo la morte dei miei, tutto quello che cercavo era il silenzio. Detestavo la compagnia o le persone che tentavano di farmi parlare del mio trauma. Volevo solo restare per conto mio. Per questo andavo tutti i pomeriggi in chiesa, non tanto per pregare, anche perché a nove anni non avevo la minima idea di cosa volesse significare la parola Dio, quanto per approfittare della calma che regnava in quel luogo.>>.
Guardai Ellen. La sua espressione era seria e corrugata. Due occhi scuri mi ascoltavano in silenzio, aspettando pazientemente che riprendessi.
<<Quando sparivo i miei genitori adottivi, Jerry e Margaret, sapevano perfettamente dove cercarmi, e quando mi trovavano non mi sgridavano mai né tentavano di farmi aprire con loro; ma si sedevano sulle panche della chiesa con me, attendendo che avessi finito di fare quello che stavo facendo. Ovvero niente.>>. Una debole risata mi sfuggì al ricordo di me che guardavo l'altare in silenzio.
Anche Ellen, presa dalla mia storia, sorrise. Un'innocente fossetta accompagnava il suo sorriso.
<<Quando tornavamo a casa, Jerry e Margaret, mi prendevano per mano e mi portavano a prendere un gelato. Sceglievo sempre fragola e pistacchio.>>.
<<Sembri proprio il tipo da fragola.>>, intervenne Ellen abbozzando un sorriso.
<<Puoi dirlo forte.>>. Stava cercando di attenuare la tensione che inizialmente si era creata. Era questo che apprezzavo di lei: cercava di rendere tutto più leggero.
Tirai un altro sassolino in acqua e ripresi.
<<Fu quella la mia terapia. Fu andando in chiesa e mangiando gelato che superai piano piano la morte dei miei. Così, quando divenni adulto, decisi che avrei dedicato sempre un po' di tempo al silenzio e alla pace, a cui dovevo parte del mio sollievo.>>.
Gettai un altro sassolino in mare.
<<È da quando ho diciassette anni che ogni estate mi rifugio in un monastero per passare del tempo solo con me stesso.>>.
<<Quindi è per questo che per i giornali in quel periodo diventi un fantasma? Insomma, riesci a far perdere davvero le tue tracce?>>.
<<Già, Miss Detective.>>, risposi scherzosamente dandole un buffetto sulla spalla, <<E ho anche un bravo manager ad aiutarmi, ovvero mio padre Jerry. È lui che stende i contratti di riservatezza che anche i tuoi hanno firmato. Con i monaci funziona allo stesso modo, solo che verso loro anche una profumata offerta per la mia permanenza.>>.
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Quell'estate
RomantizmCon mia sorpresa, il ragazzo che venne ad aprirmi la porta non era affatto come me l'ero aspettato. Al posto del barbuto ragazzo dall'aria sorniona, comparve una folta chioma bruna e disordinata che adornava un volto dallo sguardo sveglio e vivace...