Karaoke- Raymond

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Erano le sette ed ero appena uscito dalla doccia. Avevo l'asciugamano intorno alla vita e i capelli ancora bagnati. Ellen sarebbe arrivata a momenti e non avevo neanche le mutande. Diamine, una volta erano le ragazze a metterci secoli per prepararsi, non i ragazzi, pensai tra me e me mentre infilavo una maglietta bianca.

  Guardavo l'orologio al mio polso ogni minuto per vedere quanto tempo mi restava per farmi bello. Alle sette e dieci mi rimaneva solo da ritoccare le sopracciglia con una sorta di matitone strano che avevo rubato alla mia truccatrice cinematografica.

  Sebbene avessi ancora i capelli bagnati, presi gli occhiali da vista che servivano per il camuffamento e alle sette e un quarto mi sedetti sugli scalini di casa, aspettando Ellen che arrivò puntuale.

<<Ehilà, ci conosciamo?>>, mi disse abbassando il finestrino.

<<Te l'ho detto che sembro diverso con occhiali e sopracciglia più folte.>>, ed entrai in macchina.

  Mentre percorrevamo le strade della città per arrivare da Diane, guardavo il sole e i suoi raggi, attento a non accecarmi.

<<Se vuoi ho dei cd nel cruscotto davanti a te.>>. Mi voltai verso Ellen, ancora abbaiato dallo spettacolo dei colori estivi che invadeva il paesaggio, e notai come delle paiuzze dorate nei suoi occhi neri; non saprei come spiegarvelo, ma era come se dei frammenti di Sole fossero finiti in quegli occhi infinitamente profondi e mi pungessero nel petto.

Che sensazione strana, pensai.

<<No, non mi disturba il silenzio.>>, le risposi dopo essermi ripreso.

<<Come vuoi.>>, disse sorridendo con gli occhi che tornarono a guardare la strada.

  Continuavo a guardare fuori dal finestrino, ma di tanto in tanto mi voltavo verso di lei e osservavo il suo profilo. La fronte alta, il naso dritto e quelle labbra sottili che puntavano dritte davanti a lei. Era così bella e neanche se ne rendeva conto.

  Ad un tratto il suono di un'anatra ruppe il silenzio che regnava tra noi.

<<Ray, ti dispiace passarmi il telefono che è nella mia borsa?>>. Feci quanto mi chiedeva e le porsi il telefono. Mi sembrava passato un secolo da quando avevo toccato il mio per l'ultima volta.

<<Nonna?>>, disse. Mi voltai immediatamente a guardarla. Era la mitica nonna Jane.

<<Sì, ho già fatto i bagagli. Arriverò dopodomani per pranzo.>>, le disse Ellen tenendo il cellulare tra il mento e il collo. <<Nonna sto guidando. Aspetta un secondo che ti metto in vivavoce, ma non dire niente di imbarazzante, perché non sono sola.>>. E appoggiò il telefono sul portaoggetti vicino al cambio.

<<Ah, non sei sola? Ellen cara, ti prego dimmi che sei con quel giovane carino a cui avete affittato casa.>>. Una voce anziana ma ancora vellutata uscì dal cellulare e riempì la macchina. Vidi Ellen guardare velocemente me, che ridacchiavo, e poi distogliere immediatamente lo sguardo per celare il rossore.

<<Sì nonna, sono con lui.>>, le rispose alla fine rassegnata.

<<Posso parlarci?>>, disse sua nonna Jane.

Io continuavo a ridere.

<<Certo.>>, disse Ellen roteando gli occhi al cielo.

Battei le mani mostrando la mia eccitazione nel poter parlare per la prima volta con Nonna Jane.

<<Signora Campbell, sono Raymond, l'amico di sua nipote.>>, dissi rivolto al telefono. Ellen mi guardava fingendo un'espressione adirata, ma in realtà la vedevo sorridere.

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