L'amore ti dona

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Di cinque ore ce ne restavano poco più di una.

Il tempo è davvero un animale curioso. È mutevole come la pelle di un camaleonte; è capace di passare da un'ora all'altra con la stessa rapidità con cui quell'animale cambia colore.

<<Non ci credo.>>. Ray, disteso su un fianco, osservava il mio viso con calma. Era ancora a torso nudo, ma si era rimesso i pantaloni. Ci eravamo già spinti abbastanza oltre per i miei standard e Raymond lo sapeva.

<<Non credi a che cosa?>>.

<<Che nessuno ti abbia mai toccato come ho fatto io.>>. I suoi occhi erano buoni, privi di malizia o presunzione.

Mi passò lentamente il pollice sulle labbra e sorrise.

<<E chi ti dice che nessuno lo abbia mai fatto?>> risposi ironicamente.

Un lampo di sbigottimento passò sul suo viso. La mandibola cadde con un suono sordo.

<<Co...cosa?>> disse schiarendosi la voce. Poi si avvicinò prendendomi per i fianchi. <<E, supponiamo che sia vero: questo qualcuno è stato più bravo di me?>>.

Iniziò a baciarmi sul collo. Tanti piccoli morsi coprivano la mia pelle. Speravo non lasciassero segni.

<<Okay, okay.>> dissi allontanandolo gentilmente (per quel giorno le lezioni potevano bastare) <<Non è vero!>> e ridendo, lo guardai sorridere trionfante. <<Ma perché non puoi crederci?>>.

<<Stai scherzando? Sei troppo bella per essere rimasta sola tutto questo tempo.>>. Il suo tono era incredulo.

  Iniziai ad arrossire. Mi sentivo nuda, più nuda di quanto non lo fossi stata nelle ore precedenti. Le sue parole erano belle e bizzarre al tempo stesso.

<<Non saprei Ray.>> dissi. <<Non è facile innamorarsi di me.>>.

Le parole uscirono spontaneamente. Scivolarono con un'inconsapevole leggerezza, un'imprevista naturalezza, tanto che anche Raymond ne parve affascinato.

  Calò lentamente il silenzio, come si cala un sipario. Ray accarezzava le mie mani, giocherellando con le dita e premendo i polpastrelli contro il palmo. Gli occhi verdi guardavano in basso.

<<Perché credi che sia difficile?>> disse a bassa voce. Sembrava temesse di svegliare qualcuno.

<<Non lo so. Tu perché ci hai messo così tanto ad innamorarti di Rachel?>>. Non volevo tirare in ballo lei, ma la sua immagine, sebbene non l'avessi mai vista, raggiunse la mia mente e fece in modo che il suo nome approdasse nella mia bocca.

  Raymond alzò gli occhi. Le mani erano ancora allacciate alle mie.

<<Non lo so. In realtà credo di esserlo sempre stato, ma me ne sono accorto troppo tardi.>>.

Poi mi baciò.

Sembrava che dovesse chiedermi perdono per qualcosa. Sentivo il suono di una preghiera passare attraverso le nostre lingue e rimbalzare da lui a me, per poi restare a fluttuare nello spazio tra noi.

  Una lacrima toccò la sua guancia e atterrò sulla mia mano. La lasciai lì. Scendeva lungo la mia pelle e scuriva la coperta del letto.

Non so quanto tempo restammo così, appesi al silenzio e alla tranquilla malinconia di quel pomeriggio afoso, tra le lenzuola fresche e l'aria calda.

So solo che ci riprendemmo quando il telefono squillò.

Mi alzai di scatto, richiamata dal suono della classica anatra che mi seguiva in ogni avventura.

Quell'estateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora