Il ritorno

86 19 6
                                        

Il giorno di partire era giunto. Due settimane erano passate eppure sembrava che l'estate fosse iniziata solo ieri.

Stavano succedendo così tante cose da quando l'estate era cominciata, che non riuscivo più a capire se fossero state tutte vere oppure no.

Mi voltai verso il ragazzo che stava caricando le valige in macchina. Sì, era tutto reale.

<<E questo era l'ultimo.>>, disse Raymond dopo aver chiuso il bagagliaio.

Si avvicinò a me appoggiata al muro e mi baciò con leggerezza, assaporando la lentezza del momento.

<<Per fortuna io sono una nonna moderna e adoro le storie d'amore, ma a casa tua, Ellen, con tuo padre soprattutto, dovrai stare un po' più attenta a tutto questo smushi-smushi. A proposito: hai detto ai tuoi che voi due...beh, siete una coppia?>> disse mia nonna irrompendo in garage, una finta espressione di disapprovazione rivolta nella nostra direzione.

<<Non ancora.>> risposi rossa in viso, le mani di Raymond che ancora mi cingevano i fianchi.

<<Non sarà di certo un problema. Questo ragazzo piace a tutti!>>.

Raymond ed io ci staccammo dal muro e andammo verso di lei, che mentre parlava armeggiava con un pacchetto colorato.

<<Mi dispiace che il pacchetto non sia venuto bene, ma è per te.>> disse dandomi il regalo, <<Credo che saprai benissimo quando indossarlo.>> continuò facendomi l'occhiolino.

Aprii incuriosita il pacchetto, con gli occhi di Raymond fissi su di me e quelli di mia nonna sulle mie mani che stracciavano la carta.

Un completino intimo color rosa antico, ecco cosa mi aveva regalato.

<<Oh.>>, fu tutto ciò che riuscii a dire.

<<Non dirmi che non ti piace!>>, disse mia nonna preoccupata.

<<Se può essere d'aiuto, a me piace.>> intervenne ironicamente Ray.

Nascosi mutande e reggiseno nella carta e ringraziai mia nonna.

<<Cosa? No, no...è magnifico, solo che non è un classico regalo da nonna, ecco tutto.>>. Misi il pacchetto in borsa e abbracciai mia nonna che approfittò della vicinanza alle mie orecchie per sussurrarmi: <<Hai visto come gli è piaciuto?>>.

Alla fine, dopo ringraziamenti ripetuti innumerevoli volte, abbracci spezzati e ricomposti altre innumerevoli volte, e dopo aver rifatto pipì, Raymond ed io partimmo con la benedizione di mia nonna Jane e con la promessa che ci saremmo risentiti presto.

Sta volta era Raymond a guidare. Stando a lui, era da tanto che non lo faceva e sentiva il bisogno di stringere uno sterzo tra le sue grandi mani, così lo lasciai guidare. Almeno potevo guardarlo senza distrarmi.

Avevamo acceso la radio. Eravamo silenziosi, non come due estranei a disagio, ma come due persone che non hanno bisogno di parlare per comprendersi.

Sentivo questa sorta di mistica connessione, una specie di comprensione dell'uno e dell'altro che ci caratterizzava e ci univa.

Raymond si voltò a guardarmi, una mano sullo sterzo ed una sul cambio.

<<Quarantacinque giorni. È il tempo che ci resta.>>. Era così serio. Sembrava che avesse paura del dopo, di ciò che sarebbe successo dal il quarantaseiesimo giorno in poi.

<<Allora ce lo faremo bastare.>> e, mettendo la mano sopra la sua, sul cambio, lo rassicurai sfoggiando lo sguardo più sereno che potei trovare.

<<Ma il tempo è poco, e ci sono ancora molte cose da fare.>> continuò. Sta volta l'espressione prima preoccupata era diventata maliziosa.

<<Per esempio?>> chiesi sfidandolo.

<<Beh, vista la tua inesperienza, vorrei insegnarti un paio di casette che in futuro potrebbero servirti su...>>.

<<Sei proprio un sesso-dipendente!>> lo interruppi ridendo.

<<Cosa? Non sto parlando di sesso, ma di cucina. Sei un disastro ai fornelli e lo sai anche tu. E poi alla fine chi sarebbe il sesso-dipendente, eh?>> rispose sarcasticamente. <<Ma se ci tieni possiamo fare un ripasso anche di anatomia, già che ci siamo. Sei un po' indietro anche con quello.>>.

Arrossii velocemente e d'istinto chiusi le gambe. Raymond lo notò, e scoppiò a ridere non facendo altro che incrementare il mio rossore.

<<Ogni cosa a suo tempo.>> concluse poi saggiamente, e gli tirai un cazzotto sulla gamba.

Era quasi mezzogiorno. Mancava meno di mezz'ora a casa ma volevo che la macchina non si fermasse mai, che si muovesse perennemente intorno ad un'orbita sconosciuta. Così magari avremmo sconfitto il tempo. Saremmo stati per sempre in moto insieme, alla stessa andatura.

Raymond aveva ragione: mancavano meno di due mesi alla fine dell'estate. C'era troppo poco tempo.

Ad un tratto il mio telefono squillò. Era mia madre.

<<Ciao mamma. Dove siete?>>

<<Ciao Ellen, siamo atterrati da poco. Prendiamo i bagagli e poi veniamo da te. Saremo a casa verso le cinque se tutto va bene. Ah, tua nonna mi ha detto di te e di Ray. Quando torniamo a casa voglio sapere tutti i dettagli.>>.

Guardai Ray di sottecchi e poi salutai mia madre.

Sarebbero arrivati alle cinque, il che significava che avrei avuto casa libera per più o meno cinque ore, ed in cinque ore si potevano fare molte cose.

Oddio, ma a cosa sto pensando?, mi chiesi.

<<Che ti hanno detto i tuoi?>> domandò Ray curioso.

<<Che non saranno a casa prima delle cinque.>>. Rimasi sorpresa dalla rapidità con cui le parole mi uscirono di bocca.

Raymond si voltò a guardarmi ed ancora una volta ebbi la sensazione che stava pensando esattamente ciò a cui stavo pensando io, cosa di cui fui certa quando si passò una mano tra i capelli deglutendo con affanno. 


#Spazioautore:

Spero vivamente che vi piaccia non solo il capitolo ma anche la canzone che lo accompagna, visto che è una delle mie preferite. XD Non perdetevi il prossimo capitolo in cui vedremo cosa accadrà in cinque ore d'attesa. :D

Love,

EllyDarcy

Quell'estateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora