Quello sguardo

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Da quel giorno divenimmo amici.

Parlare con Raymond non era come parlare con uno sconosciuto, ma come con una persona che non si vede da tanto tempo ma a cui si ha sempre voluto bene. Non so se mi spiego.

  Se ne andò prima di pranzo per andare a farsi una doccia, ma mi chiese se mi andava di fargli fare un giro della cittadina quella sera stessa. Io accettai.

  <<Ellen, ma se devi uscire con quel gran figo di Raymond, devi vestirti come una ragazza, non come una lesbica arrabbiata!>> Avevo detto ai miei che quella sera avrei portato Raymond a fare un giro e mia madre subito aveva immaginato che quello fosse un appuntamento, quindi voleva che mi vestissi adeguatamente per fare colpo; mentre mio padre, come tutti i padri di figlie femmine, mi sosteneva, dicendo a mia mamma che il mio abbigliamento era assolutamente perfetto.

<<Mamma, per la centesima volta: non è un appuntamento.>>, dissi scendendo le scale e mettendomi davanti a lei con sguardo di sfida, <<E poi cos'hanno i miei vestiti che non va? Insomma, indosso delle Vans, dei pantaloncini e una maglietta con scritto I love nerds, e allora?>>. Superai mia madre e andai a prendere la borsa sulla sedia in salotto, aspettando che lei mi rispondesse per le rime, e invece mi sorprese. <<Fai come ti pare, ma poi non restarci delusa quando ti scambierà per una lesbica.>>, e con un sorriso poco convinto, si mise a sedere vicino a mio padre e gli dette un bacio sulla fronte.

<<Grazie e buona notte.>>, e lanciando un bacio ad entrambi, presi le chiavi di casa e uscii.

Raymond (o Ray, come voleva che lo chiamassi) mi aspettava fuori di casa sua seduto sui gradini. Appena mi vide si alzò e mi venne incontro.

Non so perché, ma non appena si avvicinò iniziai ad agitarmi e le mani cominciarono a sudare. Idiota, pensai, non è mica un appuntamento come dice tua madre.

<<Allora, dove mi porti?>> Mi prese a braccetto come tra vecchie signore, e mi attirò vicino a sé. Il suo profumo era così buono e intenso. Sentivo qualcosa di dolce e fresco che mi avvolgeva come una morbida coperta invernale. Era una sensazione fantastica.

<<Non lo so. Ti va un hamburger?>>, gli chiesi.

<<E me lo chiedi? A chi non andrebbe un hamburger?>>, e ci incamminammo verso il Fairytale, il pub dove dovevamo andare.

  Le strade di Trevor Wood erano deserte. Certo, lo sono anche in altre stagioni, ma mai come in estate, quando la cittadina si spopola del tutto riversando i suoi abitanti (eccetto i vecchietti e qualche giovane pigro) nelle località balneari o in altri luoghi più turistici e meno solitari. Noi di solito andavamo al mare da mia nonna a Southampton, ma quell'anno ci sarei andata solo io, perché i miei sarebbero partiti i primi di luglio per stare due settimane alle Galapagos. Beati loro.

<<E quando andrai da tua nonna Jane?>> Il nome di mia nonna pronunciato da lui mi faceva sorridere.

<<Dal due al quattordici luglio.>> Raymond annuì e silenziosamente si passò una mano tra i capelli lunghi.

  Guardandoci intorno ci sembrava di essere gli unici umani in circolazione. Di tanto in tanto passando vicino ad una casa, sentivamo il suono di una tv accesa, o di qualche cane che abbaiava, o di qualche persona anziana tossire sotto una veranda. Salutavamo tutti, come si fa nelle piccole città.

<<Passiamo di nuovo per il bosco, così facciamo prima.>> e allungando il passo, mi allontanai da Raymond e mi addentrai nel bosco buio.

<<Ma vai sempre di fretta tu?>>. Lo sentii accelerare, ma non abbastanza da vedermi nascondere dietro il tronco di un albero. Io potevo vedere lui, ma lui non poteva vedere me.

<<Ellen? Ma dove sei?>> Lo vedevo guardarsi attorno cercando di capire dove fossi, ma non riusciva a trovarmi. Era così bello. Aveva dei jeans lunghi strappati alle ginocchia, e indossava una t-shirt bianca con qualche scarabocchio incomprensibile. I capelli ricadevano disordinati sul viso, dandogli un aspetto selvaggio e mistico allo stesso tempo. E in più sentivo il suo odore.

<<Cazzo, se non avessi buttato via quello stupido cellulare almeno avrei potuto usare la torcia. Non si vede nulla!>> Si appoggiò contro un tronco e continuò:<<Guarda che ho capito quello che vuoi fare, sai? Vuoi farmela pagare per averti spaventato sta mattina, ma non ci riuscirai perché...>> Non fece in tempo a finire la frase che improvvisamente si mise ad urlare come un forsennato.

<<O mio Dio! Ti prego toglimi questo coso di dosso!>> e si mise a saltellare come un bambino impaurito, agitando piedi e braccia.

Immediatamente lasciai il mio albero e andai ad aiutarlo, anche se non sapevo come.

Ma appena mi avvicinai a quel pazzo saltellante, sentii le sue mani intorno ai miei fianchi, e le sue dita che mi facevano il solletico.

<<Davvero pensavi di farmela pagare?>> Le sue dita mi pizzicavano dolcemente, facendomi ridere a crepapelle e piegare in due. Cercai di difendermi e contrattaccare, ma riuscii solo a farci cadere.

Mi ritrovai spalle a terra senza accorgermene, con le braccia sopra la testa e le sue mani che tenevano i miei palmi.

<<Ma come ho fatto a cascarci? Porca miseria!>>, riuscii a dire tra una risata e l'altra.

<<Vorrei ricordarti che sono un attore, piccola.>>, rispose lui ironicamente.

Ad un tratto Ray smise di ridere e si fece serio. Mi guardò intensamente negli occhi, cercando qualcosa che non potevo vedere. Sentivo il suo respiro sul mio viso e il suo profumo dentro di me, ovunque.

<<Sei così bella.>>. Tolse una mano dal mio polso e mi accarezzò una guancia, come per raccogliere una lacrima invisibile.

Restammo a terra per qualche attimo che mi parve un'eternità. Vedevo i suoi occhi verdi agitarsi nel buio, e sentivo il suo corpo appoggiato delicatamente contro il mio.

Pensai che mi avrebbe baciato. Era così vicino che ero stata così presuntuosa da crederci. Quelle parole me lo avevano fatto credere.

Invece tutto svanì. Mi aiutò a rialzarmi e a ripulirmi la schiena, stando attento però a dove metteva le mani.

Io non ero il suo tipo.

Il resto della serata ci comportammo come se non fosse successo niente. Visto che per lui non c'era niente di imbarazzante, perché doveva esserci per me?

<<Ho passato davvero una bella serata. E quell'hamburger credo che me lo sognerò di notte.>>, disse Ray sorridendomi.

Ci fermammo davanti a casa mia. <<A chi lo dici. Quasi quasi ne mangerei un altro.>>, e con la faccia di una ghiottona, mi passai la mano sullo stomaco.

<<Bella maglietta.>>, disse lui osservando il mio gesto.

<<Grazie.>> Ellen uno, mamma zero, pensai. Un nuovo strano silenzio scese tra noi. <<Sarà meglio che vada a letto, se no mi torna davvero fame.>>, aggiunsi stupidamente per rompere il silenzio.

Raymond mi fissò con lo stesso sguardo di prima, di quando eravamo a terra. Continuava a cercare qualcosa di incomprensibile dentro di me, ma io non sapevo cosa. L'unica cosa che sapevo è che stavo arrossendo. Abbassai lo sguardo fingendo di cercare le chiavi di casa.

<<Sì, è meglio che tu vada prima che io faccia qualcosa di stupido.>>, e con un sorriso mesto, se ne andò, lasciandomi lì con il mio imbarazzo e le mie chiavi di casa, senza che riuscissi ad aggiungere nulla.

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