La cura- Raymond

160 38 10
                                    


Quando sentii bussare alla porta mi insospettii immediatamente. Pensai che mi avessero trovato subito, che i signori Campbell avessero rotto l'accordo per vendermi a qualche stronzo.

Ma i signori Campbell mi sembravano brave persone, quindi non credevo possibile quello che avevo appena pensato. Infatti la ragazza alla porta non era una squinternata ficcanaso, ma solo la loro figlia con in mano le copie del contratto.

Ellen (perché così si chiamava) mi guardava incuriosita con quei suoi occhi castani e gentili. Sicuramente i genitori devono averle detto chi sono, pensai, e non riesce ancora a capire come abbia fatto a cambiare così in fretta e così tanto.

Effettivamente negli ultimi tempi avevo apportato qualche cambiamento al mio stile per rendere più difficile la caccia a quei giornalisti assillanti e impiccioni.

Mi ero fatto crescere i capelli, e un bel po' aggiungerei. Ero passato dal taglio alla George Clooney a quello alla Tarzan. Non era male, però.

Avevo anche eliminato la barba che quando avevo i capelli corti stava bene, ma ora con i capelli lunghi rischiava di farmi sembrare il figlio belloccio di Rasputin.

Decisi anche di abbandonare la mia fissazione per le camice strampalate che, lasciatemelo dire, fu la parte più difficile di tutto; certo, ancora ne avevo qualcuna nascosta nell'armadio di questa nuova casa, ma non era la stessa cosa vederla appesa ad una stampella o vederla addosso a me. Ma visto che tutte le mie camicie erano state catalogate da qualunque rivista di gossip (non chiedetemi come), non potevo correre il rischio di mostrarmi in giro con una di loro, anche se si trattava di indossarle in questo strano paesino fantasma chiamato Trevor Wood.

Credo che la ragazza si aspettasse di vedere qualcuno dall'aria più ordinata e affabile, invece c'ero solo io.

La invitai ad accomodarsi in salotto e, dopo aver preso le carte che mi consegnava, la guardai perdersi tra i ricordi della casa, un posto che sembrava non visitare da tanto.

Era affascinante, con quella sua aria eterea e i capelli corti che le accarezzavano il mento. Sembrava uscita da un'altra epoca.

Decisi che mi piaceva. Più la guardavo e più sentivo di potermi fidare di lei, anche perché quando parlava con me non sembrava interessata ad Oliver Baxton, ma solo a Raymond Pitt.

Passammo il resto del pomeriggio a parlare piacevolmente del più e del meno. La ascoltai raccontarmi della sua vita a Londra, dei suoi amici (<<Pochi ma buoni>>, li definiva) e di quello che potevo aspettarmi da questo posto. Vedevo che voleva sapere di più di me, ma io non ero ancora pronto ad aprirmi. E poi, andiamo, la conoscevo da neanche un giorno!

Preferivo ascoltarla piuttosto che parlare. Più la ascoltavo e più mi rilassava. La sua voce aveva un effetto calmante su di me, come un massaggio rilassante. Sentivo che la sua compagnia mi curava ed era esattamente quello di cui avevo bisogno, specialmente dopo tutto quello che avevo passato. Per questo quando mi disse che sarebbe restata qui per tutta l'estate, ne fui entusiasta.

Avevo trovato la mia cura.


Quell'estateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora