Petto di pollo

112 20 15
                                        

Phil ed io eravamo ormai al quarto ballo. Il dj di Chloe ci aveva concesso una canzone country, due lenti ed ora aveva optato per Jailhouse rock di Elvis, un pezzo davvero spettacolare, ma che, se quando balli assomigli ad un canguro ubriaco come me, sarebbe meglio ascoltare da sola in camera tua e con le tende completamente tirate.

Adam e Raymond, sebbene li avessi implorati di andare a fare un giro, erano stati tutto il tempo a fissare il piccolo Phil e me sulla pista da ballo. Fingevo di non vederli, ma percepivo i loro sguardi divertiti su di noi, specialmente su di me.

<<Ellen mi fai fare il Vola-vola?>> chiese Phil.

Il Vola-vola? Speravo scherzasse. Era già abbastanza aver accettato di ballare con i tacchi e le due tette posticce; non ero mica un supereroe.

<<Phil, è meglio di no. Sai com'è, potresti farti male e poi i tuoi genitori si arrabbierebbero con me. A proposito, dove sono i tuoi?>>, gli risposi abbassandomi alla sua altezza.

<<Sono al buffet! Ma ti prego, ti prego fammi fare il Vola-vola. Non mi farai cadere.>>.

Detestavo i bambini. Sì, non c'è che dire, perché con la loro vocina pura ed acuta piegano la tua volontà.

<<E va bene, ma solo una volta.>>, acconsentii infine.

Il volto di Phil si illuminò quando lo presi in braccio facendo attenzione a non avvicinarlo troppo al petto.

Per chi non lo sapesse, il Vola-vola è un antico gioco che di solito i genitori fanno fare ai propri figli e che consiste nel prendere in braccio i bambini per poi lanciarli in aria gridando <<E vola-vola!>>, e riacchiapparli prima che sbattano le loro chiappette a terra.

Lanciai il leggero Phil su in alto gridando l'immancabile <<Vola-vola>> e dopo qualche secondo lo ripresi tra le mie braccia con una maestria che sorprese persino la sottoscritta.

Tuttavia, nel momento in cui lo sentii di nuovo addosso a me, seppi che qualcosa era andato storto. Le sue scarpette eleganti si erano fermate sul mio petto e, mentre lo tenevo, scivolavano giù, portandosi con loro anche le mie coppe siliconate.

Prima che potessi totalmente prendere coscienza di ciò che stava accadendo, sentii due cose viscide scorrere lungo il mio corpo, sotto il vestito, per atterrare ai miei piedi.

Misi immediatamente giù Phil e mi guardai intorno per vedere quanta gente avesse assistito alla disfatta delle mie tette. Non molta, per fortuna. Erano tutti presi a ballare o a mangiare, ma ovviamente Adam e Ray, mi fissavano a bocca aperta, con un bicchiere di champagne in mano.

Cazzo, pensai. Sta volta dovevo proprio dirlo.

<<Ellen, che cosa sono queste cose rosa?>>. Phil acchiappò una coppa prima che potessi farlo io e si mise a studiarla girando la testa, ora a destra ora a sinistra, come un cagnolino.

<<Phil, ridammela subito.>> dissi con il tono leggermente alterato mentre tentavo di nascondere l'altra tetta che non era riuscito a prendere.

<<Prima devi dirmi che cos'è.>>, rispose Phil. I suoi occhietti celesti ridevano felici.

<<Phil, ti prego, devi ridarmela!>> lo supplicai.

Ero piegata a terra. Iniziavo a sentire il dolore dei tacchi e il vestito che si alzava. Inoltre vedevo che la gente iniziava ad incuriosirsi di quello che facevamo Phil ed io, soprattutto Phil, che reggeva qualcosa di una forma strana.

Ad un tratto, mentre tentavo di farmi restituire da Phil la tetta rapita senza però svelargli che fosse una tetta, sentii una risata squillante dietro di me, e notai gli occhi verdi di Ray fissi su di me e sulle mani di Phil.

Mi sbattei una mano sulla fronte e scossi la testa in segno di disperazione.

<<Vuoi davvero sapere cosa sono Phil?>> chiese guardandomi divertito.

Phil annuì.

Fulminai Raymond con lo sguardo e gli tirai un cazzotto sul ginocchio che, ahimè, schivò.

<<Però devi promettere di non dirlo a nessuno.>>, continuò accovacciandosi e abbassando la voce, <<quella che hai in mano è...>>.

<<Phil non dargli ascolto, spara solo un sacco di frottole...>> intervenni.

<<Non è vero! Ascoltami Phil, quella è una fetta di petto di pollo crudo.>>.

Cosa?

Stavo per controbattere, sicura che avrebbe detto che era una tetta finta, ma scoprii di non saper cosa replicare alla risposta che quelle erano fette di petto di pollo crudo.

Phil, inorridito, la fece cadere a terra e finalmente potei raccoglierla.

<<Bleah, ma perché la tenevi lì dentro?>>, chiese indicando il mio petto ormai sgonfio.

<<Vedi Phil, la gente alla festa è tanta e la signora Chloe, temendo che il cibo non sarebbe bastato, mi ha chiesto di portare della carne in più. Quando tu mi hai chiesto di ballare in realtà stavo per andare in cucina e consegnare la tett..cioè, la fetta allo chef che l'avrebbe lavata e poi cucinata. Solo che poi sono scesa in pista con te e lo chef è andato a farsi friggere.>>. Fui sorpresa dalla sicurezza con cui raccontai quella balla spropositata. Ma l'unica cosa bella dei bambini di cinque anni, è che credono a tutto.

Phil annuì.

<<Ma non devi farne parola con nessuno, perché questa in realtà era una missione segreta per Ellen e me, chiaro piccolo?>>.

Phil annuì di nuovo, sta volta con aria solenne.

<<Che ne dici se ora ti riaccompagno dalla mamma?>>.

Adam, sbucato improvvisamente da dietro di noi, prese Phil per mano e sparì in mezzo alla gente festaiola.

Quando Ray ed io ci alzammo in piedi sospirammo entrambi e poi scoppiammo a ridere istericamente, rapiti dalla follia del momento.

<<Petto di pollo crudo?>>.

<<Tu porti le tette finte?>> ribatté.

<<No! Solo che mia nonna credeva che con questo vestito servisse un'imbottitura più sostanziosa delle mie "piccole nespole">> risposi imbarazzata facendo con le dita le virgolette.

Raymond deglutì e si passò la lingua sulle labbra secche. Non disse una parola, ma un lampo di desiderio credetti di scorgere sui suoi fari verdi.

<<Beh, per fortuna che ci sono io. E tu saresti una principessa che non ha bisogno di aiuto, eh?>>, disse ridendo.

<<Oh, sta' zitto! Io detesto le principesse. Mi piace solo Xena.>> risposi guardandolo con aria di sufficienza.

I nostri occhi si allacciarono in un istante, legati da qualcosa di impalpabile che era passato attraverso me e attraverso lui. Fui io stavolta a deglutire, presa alla sprovvista da una fitta interiore che invadeva tutto il mio corpo.

<<Balla con me.>> disse Ray cingendomi delicatamente la vita. Suonava come una preghiera.

<<Non credo sia una buona idea.>>. Non poteva starmi così vicino e poi dirmi che mi doveva stare lontano. Era una cosa troppo pericolosa e contorta per chiunque. Per di più, avevo ancora tra le mani le mie tette finte. <<E poi ho ancora queste.>> aggiunsi infatti agitando i piccoli petti di pollo.

Raymond me li prese e se li ficcò nelle tasche dei pantaloni. Problema risolto.

<<Ora balla con me.>>.

Non riuscii a dire ancora di no. Legai le mani intorno al suo collo e piantai i miei occhi scuri nei suoi. L'ultima volta che i nostri corpi erano stati così vicini, era la sera del bacio, un giorno che sembrava ormai appartenere a qualche anno passato.

In quel momento, avvolta nelle sue braccia, non credetti nel caso, ma solo nel destino. C'era un motivo se lui era capitato a Trevor Wood, non una, ma due volte; c'era un motivo se gli avevo ricordato Rachel; c'era un motivo se non si lasciava andare; e c'era un motivo se in quell'istante ballavamo sulle note di Can't help falling in love, di nuovo del buon vecchio Elvis.

Quell'estateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora