Adoravo restare a poltrire nel letto quando mi svegliavo. Era come stare in un limbo tra la realtà e il sogno, quando ancora tutti i contorni della stanza sono confusi e sfumati e ci si ritrova circondati dai personaggi creati nella notte.
Ma era ora di alzarsi. Erano le undici di mattina e dovevo andare a chiamare i miei nell'unica cabina telefonica rimasta nel paese, quella accanto al supermarket. Era da circa un mese che non li sentivo. Che figlio ingrato.
Ellen sarà sicuramente sveglia, pensai mentre mi vestivo, È probabile che sia andata a fare jogging.
Il sole non era contento quel giorno di fine luglio. Sembrava infuriato con tutti gli esseri umani, quindi si nascondeva dietro le nuvole, mostrandosi a noi solo di tanto in tanto, come per controllare che fossimo ancora qui.
La cosa positiva, almeno, era che non c'era nessuno nei paraggi. Che pace, pensai.
Entrai nella cabina e digitai il numero di Londra.
<<Pronto?>>. Riconobbi la voce di mio padre Jerry.
<<Papà sono io, Oliver.>>. Per loro sarei stato sempre Oliver, non Raymond.
<<Olly! Era ora che ti facessi sentire, ragazzo mio! Come stai? Come va la vita a Trevor Wood?>>.
Risposi che stavo bene, che qui era un mortorio ma che avevo comunque trovato il modo di svagarmi.
<<Ah sì?>> chiese mio padre. Immaginavo la sua aria interrogativa e la sua mano che si toccava il mento. <<E che tipo di svago hai trovato?>>.
<<Beh, ho conosciuto una ragazza.>>. Non ero imbarazzato con i miei. Tra noi c'era sempre stato un gran dialogo su tanti temi, e parlare d'amore o di sesso era diventato come parlare di politica o del tempo.
<<Cosa? Oliver, non di nuovo, ti prego. E poi ti ricordo che per la stampa tu sei fidanzato con Bridget Bogan.>>. Ve la ricordate? Esatto, la cantante sexy dai capelli rossi.
<<Papà, gli accordi con lei non erano questi. Abbiamo deciso che d'estate ognuno può fare ciò che vuole, quindi in questo momento io e lei non stiamo insieme. Insomma, sei o non sei il mio manager?>>.
La mia voce si alterò di qualche tono, ma non volevo sentire parlare di Bridget. Lei era una storia di inverno, una favola inventata dai nostri manager per arricchire la nostra immagine; ma io ora avevo la mia storia d'estate, e tutto ciò che desideravo era che si trasformasse in una storia di quattro stagioni. Come per la pizza. Come per Vivaldi.
Quindi, al diavolo Bridget.
<<Beh, figliolo. Forse è meglio se te ne parlo subito. Il suo manager vuole rivedere gli accordi. Bridget sta perdendo popolarità, mentre la tua è alle stelle, quindi ha bisogno di un po' della tua luce per tornare a brillare.>>. La voce di mio padre, sebbene dispiaciuta, era ferma e suonava come un ordine necessario. <<E poi ti ricordo che gli dobbiamo un favore. Se non fosse stato per Matt che ti ha notato allo spettacolo della scuola, non saresti una star ora.>>.
Era vero. Quel cazzo di manager-talent scout era venuto nella mia scuola quando frequentavo l'ultimo anno ed aveva assistito allo spettacolo su Amleto, in cui io, modestamente, impersonavo l'omonimo protagonista. Stando a Matt Domsen, la mia interpretazione era degna del Globe Theater di Londra. Avevo una grande opportunità davanti a me. Certo, mi ci volle un po' per arrivare dove sono ora (non si diventa una star in un giorno, a meno che non si pubblichi qualche video del cazzo su internet), ma alla fine sappiamo tutti come è andata.
Sospirai passandomi una mano tra i capelli.
<<Che cosa dovrei fare?>>.
<<Devi venire a Londra, farti vedere un po' in giro con Bridget, scambiarti qualche effusione con lei.>>. Potevo vedere mio padre gesticolare seduto sul divano e con le gambe accavallate. <<Poi, quando sarete comparsi di nuovo su qualche giornale e lei avrà riacquistato un po' della sua popolarità, potrai tornare a Trevor Wood se ti va.>>.
<<Papà, non so se hai capito, ma ho una ragazza.>>. Cercai di scandire bene le parole in modo tale che gli entrassero meglio in testa. <<Non voglio farlo.>>.
<<Andiamo, Olly! Quante ragazze hai avuto nella tua vita, eh? Vuoi farmi credere che lei sia diversa?>>. Lo sentii alzarsi dal divano. Sicuramente stava andando verso la finestra a controllare se c'erano paparazzi. <<Non puoi essere così capriccioso.>>.
<<Non è un capriccio. Lei è davvero diversa. Ha qualcosa che le altre non avevano.>>.
<<E che cos'ha in più? Un cervello?>>.
Non potei fare a meno di ridere a quella battuta sarcastica.
<<Non solo. È speciale.>>.
Ripensai al suo modo di sorridere, ai suoi occhi neri che si confondevano con la notte. Ai suoi libri e a come la rendessero bella mentre li leggeva; alla sua voce mentre canticchiava una qualunque canzone...
<<Se è speciale, capirà l'importanza di quello che ti ho chiesto.>>. Si fermò un istante e poi riprese, indeciso. <<E poi, puoi far venire qui anche lei. Così avrà modo di osservare da sé come vanno le cose.>>.
Che idea del cazzo, pensai. Ellen, Bridget e me. Ma almeno potevo stare con Ellen, e mostrarle davvero la mia piccola biblioteca.
<<D'accordo.>>, accettai infine. <<Ma staremo al massimo due settimane, ed Ellen non dovrà mai entrare in contatto con Bridget o con i paparazzi, altrimenti mando tutto a puttane.>>.
Mio padre acconsentì, entusiasta.
<<Magnifico figliolo! Noleggio una macchina così che nessuno riconosca la mia, e vengo a prendervi dopodomani. Sarà meglio che tu lo dica subito alla tua ragazza.>>, e con una risata divertita e allo stesso tempo irritante, mi salutò.
E ora come dico ad Ellen che dobbiamo andare a Londra perché devo fingere di essere il ragazzo di Bridget Bogan?, pensai.
Mi incamminai verso casa mia, pensando a come convincere Ellen a venire con me. Avevo bisogno di lei.
Mi sentivo un verme. Un lurido verme strisciante. Non mi importava niente di Bridget. Sì, era vero che ci eravamo divertiti insieme, ma era solo quello che avevamo fatto: divertirci, se capite a cosa mi riferisco.
Ma mi ero stufato di divertirmi e basta. Con Ellen era diverso. Aveva un potere strano con cui riusciva a ricordarmi quanto fosse importante amare se stessi per imparare ad amare gli altri.
Era bello lasciarmi amare così, come se io fossi una piccola barca e lei il mare immenso che mi culla con dolcezza.
L'unica cosa che temevo ora, era che il mare si agitasse una volta che gli avessi detto di Londra, e che facesse affondare la piccola imbarcazione.
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Quell'estate
RomansaCon mia sorpresa, il ragazzo che venne ad aprirmi la porta non era affatto come me l'ero aspettato. Al posto del barbuto ragazzo dall'aria sorniona, comparve una folta chioma bruna e disordinata che adornava un volto dallo sguardo sveglio e vivace...