CAPITOLO 17

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"I know what i came to do, and that ain't gonna change "

Ariana Grande

Dopo essere uscita ed aver chiuso il cancello, seguo Jonathan, pensando abbia intenzione di prendere la sua moto ma prende un'altra direzione.
Forse il posto è vicino,penso. Ci ripenso quando dopo pochi minuti chiama un taxi.
-perché non prendiamo la mia macchina o la tua moto? -chiedo non capendo

L'auto si ferma e lui mi apre la portiera -prima le signore -sorride.
Decido di tralasciare il fatto che non mi abbia dato una risposta e mi siedo titubante. Come dire di no a quel sorriso che mi ha fatto impazzire dalla prima volta.

L'autista parte dopo che vi siamo accomodati entrambi senza chiedere indicazioni. Se il taxi era già qua fuori e sta guidando senza che Jonathan gli dicesse niente può voler dire solo due cose:o è un pazzo che ci sta sequestrando o Jonathan lo aveva già chiamato e detto la destinazione.
È più probabile la seconda opzione. Spero sia la seconda.

Mi giro a guardare Jonathan che,però,ha lo sguardo altrove.
Cosa lo tormenta così tanto?
Spero veramente me ne parli. Vorrei aiutarlo ma come faccio se non so nemmeno da dove partire?
Allungo una mano e la poso sulla sua. Lui guarda prima le nostre mani, poi me e intreccia le nostre mani. Gli sorrido e lui ricambia. Questa volta, però, 'è qualcosa di diverso,non capisco bene cosa.
Dopo un quarto d'ora circa, il taxi si ferma e noi scendiamo.
Guardo la struttura che ho davanti. L'aeroporto?
Mi prende la mano ed entriamo.
Ora inizio veramente a preoccuparmi, dove mi sta portando? Avrei un paio di cose da fare per un progetto scolastico.

-salve, posso esservi d'aiuto? -chiede un'hostess dietro il bancone.

La mia attenzione viene attirata da una scena: un uomo che discute con la figlia che avrà forse due anni in meno di me. Da quanto ho capito lei non vuole partire con lui e lasciare la sua vita qui a Los Angeles. Il padre non sembra darle tanto peso. Sembro io e mia madre quando mi chiedeva o meglio, mi ordinava di seguirla a una cena con Peter.

-due biglietti per Chicago, per favore -Sento dire da Jonathan.
Chicago.

No, un attimo.
-chicago?-chiedo ancora incredula

-sì -

-non possiamo andare a Chicago! Non ho niente con me e.. -

-stai tranquilla. Comprerai altri vestiti-

-altri cosa? -mi passo una mano tra i capelli e lancio un'occhiata alla signora dietro il bancone che ascolta la nostra conversazione in attesa di una nostra decisione.
Perché non accettare? Un pò di tempo lontana da questa città non può che farmi bene. O almeno spero.
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-Avresti dovuto dirnelo prima così vi seguivo -

-per la miliardesima volta Jennifer, non era programmato!-ripeto esasperata. -e poi eri occupata con i tuoi programmi di yoga -

Siamo atterrati da neanche venti minuti che lei mi ha chiamata per parlarmi dei benefici dello yoga e di quanto desideri tornare a Chicago.

-uhm.. hai ragione. Sì può sapere perché Jonathan non risponda al telefono? Ha la batteria scarica? Ogni volta che lo chiamo ni dice che è irraggiungibile -

-hai la batteria scarica? -chiedo a Jonathan che si sta fumando un'altra sigaretta. Scuote la testa in segno di no.

-ho cambiato il numero -mi informa

Ha fatto cosa?
Ecco dov'era questa mattina! Sempre che l'abbia fatto oggi. Non lo chiamo spesso, anzi, quasi mai dato che siamo il più delle volte insieme o in luoghi comunque vicini.

-Jennifer ti richiamo dopo -chiudo la chiamata senza aspettare una risposta. -dovresti smettere. -

-cosa? -

-quello -indico quello che tiene tra le dita ormai finito del tutto.

Mi guarda per qualche secondo e non riesco a decifrare lo sguardo-andiamo? -

-non lo so. Ti devo ricordare che sei stato tu a portarmi qui e non il contrario? -gli faccio notare

-se vuoi possiamo tornare indietro -

Tornare indietro? Era così determinato all'aeroporto di Los Angeles e ora, sembra non essere più sicuro. Sicuro di cosa poi? Non lo so. Ancora non conosco la ragione per cui siamo qui e tante altre cose che Avrebbe dovuto raccontarmi durante il tragitto ma che non ha fatto perché diceva ci fossero troppe persone. -cosa siamo venuti a fare? Un giro? Una fuga? Qualsiasi cosa sia, facciamola e guai a te se..insomma andiamo-

Ovunque dobbiamo andare.
Mi chiede di dargli il mio cellulare e glielo passo ormai arresa del fatto che mi voglia informare dei suoi piani prima di averli messi in atto.
Mentre digita chissà cosa,mi giro e guardo intorno a me gli enormi grattacieli. Chicago è uguale e allo stesso tempo diverso da Los Angeles. La prima cosa che ho notato di diverso è stato il clima. Qui fa un pò più freddo e con la camicetta leggera che ho,temo di tornare a casa con qualcosa in più: il raffreddore.
So che abita il fratello maggiore di mia madre qui ma nient'altro. Non ricordo quando sia stata l'ultima volta che ci siamo visti e tantomeno dove abiti.

Mi allontano di qualche passo sempre guardandomi intorno tranne che davanti finendo proprio addosso a qualcuno.-scusami,non ti avevo.. -mi fermo non appena riconosco la persona -..Mark? -

-Kim! Sei venuta fin qua solo per me? -sorride malizioso

-ehm.. -

-no -sento dire da Jonathan dietro. Si avvicina e mette il braccio attorno al mio collo -è venuta con me -mi attira a lui e faccio un passo indietro.

-state ancora insieme voi due? -sembra più che sorpreso divertito e non ne capisco il motivo -siete una bella coppia. Bene,vi farei compagnia ma ho altri programmi. Ci sentiamo -

Si allontana e lo vedo raggiungere un gruppo di ragazzi non tanto distanti. -cosa ci faceva qui? -
Mi aspettavo questa domanda.

-credo frequenti un college qui -

Annuisce e mi ridà il cellulare. Mi guarda ancora per un pò e capisco che c'è qualcosa che non va. -che c'è? -chiedo -e non dirmi niente perchè so benissimo che non è vero -

Sospira e si guarda intorno prima di rispondermi -hai pochi numeri nella rubrica -

-e allora? -
Non capisco. Non ho bisogno dei numeri di cellulare di tutta la scuola per vivere,parlo con pochissime persone e messaggio con un numero ancora più ristretto.

Si passa una mano tra i capelli frustrato -lascia stare. Andiamo via da qui. -
Chiama un taxi ed entro con lui per niente contenta.
Sarei rimasta fuori ma non ho la più pallida idea di dove ci troviamo. Dall'aeroporto abbiamo fatto qualche passo a piedi,quindi non so nemmeno come tornare indietro.

Scendiamo davanti a un hotel e dopo vari scambi di carte di credito e documenti ci ritiriamo in una stanza.
Butto la borsa sul letto ed entro in bagno sbattendo la porta involontariamente,o quasi.




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