"Papà è morto"
Quella frase si ripete dentro di me ancora e ancora, ma nessuna emozione a riguardo mi suggerisce come dovrei effettivamente reagire.
Dovrei essere triste? Arrabbiata? Sollevata?
Lui non ci ha mai amato, come non l'ha fatto d'altronde mia madre, quindi non capisco perché dovrei anche solo disperarmi per la sua perdita.
Quando siamo scappate, lui non ci ha seguite. Non ci ha fermate e non ci ha buttate giù dalla sua macchina. È rimasto solamente lì a guardare, con mia madre affianco.Era sempre mio padre, lo so, ma lui non si è mai disperato per noi. So che posso sembrare stronza anche solo per non sentire qualche sensazione di amarezza dentro di me, ma è quello che sento: niente.
"Come?" Chiedo, dopo qualche istante di silenzio tombale- colorato dai piccoli singhiozzi della ragazza che si trova dietro di me.
Prende un bel respiro, tossendo leggermente quando lo fa. "Overdose" Balbetta, con un tono leggermente arrabbiato e pieno di risentimento.
Overdose, chiaro. Quello lì beveva sempre e mia madre era sua complice, perché gli comprava da bere. Non so quante scene di pazzia ho dovuto cancellare dalla mia mente quando mio padre dava di matto senza l'alcool."Non devi piangere per lui, Phoebe" La rimprovero. Qualcosa sta scattando dentro di me: sono arrabbiata, perché morendo mi ha dato la piena prova che non voleva riallacciare i rapporti con le sue figlie. Che non ci voleva nemmeno provare. Voleva solo bere e cercare di dimenticare la persona orribile che era, per sentirsi meno in colpa.
"Non voglio piangere per lui!" Urla, tirando un pugno contro il muro del bagno. Mi giro di scatto, guardandola quasi allibita per la sua reazione completamente estranea.
"Ma lo stai facendo" La derido, incrociando le braccia al petto per cercare di prendere una posizione. "Non ti rendi conto che lui-"
"Scarlett!" Urla lei, facendomi zittire in pochi istanti. Il suo respiro affannoso mi fa preoccupare, così decido di cucirmi la bocca e di sentire tutto quello che mi vuole dire. Se vuole farlo veramente. "So benissimo che lui e la mamma ci hanno abbandonate, non ci hanno cercate, non ci hanno fatto un telefonata per farci gli auguri di compleanno, di natale, di buon anno. Loro non sono mai esistiti per me"
Sentire la realtà detta da qualcun altro forse fa più male. Quando lo pensi dentro di te, pensi sempre di stare esagerando. Non hai criteri da seguire, scarichi tutta la rabbia dentro di te. Ma sentirlo dire da una persona che ci è stata dentro quanto te, forse ti corrode di più.
"E allora perché stai piangendo per lui?" Chiedo, con un tono di voce più calmo e pacato."Per il modo in cui nostra madre mi ha rinfacciato la cosa. Ha detto che è stata solo colpa nostra se lui è morto.." Sussurra verso la fine della frase, poggiando la testa contro il muro.
"Colpa nostra?!" Urlo, alzando le braccia al cielo. Ma che cosa sta dicendo? "Lei gli comprava da bere, lei era sua complice! Noi siamo solo state vittime di una famiglia che non ci amava, te ne rendi conto?" Urlo, sbattendo i piedi a terra- arrabbiata.
Gli occhi cominciano a bruciarmi a causa della rabbia. Non tollero di essere accusata della morte di una persona che ci ha chiaramente dimenticate. Non tollero di essere il capro espiatorio di qualcun altro. Io so di avere fatto la cosa giusta, punto."Ed io ti devo ringraziare per avermi salvata!" Urla Phoebe, girandosi verso di me. Un colpo al cuore, un'ondata di sollievo. "Ho pensato che se tu non ci fossi stata, forse sarei ancora chiusa dentro all'armadio a piangere. Lei ci sta incolpando di qualcosa che non abbiamo fatto. È venuta a cercare me, sai per quale motivo? Perché tu avevi preso il suo posto di madre ed io ero la più piccola, meno indipendente e senza spirito di iniziativa. Non sarei mai scappata di casa con la macchina di mio padre, se fossi stata da sola. Ma l'ho fatto, invece, perché tu l'hai voluto. Non sto piangendo per la sua perdita, Scarlett, ma per il fatto che nostra madre ci stia incolpando di qualcosa che non abbiamo fatto. Ed io ti ringrazierò a vita" Prende un bel respiro, per poi asciugarsi le lacrime. Qualche goccia calda cade dai miei occhi, bagnandomi le guance. "Volevo solo dirtelo.."
Le lacrime che stanno colorando il mio viso non sono dettate dal dolore di una perdita, ma dalla gioia che sto provando per sapere di aver salvato una vita. Perché si, indirettamente l'ho fatto. Quel giorno non stavo salvando me stessa, ma mia sorella. "Grazie Phoebe" Sussurro, avvicinandomi a lei e stringendola in un abbraccio.
"Noi siamo forti, lo sai benissimo. Ce la siamo sempre cavate con le nostre forze e ce la faremo per altri tanti anni. Promettimi solo di non lasciarmi mai, hai capito?" Afferro le sue guance, portandola esattamente davanti a me. Lei annuisce velocemente, stringendomi ancora a sé.Rimaniamo ancora per alcuni minuti abbracciate, nel bagno dell'hotel. La prima che decide di sciogliere il nostro abbraccio è mia sorella, che mi allontana lentamente.
"Torna a lavorare, hai perso già troppo tempo" Mi dice lei, facendomi annuire in accordo.Usciamo dal bagno un po' scosse, dopo un pianto liberatorio per entrambe. Raggiungo Henry al bancone, mentre alzo una mano verso mia sorella che si reca verso l'uscita.
"Ti scrivo!" Esclama lei, uscendo dalle porte scorrevoli e cominciando a camminare per strada.Prendo un bel sospiro, guadagnandomi un'occhiata di curiosità da parte del mio collega. "Va tutto bene?" Mi chiede lui, preoccupato.
"Credo di si" Sospiro, afferrando un elastico dal piano del bancone e facendomi una coda abbastanza ordinata. "Diciamo che ho chiuso definitivamente con il passato, o almeno spero" Spiego a grandi linee, senza omettere però la verità.
"Che cosa vorresti dire?" Mi chiede lui, sedendosi sulla sedia che si trova affianco a me. Faccio un mezzo sorriso, appoggiandomi contro il bancone.
"Hai presente quando chiudi una questione che era stata lasciata aperta? Quando sai che ora tutto sarà veramente finito? Ecco, è quello che è successo a me" Dico, mentre lui mi guarda leggermente stupito.
Fa per aprire la bocca e parlare, ma viene interrotto dall'arrivo di un cliente ed io scatto sull'attenti.
"Buongiorno signore, come posso aiutarla?"**
Arrivare a casa alle dieci passate di sera mi fa venire solo voglia di buttarmi sul letto e di morire là. Non credo che esista sensazione migliore di quella dei muscoli che si rilassano al contatto con il materasso morbido, dello stress che cerca di liberarsi dal corpo rigido.
Allungo la mano verso la tasca della mia giacca, afferrando il mio telefono. Scrivo velocemente un messaggio, accecata dalla troppa luminosità dello schermo, per poi buttare la testa contro il cuscino.
A Harry, 10.23 p.m. :
Vieni a trovarmi? xx
Passano pochi secondi e la risposta arriva immediatamente, come se il riccio fosse già sulla mia conversazione aperta.
Da Harry, 10.23 p.m. :
Dobbiamo parlare.
//
Allora allora allora. So che lascio il capitolo sempre sul punto più bello, ma è una mia caratteristica ahah.
Questa storia sta per finire, vi avviso. Non mi prefisso mai un traguardo da raggiungere, quando sento che è finita è finita. Punto.
Ci saranno altri due/tre capitoli penso, dipende da quanto scrivo. Questa è solo la prima parte del capitolo, perché se no sarebbe diventato troppo lungo e so che potrebbe risultare noioso. Quindi meglio lasciare un po' di mistero, no?
Alla prossima,
Baci.
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Autostop • H.S.
Fanfiction"Da che cosa stai scappando?" "Dalla mia vita" ** Un viaggio programmato, un evento inaspettato. Questa e' la storia di Scarlett Hill, e del suo viaggio verso Dublino. Chi l'accompagnera' verso quest'avventura? [Completata]