Capitolo 26

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Urla, pianti disperati, lamentele. Era quello che succedeva ogni giorno, niente era fuori dall'ordinario. Ma quello era il giorno decisivo, il giorno in cui avrei smesso si essere trattata come una schiava. Se due persone odiano anche solo l'idea di avere dei figli, perche' farne? Me lo chiedevo spesso, senza mai trovare una risposta coerente.

"Scarlett, andiamocene" Singhiozzava Phoebe al mio orecchio, facendo morire lentamente anche l'ultimo pezzo di vitalita' in me. Continuavo a stringere il suo corpo con il mio , nascondendoci dentro l'armadio della nostra stanza. Dovevo trovare una soluzione, e al piu' presto.

Afferrai la sua mano, stringendola contro la mia. Mi alzai nel piccolo spazio, controllando la nostra stanza. Le urla dei miei genitori erano ben presenti, ma anche lontane. Lascicando la mano tremolante di mia sorella, mi incamminai verso la porta e la chiusi a chiave.

Ritornai davanti all'armadio, prendendo di peso il corpo stremato dallo stress di mia sorella. Asciugai qualche lacrima che bagnava le sue guance, afferrandole le gote rosse. "Ascoltami, non abbiamo tanto tempo prima che loro finiscano e vengano qui. Quindi, prendi tutti i tuoi vestiti e le tue cose, ce ne andiamo" La vidi annuire nella piccola stanza poco illuminata dalla luce del tramonto e, senza ripeterlo due volte, si avvio' a recuperare i suoi vestiti.

Dopo nemmeno cinqe minuti che le nostre mani erano indaffarate, tre colpi sferrati con violenza contro la nostra porta chiusa risuonarono nello spazio. Un lamento acuto lascio' le labbra della mia sorellina, ed io espirai profondamente. "Aprite questa dannata porta! Sapete che non potete chiudervi a chiave, sono le regole!" Urlo' mio padre, sbattendo contro la porta.

"Non fermarti" Comandai a Phoebe, prendendo tutti i libri di scuola, sia miei che suoi, e gettandoli dentro un borsone. Astucci, quaderni, vestiti ed intimi volarono per tutta la stanza, e le nostre quattro borse ormai erano piene.

"Ragazze!" Urlo' inferocita mia madre. I cardini della porta cominciavano a cedere, e sapevo che ormai era rimasto poco tempo. Guardai la finestra sbarrata con le assi di legno, e feci cenno a mia sorella di controllare di aver preso tutto. Mi diressi verso la finestra, aprendola e constatando se effettivamente potevamo scappare. Guardando mia sorella sconvolta ed impaurita, mi domandai come mai io non ero nelle sue stesse condizioni. Sentivo solo il bisogno di proteggerla, perche' nessuno l'aveva mai fatto con me.

Le mie speranze morirono sotto le suole delle mie scarpe quando la porta quasi si stacco', ma subito dopo i miei genitori cominciarono a litigare dietro la porta chiusa: questo forse poteva aiutarci. Tirai un pugno al legno, sperando che almeno si allentasse di poco, ma non lo fece. Cosi' mi allontanai e tirai un calcio contro il legno. Lo scontro mi fece male, ma vidi che un pezzo di legno era volato via. Mi avvicinai alla piccola fessura creata, e cominciai a togliere le assi di legno- staccando i chiodi arrugginiti da questa.

Appena il passaggio fu libero, Phoebe si avvicino' a me e getto' fuori tutti i borsoni che avevamo. Per fortuna eravamo a piano terra, quindi le possibilita' di scappare erano altissime. Ma se i miei genitori avessero smesso di urlare, forse si sarebbero accorti che qualcosa non stava andando come volevano loro.

Aiutai mia sorella a scavalcare il cornicione della finestra senza tagliarsi con i chiodi arrugginiti, e lo stesso fece lei con me quando fu fuori. Le urla continuarono a sentirsi anche da fuori la casa distrutta in cui vivevamo; distrutta a causa dei loro litigi. Non so quante volte io e i miei vicini avessimo chiamato la polizia o i pompieri per rimediare ai loro danni, ed a quante volte i miei genitori abbiano lottato contro lo stato per tenersi la custodia sia mia che quella di mia sorella. Ma ormai sentivo che era finita, che niente sarebbe andato storto.

La macchina arrugginita di mio padre era ancora parcheggiata nel vialetto, e sapevo che aveva lasciato le chiavi infilate dentro. Non le staccava mai, e nessuno in quel posto avrebbe mai avuto il coraggio di rubargli l'auto. Le spalle mi facevano male a causa dei borsoni pesanti, ma non mi diedi per vinta. Sistemai le borse frettolosamente, salendo in auto insieme a Phoebe.

Autostop • H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora