3 ; Callipso

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-"E che mi metto?" penso ad alta voce per poi sbuffare mentre entro in casa.

-"Ciao tesoro!" mi saluta mia mamma dalla cucina: sarà sicuramente alle prese con qualche suo esperimento culinario.

-"Che buon profumo!" ammicco, superando l'ingresso di casa e raggiungendo il varco che separa il disimpegno dall'open-space della zona giorno.

-"Uh, ti piace?" sorride mamma, girandosi verso di me "È una nuova ricetta per l'arrosto, l'ho letta oggi in pausa pranzo su quella rivista di cui mi hanno regalato l'abbonamento... Ricordi?"

Annuisco e attraverso il salotto dove trovo mio padre intento a guardare un programma sulle automobili da corsa. Carino, molto, ma non il mio genere di passatempo preferito. Gli sorrido, lui fa un cenno con la testa e salgo le scale verso camera mia.

Mia mamma, Kiara Ross-Ubert, è una segretaria di un centro dentistico, mediamente alta, capelli molto ricci castano scuro - tinti di rosso - che porta gli occhiali e ha qualche lentiggine sul bel volto ovale.

Mio padre Gerald Ubert, invece, è un dirigente di una societá di trasporti ed è abbastanza alto, capelli molto corti neri, occhi verdi e zigomi sporgenti.

Entrambi i miei genitori hanno origini inglesi: i miei nonni - sia materni che paterni - si sono trasferiti qui in Italia per motivi di lavoro e hanno cresciuto le loro famiglie come se italiane. Solo a casa dei nonni però mi esercito nell'inglese parlato che, per forza, conosco molto bene.

Cammino nel corridoio e passo davanti alla camera di mia sorella. Non è mai stata con la porta di betulla bainca aperta, ma ora che è sparita ne 'approfittiamo' per guardare l'arredamento. Sorrido e proseguo verso camera mia nel fondo del corridoio.

Apro la porta e la richiudo alle spalle. Come faccio a rintracciare quello sfigato carino? Lancio lo zaino sul letto ben fatto alla mia sinistra e poi mi piazzo davanti all'armadio a doppia anta sul lato opposto della stanza e mi guardo allo specchio: viso tondo, fossetta sulla guancia sinistra, occhi un po' a mandorla color dell'acciaio, capelli biondo cenere lunghi fino a dietro le spalle. Non sono niente di particolare per l'estetica. È più la fama che mi rende quella che sono oggi.

Apro infastidita l'anta dell'armadio e osservo il contenuto: tutte cose giá indossate, ma non vale la pena di uscire a comprare qualcosa per una festicciola del genere. Dopotutto vado solo per sistemarmi un po' meglio con i voti rispetto a quanto sia messa ora. Opto per un completo camicetta nera e short a fantasie bianche con delle calze semitrasparenti e vans rigorosamente nere. Raccolgo i capelli in una treccia sulla spalla destra e metto un po' di eyeliner e mascara.

-"Dove vai così conciata?" scherza papá, mentre entro in cucina per cenare.

-"Una festa..." ammetto, mentre addento il primo boccone di arrosto che nel complesso pare buono.

-"Stai diventando come tua sorella Anna..." sospira mia madre "Torna prima dell'una di notte, per favore." mi prega poi.

Da quando Annabeth se n'è andata sono diventati più protettivi; e a ragione.

Annuisco, e finiamo la cena in silenzio.

Alle nove suona il telefono e mamma tutta agitata corre alla cornetta.

Poco dopo, suonano al campanello e capisco che è Emma.

Guardo mamma sull'uscio che parlotta tutta indaffarata ed esco da sola senza una parola: li farei solo innervosire. Sorrido amara.

-"Buona sera bella signorina!" esclama emozionata Emma nel suo vestitino color pesca.

Saliamo nei posti dietro del pickup nero di Carlos e lui parte subito di gran carriera.

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