«Com'è andato il primo giorno di scuola?» domanda mio padre durante la cena, una delle poche insieme da quando io e Tyler siamo tornati a San Francisco. Sono sorpresa, ma anche contenta che non abbia un turno notturno e che stia cercando di passare un momento con noi per ricucire quel che resta del nostro legame.
Lancio un'occhiata a mio fratello. ricordandomi della nostra visita al preside. Il ragazzo, però, tiene gli occhi fissi sul suo piatto, quasi a volersi nascondere nella sua bolla personale. Sbuffo silenziosamente; come al solito spetta a me prendere la parola al posto suo.
«Ehm, sai com'è... », dico schiarendomi la gola dopo aver mandato giù un boccone, «Professori, lezioni, cibo disgustoso... Niente di che», affermo, scrollando le spalle, cercando di apparire il più disinvolta possibile, così da non far venire qualche sospetto a nostro padre; finire in presidenza per una rissa il primo giorno sicuramente non è da tutti e di certo non è una cosa di cui un genitore possa vantarsi quando incontra i suoi amici al bar dello sport.
Annuisce, soffermandosi sulla mia figura. «E i compagni come sono?». Mi sono già sorbita un interrogatorio simile, ma con argomenti differenti, da parte dei miei nuovi compagni ed è snervante subirne un altro, però apprezzo il fatto che si interessi alle nostre vite.
«Sono stati tutti molto gentili», commento prima di addentare un altro pezzo di pollo. Beh, quasi tutti, ma questi sono solo dettagli.
Papà incrocia le mani sul tavolo; segno che sta per iniziare uno dei suoi monologhi inerenti al suo passato glorioso: «Ricordo il mio ultimo anno di liceo: è stato il più bello e il più terrificante... Certo, forse il fatto che stavo per diventare padre ha influito un po'», lo vedo sospirare trasognante; pensare a quei momenti sembra farlo sorridere; diventare genitori a diciotto anni, quando si ha ancora tutta la vita davanti, non è un'impresa facile e non tutti riescono ad affrontare la situazione nel migliore dei modi, come mi ha dimostrato mia madre che, non appena le cose si sono fatte più difficili, ha pensato bene di rifugiarsi nell'alcol dimenticandosi di aver messo al mondo due figli. Sono felice che, invece, nel caso di mio padre, sia andata diversamente -nonostante, nelle coppie adolescenziali con un bambino, i ruoli siano spesso invertiti- e che non abbia visto la mia nascita e, successivamente, quella di Tyler come un peso; definizione che la donna che mi ha messo al mondo mi affibbiava in continuazione.È questa la differenza tra mia madre e mio padre: lui, a modo suo, ci ha provato e ci sta ancora provando a fare il genitore. Lei no.
Nei primi anni della separazione ho sempre cercato di ottenere la sua approvazione, di renderla fiera di me prendendo buoni voti a scuola o occupandomi di Tyler e delle faccende domestiche. Volevo dimostrarle di sapermela cavare da sola ed anche fare un favore a lei, dato che non era mai nelle condizioni di poter pensare a noi o alla casa, ma niente sembrava mai essere abbastanza per lei; così, alla fine, ho smesso di preoccuparmi di cosa potesse pensare e ho lavorato su me stessa, giurandomi che non sarei mai diventata come quella donna.
«Grazie... Credo», mormoro, non sapendo davvero cosa dire dopo il suo discorso.
All'improvviso scatta, puntandomi il dito contro, «Tu, però, stai lontana dai ragazzi», mi avverte. Il messaggio risulta poco credibile vista l'espressione sul suo volto; un misto tra accigliata e scherzosa che lo fa sembrare ancora più buffo. Tuttavia, conoscendolo so che non sta scherzando affatto.
«Il problema non si pone», dico semplicemente, concludendo il discorso. Non voglio parlare di ragazzi con mio padre; è più imbarazzante di quella volta in cui mia nonna mi insegnò a mettere l'assorbente. E poi, al momento, non ho tempo per pensare al sesso maschile; preferisco concentrarmi su come rimettere in piedi la mia vita, anzi, la nostra vita.L'uomo si volta, poi, verso l'altra parte del tavolo, «E tu? Che mi dici del tuo primo giorno?» pone la stessa domanda a mio fratello.
Il ragazzo fa cadere all'improvviso la forchetta nel piatto, «Ti prego, non fingere che ti importi», borbotta lui, assicurandosi di riempire di disprezzo ogni parola.
«Non sto fingendo Tyler, mi importa davvero», risponde con sincerità il più anziano, deluso dall'affermazione del figlio. Per poco non mi si stringe il cuore in una morsa nel vedere come i suoi occhi blu si incupiscono.
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Disaster
FanfictionCOMPLETA. #1 in Teen Fiction il 7.02.19 #1 in Fan Fiction il 21.04.20 All'apparenza Cassie Anderson e Justin Bieber non potrebbero essere più diversi. Lei è una studentessa modello, dalla spiccata curiosità e la lingua tagliente, che fin da piccola...