Capitolo 16

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Il biondo di fronte a noi si avvicina, assicurandosi di aver ben salda la presa sui fianchi della ragazza che è con lui. «Non mi aspettavo di vederti qui Cassie», mi dice per poi rivolgere lo sguardo alla mia sinistra e «Evans» sputa, mentre un ghigno divertito si forma sulla sua faccia seria e corrucciata. «Voi due insieme, chi lo avrebbe mai detto» commenta, successivamente,  riconosco il sarcasmo nelle sue parole.

Gli lancio uno sguardo di sfida, lo stesso che lui rivolge a me. Se pensa di intimidirmi o che mi stia zitta si sbaglia di grosso. Lo ripagherò con la sua stessa moneta; il sarcasmo, appunto.

Ingoio un grosso rospo, tentando di placare quella strana sensazione nello stomaco. «Justin e...» lascio la frase in sospeso. realizzando di non conoscere il nome della ragazza con fin troppa pelle in mostra per una serata di metà ottobre. Non che mi interessi davvero saperlo, chiaro.

«Rachel», squittisce la tipa palesemente infastidita.
«Rachel», ripeto io con lo stesso disprezzo, prima di fingere un sorriso. «Che splendida sorpresa», mento senza preoccuparmi di nasconderlo troppo.
«Il mondo è piccolo», osserva Justin con un'alzata di spalle e nonchalance.
«Sì, beh, forse un po' troppo», interviene il ragazzo accanto a me.
Justin ghigna per l'ennesima volta, mostrando una dentatura pressoché perfetta; è evidente che l'irritazione di Aaron lo faccia solo divertire. «Andiamo, non fare lo scortese Evans, non davanti alla tua ragazza almeno», aggiunge in maniera derisoria.

Perchè? Perchè deve comportarsi così?

Solo ieri abbiamo cenato insieme, condividendo un momento di confidenza e trovandoci anche stranamente d'accordo, mentre adesso è qui davanti a me a fare lo sbruffone. Ogni volta che inizio a rivalutarlo, ogni volta che penso siano gli altri a sbagliare nel giudicarlo, lui torna a essere lo stronzo di cui tutti parlano. Mi chiedo quale possa essere il vero Justin; se quello che mi ha salvata dalle grinfie di un male intenzionato e che aiuta il suo amico ad avere qualcosa da mangiare, oppure quello che adesso mi sta davanti e sembra più che desideroso di creare scompiglio.

Riesco a vedere Aaron serrare la mascella, cercando di controllare il suo impulso di colpire il ragazzo arrogante e sfacciato di fronte a noi. Justin lo sa. È consapevole dell'effetto che ha su di lui e sembra proprio aspettare una reazione da parte del moro. O è pazzo o è masochista. Poi mi ricordo di averlo visto solo la sera prima stendere un uomo che era il doppio di lui con pochi colpi e temendo, quindi, che Aaron -per quanto atletico possa essere- faccia la stessa fine, afferro la mano del mio amico. Gli occhi del biondo saettano subito in direzione delle mie dita intrecciate a quelle di Aaron.

Riduco gli occhi a due fessure e piego la testa di lato. «Sai, ci piacerebbe davvero tanto continuare a parlare con voi, ma non abbiamo tempo da perdere; i nostri amici ci stanno aspettando, quindi se volete scusarci...» mi allontano di qualche passo mantenendo salda la presa, invitando Aaron a seguirmi. Mi volto solo per sorridere falsamente e dire: «È stato un piacere, comunque».

Qualche minuto dopo riusciamo a raggiungere il resto del gruppo. «Era l'ora! Dove eravate finiti? Spero non abbiate fatto niente che non farei anch'io», così ci accoglie Luke che fa ballare le sue sopracciglia con una certa malizia, mentre sua sorella gli lancia un'occhiata omicida; giurerei di aver visto un movimento brusco sotto al tavolo dove sono seduti, quando il ragazzo emette un lamento soffocato; credo che Sam gli abbia appena tirato un calcio.
Aaron rotea gli occhi al cielo. «Abbiamo avuto un incontro del terzo tipo».
«Alieni?» domanda Danny, sorseggiando la sua Pepsi Cola divertito.
«Magari», bofonchia l'altro, mettendosi a sedere accanto a Chaz e aggiungendo un «Bieber» con tanto astio.
Sentendo pronunciare quel nome tutti smettono di fare ciò in cui erano impegnati, ovvero mangiare; Sam finisce addirittura per sporcarsi di ketchup la guancia e la camicetta. Penserei che sia buffa, se non avesse uno sguardo agghiacciante. «Che voleva quel tipo?»
Aaron addenta una patatina dal piatto della ragazza che, però, si ridesta in tempo per schiaffeggiarlo. Questo momento mi ricorda molto il battibecco che hanno avuto in mensa il primo giorno di scuola e, ora come allora, non posso fare a meno di pensare che sarebbero davvero carini insieme. «Solo ricordarci della sua esistenza» asserisce il ragazzo dagli occhi di ghiaccio con disprezzo ed ironia, dopo aver ritratto la mano ed essersi massaggiato il punto dolorante come un cucciolo che si è appena fatto male ad una zampa.
«Già, come se fosse facile dimenticarsene». Penso, rendendomi conto di averlo detto ad alta voce solo quando i ragazzi iniziano ad osservarmi curiosi, come a volermi chiedere silenziosamente cosa intenda dire. Boccheggio, spostando il peso da un piede all'altro sotto tutti quegli sguardi inquisitori. «Nel senso che è fastidioso» spiego semplicemente, cercando di motivare la mia precedente affermazione.

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