Capitolo 47

3.9K 205 65
                                    


<<Un ricevimento di beneficenza?>> domando a Justin cercando di riprendere fiato tra un pugno e l'altro per fargli capire che, nonostante tutto, lo sto seguendo.
Lui annuisce. <<Sì, lo dà ogni anno al Plaza per far vedere a tutti quanto sia magnanimo coi più bisognosi>>, alza gli occhi facendo una smorfia, <<In realtà la sua è solo una scusa per stare al centro dell'attenzione>>, dal tono che usa si capisce che non abbia una spiccata simpatia per questa trovata.

Mi scosto una ciocca di capelli ricadutami sulla fronte e affondo un altro pugno nel sacco da boxe che sta tenendo appositamente fermo per me. Sono sudata, stanca e senza fiato, ma non mi importa.

<<Fermati un attimo, Hulk>>, mi ammonisce lui scherzosamente. Gli scocco un'occhiata torva e <<Ho molta energia negativa di cui liberarmi>>, borbotto tra me e me senza avere alcuna intenzione di fare come mi ha detto.
<<Lo vedo>>, osserva, questa volta senza alcuna nota di ilarità nel tono, l'espressione seria e le labbra serrate in una linea dritta.
<<Ehi>>, lo riprendo. Al che lui mi guarda coi suoi occhi color caramello come a volermi dire "so cosa stai facendo e non è questo il modo giusto". Ironico, se si pensa al fatto che lui è il primo a ricorrere alla violenza quando qualcosa non va o ha il bisogno di sfogare la sua rabbia repressa. Devo ammettere che, al contrario di quanto credessi, è veramente una buon valvola di sfogo.

Il risveglio di questa mattina, come immaginavo, non è stato dei migliori in casa Anderson. Il primo ad alzarsi, come d'abitudine, è stato mio padre; l'ho sorpreso in cucina con gli occhi fissi sul biglietto che mia madre deve aver avuto la briga di lasciare sul frigorifero la scorsa notte. Un gesto di pura vigliaccheria, ma allo stesso tempo quasi decente, se compiuto da una come lei: poche frasi scritte in cui blaterava sulla sua incapacità genitoriale e di moglie senza, però, menzionare il suo nuovo ragazzo conosciuto in comunità o il cospicuo prestito che gli ho concesso e di cui, sono sicura, non vedrò mai più un dollaro, ipotecando, così, anche il mio futuro scolastico. In ogni caso, non l'ho fatto per lei, l'ho fatto per me, per Tyler e, principalmente, per papà -la rabbia che provavo nei suoi confronti si è quasi del tutto dissipata, dato che ho un nuovo bersaglio al quale indirizzarla adesso- che mi è parso quello più distrutto per la fuga notturna della donna che ha amato. Deve essere stato come una sorta di deja-vu per lui, come se avesse provato per la seconda volta quello che provò otto anni fa, solo che all'epoca io e mio fratello fummo costretti ad andarcene con lei. L'immagine di quel giorno, di come papà ci fece promettere di avere cura l'uno dell'altra e, ancora, il suo viso attraversato dal dolore -adesso come allora- è ancora impressa nella mia memoria.
Una volta mi ha raccontato che era ancora innamorato del suo ricordo, di com'era quando si erano conosciuti. Io sono dell'idea che lui sperasse ancora di trovare qualche residuo di quella ragazza che, all'ultimo anno di liceo, gli aveva fatto perdere la testa e con la quale aveva deciso di costruire una famiglia nel preciso istante in cui lei, al ballo -avrò sentito questa storia un centinaio di volte- gli confessò di aspettare un bambino, di aspettare me. Ma le persone non sempre si rivelano essere come speri che siano e questo l'ho imparato a mie spese. Lui merita di meglio, tutti noi meritiamo di meglio.

Comunque, mi sono rifiutata di restarmene in casa -in parte perché non mi piaceva il clima che si respirava tra quelle quattro mura, in parte perché sentivo il bisogno di fare qualcosa, qualsiasi cosa- così ho pensato che prendere a calci un sacco da boxe sarebbe stato più costruttivo per sfogare al massimo tutte le emozioni contrastanti che mi attanagliano in questo momento. Ed ecco perché siamo qui.

<<Bevi>>, mi ordina Justin porgendomi la bottiglietta d'acqua. Lo guardo come a volergli dire telepaticamente "non sono una bambina", poi afferro l'oggetto per dissetarmi solo perché ho la gola secca e non certo perché me lo ha detto lui. D'un tratto mi ricordo che mi sto comportando da perfetta stronza e che sta solo cercando di aiutarmi, così, decisa a recuperare terreno -e a non pensare più ai miei problemi- gli chiedo: <<Quindi è una di quelle feste di ricchi snob?>> tornando al discorso da lui menzionato poco fa.
<<Qualcosa del genere>>, dice con un'alzata di spalle. <<Cerca sempre di coinvolgere anche me, senza successo ovviamente. Ma quest'anno ha insistito particolarmente e vuole che venga anche tu>>.
<<Io?>> mi punto un dito contro, incredula. Mi torna in mente la conversazione che abbiamo avuto in cucina, l'altro giorno e divento sempre più perplessa. <<Credevo di non piacere a tuo zio>>.
<<A Jason non piace nessuno all'infuori di se stesso>>, afferma con disinvoltura, come se la cosa non lo toccasse. Poi <<Divarica leggermente le gambe e prendi posizione>>, ordina.
Faccio come mi ha appena detto e <<Comunque non lo so...>>mormoro dubbiosa. <<Non sembra una cosa che faccia per me>>.

DisasterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora